Juan Zanotto era il mio idolo. Rispetto a quanto successo ad altri
disegnatori argentini, di lui venne pubblicato tutto (e quasi tutto senza
censure) da Lanciostory e Skorpio, e qualcosa transitò anche su L’Eternauta. Vista la sua scarsa
prolificità, soprattutto alla fine della sua carriera, io non ne avevo mai
abbastanza di Zanotto e mi chiedevo se un giorno avrei visto i fantomatici Rick de la Frontera ed El Mundo de el Hombre Rojo che venivano
citati nella sua biografia degli Euracomix. Mi sa che non li leggerò mai, anche
se qualcosina dello Zanotto western e bellico pre-Yor si trova su internet. E
poi c’era il misteriosissimo El Santo de
la Espada, citato come libro scritto e non come fumetto e addirittura
vincitore di un premio prestigioso. Per la cronaca, è questo malloppone qui.
Oltre a questa produzione primordiale sapevo che Zanotto si dedicava
parallelamente all’erotismo e aveva lavorato anche lui come Altuna per
l’edizione italiana di Playboy. Anni
fa provai anche a chiedere a una fumetteria, il cui titolare collezionava Playboy, di procurarmi le copie della rivista in cui compariva ma non ci fu
riscontro. Anzi, mi disse che tanto le sue storie non erano nemmeno granché, a
differenza di quelle di Altuna che erano molto divertenti. Roba da bruciarlo in
piazza (per il commento su Zanotto più che per l’inefficienza nel trovarmi i Playboy), ma mi misi il cuore in pace.
Qualche anno fa la Lancio cominciò a pubblicare la serie dei Lanciocomix, titolo che omaggiava/parodiava
gli Euracomix dell’Eura da cui aveva
divorziato qualche tempo prima e finalmente le storie erotiche di Horacio
Altuna vennero ristampate e rese nuovamente disponibili. Oggi la collana
prosegue (o almeno spero che prosegua) e recentemente ha pubblicato un fumetto
inedito veramente ottimo, Cotus &
Leon di Gaston e Giordano. All’uscita del numero 5 mi venne un colpo: in
copertina campeggiava non solo un bellissimo disegno di Felix Vega ma anche il
nome di Zanotto! Finalmente avevo trovato qualcosa di “nuovo” di Zanotto. E per
quanto cercassi di negarlo, mi accorsi che forse il tizio della fumetteria un
po’ di ragione ce l’aveva...
Ora, va detto che i fumetti brevi erotici per Playboy dovevano rispondere, da quello che ho potuto leggere, a dei
canoni molto stretti. Le storie avevano praticamente tutte una durata standard,
e anche quelle più lunghe venivano divise in blocchi di 4 tavole. Creare
qualcosa di soddisfacente in questo breve spazio poteva essere problematico, e
la struttura consolidata era quella della gag finale che giustificasse il
profluvio di scopate delle vignette precedenti (il grande Piero Alligo che
sceneggiò alcune di queste storie mise praticamente in fumetto delle
classiche barzellette salaci).
Inoltre Playboy non è Le Ore e i fumetti non dovevano essere
troppo espliciti: addirittura ho notato che una vignetta di Roberto Angelis
venne censurata.
Quello che veniva richiesto a questi fumetti era quindi non tanto eccitare
il lettore quanto divertirlo e fargli apprezzare l’originalità delle
situazioni, evocate più che mostrate.
Con Zanotto questo meccanismo non funziona. Almeno, non del tutto.
Su testi dello sconosciuto Wolfenson (chissà chi era) realizzò alcuni di
questi flash e già dal primo vediamo che c’è qualcosa di strano:
Diamine, siamo in un fumetto erotico, che bisogno c’è di disegnare alla
perfezione il paesaggio della pampa con tanta profusione di dettagli (no, dico:
i cardi, la casetta di legno con l’alberello, l’afa che trasuda dal terreno...)
e con un’attenzione così maniacale addirittura per i segnali stradali? Certo, è
anche vero che questa mezza tavola è solo l’introduzione all’azione vera e
propria che seguirà poco dopo e serve a contestualizzare la storia, funzione
indispensabile per queto tipo di prodotti, ma Horacio Altuna nelle sue storie
ambientate dai medici non stava certo a illustrarne dettagliatamente gli
ambulatori e gli studi.
Ma Zanotto farà addirittura “peggio” dopo poche pagine:
La sua abilità nel guidare l’occhio del lettore è magistrale, così come lo
è anche lo sua regia, la capacità di creare inquadrature sempre nuove
armoniosamente legate tra di loro, ma a me francamente lo sguardo cade anche
sulla segreteria telefonica (resa con pochi tratti eppure con un realismo
incredibile), sul mobilio e sulla bacheca che contiene dei messaggi del tutto
ininfluenti sullo svolgimento dei fatti ma che hanno una dannata capacità di
attirare l’attenzione visto il dettaglio con cui sono rappresentati.
Insomma, l’azione è godibilissima, ma questi elementi centrifughi finiscono
un po’ per prendere il sopravvento smorzando la carica erotica della sequenza.
Poco dopo troviamo anche un esempio di come Zanotto fosse informatissimo su
come sono fatti gli spogliatoi dei negozi di biancheria intima:
Laddove altri si sarebbero (legittimamente) limitati a mettere due segni in
croce per rappresentare la porta e l’interno, Zanotto si perde a disegnare i
singoli anellini che tengono su le tende, le grucce su cui si appoggiano gli
abiti e persino gli specchi, realizzati con un effetto stupendo! E in secondo
piano si intravede pure un ambiente dettagliatissimo, con le vetrine
trasparenti e i prodotti che vi fanno capolino.
In questa vignetta panoramica notiamo anche un’altra caratteristica di
Zanotto: la sua capacità praticamente ineguagliata di rendere ogni donna
differente pur senza arrivare alla caricatura e soprattutto rendendole tutte belle
e intriganti ma diverse e riconoscibilissime. E anche questo alla fine diventa
un limite per la fruizione di queste storie visto che le sue donne, per quanto
sexy siano (e lo sono moltissimo) non sono mai le figure stereotipate a cui
ricorrono tutti gli altri disegnatori, gusci in cui il lettore può proiettare
le sue fantasie.
Purtroppo questo discorso vale anche per gli uomini: “purtroppo” perchè i
suoi protagonisti sono splendidamente caratterizzati, ma non scadono mai nel
grottesco o nell’esagerazione che invece ben si adattano a questo tipo di
storie. E infatti Altuna creerà giustamente un bel campionario di divertenti “mostri”
(sia maschi che femmine) quando l’ambientazione e la situazione delle sue
storie lo richiederanno. I personaggi di Zanotto, invece, non fanno ridere,
sono troppo reali perchè la fantasia del lettore li emancipi dallo stereotipo
che vogliono rappresentare. Uno dei tanti esempi lo troviamo in un’altra storia
ancora:
Ma a parte quanto scritto sopra, che bisogno c’era di disegnare il costume
e le scarpe nei pressi della sedia? E tutte le pieghe del lenzuolo? E i libri
sullo scaffale? E la finestra, che pur con quattro segni sembra uscita da un
catalogo? Per non parlare poi delle scalfitture nel pavimento (!) e delle
macchie sulle pareti (!), che al lettore abituale di Zanotto faranno venire in
mente le sue proverbiali storie ambientate in un futuro degradato.
Ma non è tutto. Vediamo anche come recitano i personaggi:
Questa vignetta ha una carica drammatica terrificante. La gestualità del
protagonista, proprio perchè non enfatizzata, è perfetta. La luce è resa con un’abilità
impressionante, “pesa” sul soggetto quasi a schiacciarlo, e assieme all’attento
recadrage rende questa scena
veramente tragica. Tanto più che neanche qui mancano intonaci scrostati, sporcizia
sui muri, crepe nel cemento...
E pensate che questa ultima vignetta costituisce l’anticlimax alla
situazione appena narrata, che ovviamente vorrebbe essere scherzosa e
divertente. Ma nemmeno reinserendola nel suo contesto originale e accostandola quindi
alla gag finale mi sembra che perda la sua carica:
Secondo me è ridicolo accusare un disegnatore di fumetti di essere “calligrafico”.
È una di quelle frasi fatte come le famigerate “sequenze cinematografiche” che
caratterizzerebbero alcuni fumetti o le “atmosfere” che saprebbero creare certi
disegnatori: fumo negli occhi per blandire gli ingenui o formule da usare in
alcuni salotti selezionati. Ma dire che un disegnatore è calligrafico è
veramente il colmo: lo si accusa di non disegnare bene perchè disegna troppo
bene!
Ciò detto, è innegabile che la stessa stupefacente maestria e soprattutto
la meticolosità di Zanotto ne hanno impedito la piena espressione in un campo
in cui sembrava essere veramente perfetto, quello dell’erotismo.
Come se servissero altri motivi per rimpiangerlo.