venerdì 28 aprile 2017
mercoledì 26 aprile 2017
Alix Integrale I
Dopo l’effimero tentativo della Mondadori
Alix torna a essere pubblicato in
Italia in un formato forse più adeguato: il classico integrale che raccoglie
tre volumi introdotti da una ricca parte redazionale.
Questa l’ho letta con grande
rapidità (forse perché non conoscendo approfonditamente l’autore l’ho divorata
avidamente), e così si passa subito al reparto fumetti.
La seconda storia, La Sfinge d’Oro, conferma le ottime
impressioni che avevo avuto leggendo la prima nella collana da edicola:
la leggenda che Jacques Martin non avesse disegnato bene i primi episodi è
assolutamente campata in aria, per quanto lui stesso l’abbia supportata per
giustificare certe evoluzioni nel suo stile, e le tavole sono ancora più belle
di quelle di Alix l’Intrepido. Anche
dal punto di vista dei testi abbiamo la conferma della sua capacità: l’inizio
presso i Celti è veramente drammatico ed evocativo (anche se forse non
supportato dalla documentazione monumentale che Martin sfoggerà in seguito:
cosa diavolo potevano fumare i Celti nelle loro pipe di metallo?) e poi la
storia vira verso una trama investigativa in terra egiziana mista a elementi
misteriosi e caratterizzata da un villain
molto affascinante e da trovate originali ma credibili.
Anche il terzo episodio, L’Isola Maledetta, è ben scritto e dal
ritmo incalzante: stavolta Alix è mandato a Cartagine per indagare su alcuni
assalitori navali muniti di una nuova arma in grado di sparare fuoco che brucia
sull’acqua. La sua inchiesta lo condurrà sino a un’isola nei pressi delle
Colonne d’Ercole dove ha trovato riparo una colonia egizia. Con questo terzo
episodio, purtroppo, avviene una netta virata del comparto grafico. Come
anticipato nell’introduzione, la redazione di Tintin aveva chiesto a Martin di uniformarsi allo stile di Hergé e
Jacobs e gli scarsi risultati lasciano forse trapelare quanto di malavoglia lo
abbia fatto. Dal punto di vista dei disegni questo terzo episodio è
oggettivamente carente (i picchi più bassi li raggiunge nelle tavole riprodotte
da pagina 185 a
pagina 190) e non è certo un buon viatico per la lettura dei prossimi episodi
in attesa della transizione verso lo stile più conosciuto. Incredibile come ne L’Isola Maledetta compaia una sorta di
proto-Capitano Haddock!
L’edizione Nona Arte è buona come
sempre e forse anche di più, non ho trovato refusi o errori. Il lettering però
a volte è veramente troppo piccolo per consentire una lettura agevole, anche in
quelle vignette in cui effettivamente avanza dello spazio.
lunedì 24 aprile 2017
Escobar - El Patrón
La nuova etichetta editoriale
Oscar Ink della Mondadori esordisce col botto, con un fumetto d’inchiesta
dedicato al mitizzato Robin Hood colombiano della coca, Pablo Escobar.
Assecondando una convenzione del
genere la storia inizia dalla fine, con la cattura e la morte del protagonista,
che ha occasione in quegli ultimi istanti di vita di ripercorrere la sua
esistenza, nello specifico gli ultimissimi anni di “attività”.
Nel 1991 Escobar strappa un
accordo agli Stati Uniti con cui verrà sì mandato in carcere, ma in un carcere
di lusso appositamente ideato dove spadroneggerà e continuerà a gestire le sue
operazioni insieme ai suoi collaboratori più fidati. Ma la sua situazione
privilegiata non durerà in eterno e a un certo punto dovrà darsi alla fuga,
restando comunque pressoché inafferrabile.
La trama si concentra sia sulla
“vita quotidiana” del boss (tra orge, partite a calcio, regolamenti di conti,
ecc.) che sulla frustrazione di due agenti del governo americano che pur avendo
chiara la situazione e tallonando Escobar da anni non riescono mai a catturarlo
nemmeno adesso che teoricamente non è latitante ma confinato in un luogo
preciso e circoscritto. Ronnie sarebbe anche disposto a usare metodi
discutibili, Dan è più idealista e per questo deve subire anche gli sfottò dei
colleghi.
Nonostante lo scrupolo
documentaristico, la sceneggiatura di Guido Piccoli è molto appassionante e in
alcuni punti è persino divertente (come nella scena della moglie che fa
un’improvvisata a Escobar costringendolo a nascondere la prostituta con cui si
stava intrattenendo). Della vita di Escobar vediamo solo gli ultimi due anni
senza alcuna informazione sulla sua vita precedente, ma immagino che non sia
facile trovare fonti attendibili al riguardo e comunque il fumetto è già bello
lungo, constando di ben 130 tavole. Come spesso succede con questo tipo di
narrativa, si rimane sempre stupiti nel vedere come la realtà superi
l’immaginazione: in questo caso osservando i rapporti amichevoli tra Escobar e
il calciatore René Higuita e il ruolo strumentale che ebbe il sacerdote Padre
Garcia Herreros, o constatando come la tomba del Patrón sia diventata il luogo privilegiato per la gioventù
colombiana per sniffare coca!
Anche in virtù del fatto di avere
scritto un biopic, Piccoli ricorre a
una narrazione distaccata senza sbilanciarsi a dare giudizi morali. Mi è
sembrato però piuttosto lampante che lo sceneggiatore abbia voluto mostrare
quanto anche i “buoni” che braccavano Escobar (per nulla mitizzato, oltretutto)
fecero ricorso a mezzi violenti e scorretti quanto quelli del “Patrón”. Ad
esempio, i Pepes (criminali avversi a
Escobar che si consorziarono per eliminarlo) collaborarono con le forze
militari statunitensi che lo braccavano.
I disegni di Palumbo sono ottimi
come sempre: espressivi, dinamici e robusti. Non credo però di peccare di lesa
maestà se dico che la parte più notevole delle tavole di Escobar sono gli splendidi colori dati da Arianna Farricella.
Probabilmente sono stati realizzati col computer, ma sembrano veramente
acquerelli (o ecoline, o chine) corretti occasionalmente con tempera bianca. La
carta uso mano ad alta grammatura scelta dalla Mondadori è forse più funzionale
alla loro resa piuttosto che la patinata, visto che dona un tocco di velata
opacità che ben si adatta a rappresentare quelli che sono in definitiva dei
ricordi cristallizzati nella cronaca storica.
Il volume è cartonato e ha un
formato più piccolo di Historica. Anche in considerazione del fatto che non ci
sono redazionali mi sembra che il prezzo, 19 euro, sia un po’ alto. Non è certo
alto in assoluto e il volume li vale tutti, ma da un colosso come Mondadori (ma
nelle gerenze figura anche il marchio della Astorina, a cui viene attribuito
parte del copyright), mi sarei aspettato qualche euro in meno, tanto più che
manda in edicola proprio Historica
a un prezzo in proporzione ben più contenuto. Ma va anche considerato che Escobar è una primizia di cui saranno
stati acquistati i diritti in prima battuta.
domenica 23 aprile 2017
Nameless - Senzanome
Questa storia si sviluppa
intrecciando due trame speculari, che potrebbero essere una la metafora
dell’altra, ma che si basano sullo stesso antefatto: eoni
fa, angeli e demoni si fecero guerra e pur avendovi posto fine creando il
nostro universo, lasciarono involontariamente in giro un pezzo di un’arma
mistica che agli occhi umani sembra un asteroide.
Il Senzanome del titolo viene
ingaggiato dall’equipe del multimiliardario Paul Darius per scongiurare
l’imminente impatto dell’asteroide Xibalba sulla Terra, che avrebbe anche
conseguenze mistiche e non solo fisiche (Senzanome è infatti un occultista e
per questo è stato integrato al gruppo). L’asteroide però contiene “qualcosa”
che infetterà la squadra.
O forse Senzanome è stato scelto
per far parte di un gruppo di tredici persone che durante una seduta spiritica
affrontano la minaccia cthulhoide che già ha fatto impazzire un uomo (e anche
stavolta finiranno male).
Il tutto viene intrecciato a
vaghissimi accenni al passato di Senzanome (con tanto di seduta psicanalitica)
e a una sottotrama da cui emerge la figura della Dama Velata contro cui si
batte Senzanome.
Francamente non ci ho nemmeno
provato a trovare una chiave di lettura per questo fumetto, così come le
nebulose teorie avanzate da Morrison per me rimarranno solo un elemento di
colore (e d’altronde le tradizioni e le culture da cui attinge sono troppo
variegate per volerci vedere veramente un disegno unitario, oltretutto i numeri
degli Arcani Maggiori sono pure sbagliati): Nameless
è un fumetto appassionante e coinvolgente come pochi, con sequenze molto ben
architettate dal ritmo praticamente perfetto e in cui la suspense è gestita in maniera impeccabile. Anche i dialoghi sono
molto ben scritti, e nella prima parte anche divertenti – mentre la seconda è più
tetra. Tutto l’apparato mistico e metaforico offre solo qualche bizzarra
pennellata in più e a me va benissimo così.
Simpatiche, poi, le didascalie
con i commenti dello stesso Senzanome, che mi hanno ricordato un po’ l’ultimo
episodio di Multiversity con i
finti post autocritici di Morrison.
Purtroppo i disegni di Burnham,
per quanto molto più validi di quelli di tanti altri suoi colleghi
d’Oltreoceano, non sono del tutto convincenti. Su una base vagamente deformed che ricorda Frank Quitely, il
disegnatore applica dei furibondi tratteggi e delle pennellate che mi hanno
ricordato la sporcizia delle tavole di Darick Robertson. Per quanto
accettabile, poi, la qualità di stampa della saldaPress non è sempre perfetta e
questo penalizza ancora di più il reparto grafico. Niente di drammatico,
comunque: come ho detto, si vede ben di peggio tra i disegnatori statunitensi,
e non si può pretendere che a collaborare con Morrison siano sempre e solo le
eccellenze.
Veramente un fumetto piacevole,
insomma, che ha anche il pregio di concludersi in questo volume (anche se un
seguito potrebbe essere possibile e forse già in lavorazione).
venerdì 21 aprile 2017
Michel Vaillant Nuova Stagione 5: Rinascita
Ci ha messo un bel po’ per
arrivare e la copia era pure ammaccata, ma alla fine anch’io sono riuscito a
leggere il nuovo episodio della saga dei Vaillant.
Anche questo alla fine è un
capitolo piuttosto interlocutorio. Jean-Pierre è ricoverato in ospedale, in
coma dopo l’incidente con cui si concludeva l’episodio precedente.
Non ho parlato a caso di «saga dei Vaillant» perché gli eventi si ripercuotono
su tutti i personaggi della famiglia e il titolare compare solo dopo dieci
tavole buone.
Michel, traumatizzato
dall’incidente del fratello che non ha potuto impedire, è andato a lavorare in
Africa lontano dal mondo delle corse, ma un nuovo contatto con la mancata
fiamma Carole di due episodi fa
lo farà tornare in pista. In senso letterale, perché l’ormai defunta Vaillante
sta cercando di rinascere tramite la formula E, categoria in cui partecipano le
auto elettriche.
Oltre alle consuete suggestive
inquadrature dall’interno dell’abitacolo, questo episodio si segnala per un
bell’incastro dei tempi narrativi tra flashback
africano e presente parigino, e per uno sguardo dettagliato sulle gare delle
automobili elettriche. Per il resto, nonostante questo sia già il quinto
episodio della Nuova Stagione, rimaniamo ancora in attesa di una sterzata
narrativa risolutiva.
I disegni confermano il rigore
tecnico di Benéteau e l’eleganza di Bourgne, ma quest’ultimo (che cura le
figura umane) mi è sembrato occasionalmente meno efficace che in precedenza,
forse pressato dai tempi di consegna o inchiostrato da un assistente non ancora
al suo livello. Qualche piccolo, ma comunque percettibile, fuori registro
penalizza la resa delle tavole.
Il ritardo con cui la fumetteria
mi ha fatto avere questo volume ha il vantaggio che mi ci vorrà molto meno
tempo prima di leggere il prossimo, annunciato nell’ultima Anteprima.
mercoledì 19 aprile 2017
Fumettisti d'invenzione! - 114
Mi permetto di integrare il
divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti
d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui
ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo
originale.
CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)
(Italia 1988, in
Storie Blu SPECIAL Estivo, © Internazionale Ediperiodici
S.r.l./Elvifrance S.a.r.l., pornografia, umorismo)
Autori non identificati
Nonostante il discreto successo che arride al suo fumetto Super
Muscolo, il fumettista Fred Nitze vive una vita grama di umiliazioni e
frustrazioni, sognando di concupire la bella letterista Alice che lavora anche
lei presso Periodical Editions. A causa di un misterioso fenomeno otterrà gli
stessi superpoteri del suo personaggio, ma in realtà si tratta di un piano
alieno volto a creare un eroe che libererà gli alieni da un computer-dittatore.
Super Muscolo tornerà anche nel 1989 in un altro speciale
estivo delle Storie Blu, ancora più folle e divertente: Chi ha
castrato Ronald Duck?. In questa storia Fred viene licenziato dalle
Periodical Editions a causa di un calo di popolarità dei supereroi e delle
lettere di protesta dei genitori verso il genere, e al suo posto viene assunto
Ronald Verygood, un autore di funny animals.
Sempre a causa degli alieni e delle loro trovate, Ronald si trasformerà
in un papero antropomorfo e la sua personalità moralista diverrà quella di un
depravato che uccide e stupra senza pietà. Visto che è soggetto alla “fisica
dei cartoons” e non può essere ferito seriamente, ci vorrà l’intervento di
Super Muscolo per porre un freno alle sue nefandezze, anche se in realtà sarà
la sua nuova e spigliata partner Muscolina a risolvere la situazione.
Ancora una volta, grazie a VintageComix per la segnalazione.
Rimango in attesa del prossimo volume di Mencaroni dedicato alla
Ediperiodici per risalire all’identità degli autori.
CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)
COME DIVENTAI
FUMETTISTA
(Italia 2016, in
La Lettura, © Tuono Pettinato, umorismo)
Tuono Pettinato [Andrea
Paggiaro]
Divertente e divertita biografia immaginaria dell’autore Tuono
Pettinato dalla culla alla tomba.
Pseudofumetto: tra le opere di Tuono Pettinato si
evidenzia Toilet Boy, «fanzine carbonara» giovanile che otterrà grande
successo con la scomparsa dell’autore!
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)
THRUD THE
BARBARIAN
(Gran Bretagna 1981,
in Arken Sword, © Carl Critchlow, fantasy,
umorismo)
Carl Critchlow
Thrud è un barbaro enorme e praticamente invincibile che risolve con la
violenza tutte le situazioni in cui si trova coinvolto, tipiche del genere
fantasy ma non solo. Il suo autore Carl Critchlow non si limita a ritrarsi in
alcuni cameo ma compare spesso come coprotagonista, non disegnando qualche rara
incursione nel metafumetto.
È curioso notare come la rivista dedicata ai giochi di ruolo White Dwarf
avesse deciso di puntare sui fumetti nei primi anni ’80 (oltre a Thrud the
Barbarian, precedentemente apparso su fanzine, comparivano nello stesso
periodo altre due serie) dopo aver fatto terminare anzitempo una bellissima storia di David Lloyd.
Segno che i gusti dei lettori di quel genere di riviste stavano cambiando, e
che il successo del settore permetteva di avere più spazio a disposizione.
L’autore cerca di rendere più sofisticato il suo barbaro. Finirà
malissimo.
Thrud the Barbarian in Thrud gets a social conscience in White
Dwarf 75 (1986). Carl
Critchlow.
Critchlow si inventa una storia per controbattere alle presunte accuse
di sessismo ricevute dal fumetto.
Thrud raccomanda il suo creatore come copertinista per la cover di un
album heavy metal a cui serve «some third rate hack fantasy artist that thinks
he’s Frank Frazetta».
Thrud e Critchlow si muovono nella tavola approfittando della
disposizione delle vignette, come se si trattasse della plancia di un board
game.
Senza titolo in White Dwarf 98 (1988). Adam Morrissey (T),
Carl Critchlow (D).
La gag conclusiva dell’episodio non viene gradita dal pubblico, ma
Critchlow si difende dicendo che ha fatto solo i disegni (la rivista White
Dwarf aveva all’epoca indetto un concorso per scrivere una sceneggiatura di
Thrud).
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
SENZA TITOLO
(Belgio 1981, in
Spirou, © Fournier, umorismo)
Jean-Claude Fournier
Nel 1979 la celeberrima serie franco-belga Spirou non venne più
realizzata da Fournier e la redazione del settimanale omonimo, che stava
attraversando un momento delicato, decise di affidarla ad altri team di autori.
In risposta ad alcune illazioni avanzate sul numero 2278 della rivista, lo
stesso Fournier racconta sul numero 2286 una “favola” a fumetti in cui spiega
le motivazioni del suo abbandono dal suo punto di vista.
domenica 16 aprile 2017
Il Giornalino n° 16 - Speciale Fumetti ...non poi così speciale
Dopo alcuni annunci sui numeri
precedenti (uno entusiasticamente errato perché anticipava la sua uscita di un
numero) ecco lo “Speciale Fumetti” de Il
Giornalino.
Avrebbe potuto essere una bella
occasione per rinfrescare la rivista, ma purtroppo a me ha ricordato l’ennesimo
tentativo di dare fondo al proprio magazzino (o alle licenze acquistate) senza
alcuna progettualità alla base.
Il menu prevede una tavola
singola de I Cavalieri (simpatica),
un episodio de I Racconti della Palude
(è da un po’ che la serie è tornata su Il
Giornalino, ma la mia impressione è che siano episodi già realizzati e non
prodotti di recente), una storia de I
Puffi (molto divertente), la consueta pagina surreale di Fra Tino, una storia inusitatamente
lunga (sei tavole) de Il mio amico Yeti
(molto simpatica, di solito non apprezzo più di tanto la serie) e il bizzarro Fumettosophia che, stando alle note del
sommario, dovrebbe concludere una trama iniziata tempo prima – ma in tutti i 3
o 4 anni in cui sto acquistando Il
Giornalino non ricordo di aver mai visto questi personaggi. D’altra parte
nel sommario anche il racconto illustrato viene spacciato per fumetto, quindi è
del tutto attendibile.
È vero che anche L’Eternauta e Comic Art in occasione delle vacanze estive (e questo numero
pasquale de Il Giornalino è stato
confezionato un po’ con la stessa filosofia) accantonavano i redazionali
scritti e riempivano le pagine con fumetti che non sempre rientravano nei canoni
abituali delle riviste o che erano palesemente dei riempitivi, eppure non mi
davano la stessa impressione di semplice smaltimento di quanto già incamerato.
Ma forse è solo perché nel caso di quelle riviste i “corpi estranei” (o più
spesso i recuperi) estivi erano in ogni caso inseriti in un flusso di altre
uscite che avevano una loro filosofia coerente alla base.
In totale le pagine a fumetti di
questo Il Giornalino sono ben 32, ma
mi sembra che siano state utilizzate principalmente per riempire lo spazio lasciato
vuoto dai redazionali, non per valorizzare il parco-fumetti che la rivista può
comunque vantare. E ancora meno per rinnovarlo con qualche albo francese diviso
in più puntate.
sabato 15 aprile 2017
Intervista a Silvio Cadelo
Il percorso nel fumetto di Silvio
Cadelo non è stato lineare come quello di tanti altri colleghi della sua
generazione, ma si può dire che sia stato spiazzante e originale proprio come molte
delle sue immagini.
Nato a Modena nel 1948, si
avvicina professionalmente al fumetto sul finire degli anni ’70, con un
bagaglio di esperienze che contemplano il disegno pubblicitario e industriale
come l’attività di agit-prop teatrale.
Un saggio embrionale della sua
abilità lo troviamo nella «Pagella del Gufo» su Linus 40 del 1968, ma la datazione del disegno (1967) ci informa
che quella è l’opera di un Cadelo diciottenne o diciannovenne fresco di
Istituto d’Arte. I tempi non sono ancora maturi e il fumetto diverrà una
professione solo dieci anni dopo.
Una carriera tortuosa e contorta,
con tanti punti di partenza nessuno dei quali canonici, e infatti il suo primo
lavoro sarà un albo di fantascienza in formato quadrato, pubblicato non da un
editore del settore ma per conto delle Cooperative Reggiane: La Pietra nata nel Cielo, realizzato alla
fine degli anni ’70.
Subito dopo avviene l’incontro
con Gian Luigi Bona: come tanti altri disegnatori dell’epoca (e delle epoche
successive) anche Cadelo è influenzato da Möebius, ma nel suo caso l’irruenta
visionarietà dei suoi disegni viene filtrata attraverso un segno rigoroso ed
elegante, risultato della sua formazione artistica. Bona stava pubblicando in
quegli anni una collana di volumi cartonati a fumetti dal debordiano nome di «La
Società dell’Immagine» e fa salire a bordo anche Cadelo.
Prima, però, la Editiemme di Bona
pubblicherà il bellissimo libro
Introduzione alla Zoologia Fantastica scritto da Ettore Tibaldi, che vede
Cadelo nelle vesti di illustratore. Le sue immagini, tra cui si segnalano
tavole anatomiche di centauri e altre delizie, sono formidabili ma i testi non
lo sono da meno e la lettura del volume è vivamente consigliata.
Il volume di Tibaldi viene
stampato il 30 settembre 1980, Lontano in
quei Mondi, numero 8 della collana «La Società dell’Immagine», uscirà con
data di stampa aprile 1981. Stavolta è veramente un fumetto (scritto da Antonio
Tettamanti) ma la pubblicazione avviene direttamente in volume, senza
transitare per una rivista.
Un più canonico passaggio su
rivista lo fece pure Cadelo, anche se si trattò di un’esperienza estemporanea: tramite
la cooperativa/agenzia Storiestrisce appare sul primo e unico numero di Nemo (il numero 0 altrimenti noto come Nemo in Blue), più una vetrina per gli
autori che una vera e propria rivista.
Compare quasi in contemporanea anche
su Frigidaire, sin dal numero 2 del
dicembre 1980. Il suo nome non è nell’elenco degli autori a cui la redazione
affida il compito di incentivare l’abbonamento col regalo di un disegno
originale, ma voci non verificabili sostengono che all’iniziativa abbia aderito
anche lui.
Sempre grazie al contatto con
Bona, che aveva fondato il service editoriale
Metropolis, Cadelo realizza le illustrazioni di quello che può venir
considerato il seme del primo gioco di ruolo italiano: VII Legio.
Le sue immagini sono molto più belle e suggestive di quanto si vedeva, negli
stessi anni, anche oltreoceano.
Il primo scorcio degli anni ’80 si
apre con molte pubblicazioni all’attivo e lascia quindi intravedereuna
carriera ben avviata per Cadelo? Non proprio. Jean Annestay lo incontra a Lucca
e si offre di fargli da tramite con la mitica rivista Metal Hurlant, punto d’arrivo ideale e idealizzato di tutta una
generazione di fumettisti. Ma la storia a fumetti che avrebbe dovuto pubblicare
su quelle pagine non vedrà la luce a causa di incomprensioni tra la redazione
di Metal Hurlant e Annestay. Il lungo
e certosino lavoro preliminare di Cadelo non viene comunque sprecato del tutto,
e servirà almeno parzialmente come base per altri lavori.
Annestay fonda la casa editrice
Gentiane con cui produce nel 1982 Strappi,
un portfolio di otto illustrazioni in cui il colore entra con maggiore peso nella
produzione di Cadelo, che dimostra la sua suggestiva abilità di demiurgo.
Alcune di queste immagini si potranno vedere sul numero 23/24 di Frigidaire, che già aveva ospitato
alcuni esempi della sua tecnica cromatica. Strappi
è un prodotto collaterale, non ancora un fumetto, ma riesce a stabilire un
contatto con quel mondo grazie all’introduzione di Alejandro Jodorowsky, che
estasiato dai disegni chiederà di collaborare con Cadelo: nel 1984 ha inizio la saga di
Alandor, che in due volumi mostra non solo l’eleganza del disegnatore e la sua
capacità di creare universi fantastici, ma anche il suo particolare gusto per
le raffigurazioni teratologiche, che di fronte alla sua abilità cessano di
essere mostruosità, coerentemente con la filosofia dell’artista. Come dirà sul
numero 15 della fanzine Strip: «Non
ho mai inserito un umano e non ci sarà mai, perché altrimenti tutti gli altri
personaggi diventano dei mostri ed io non voglio questo.». E ancora, su Touch numero 2: «Il tema dell’alterità
per spiegare i corpi immaginari: la ricerca della rottura dei cliché e stereotipi
per rinnovare lo sguardo sul mondo, lo sguardo della prima volta, prima che le
cose avessero un nome. […] i corpi sono progetti di corpi “altri” che
proiettano altri spazi, altre relazioni, civilizzazioni altre, altri conflitti
e armonie.»
Qualche anno prima, su Frigidaire 17 dell’aprile 1982, era
comparsa una pittoresca illustrazione a corredo di un racconto di Boris Vian:
un uomo elegante che si bilancia su una gamba sola reggendo in mano un cuore,
la camicia sporca di sangue all’altezza del petto. E poi, sul numero 48
(novembre 1984) questa figura ritorna, uguale eppure diversa, stavolta con un
bambino a corredo. È una suggestione che troverà la sua realizzazione poco dopo,
quando quella ricorrente figura embrionale diverrà Voglia di Cane, protagonista di un’altra serie di Cadelo (che
figurerà nel novero dei fumetti con cui la casa editrice giapponese Kodansha formerà
una collana di manga realizzati da autori occidentali, come L’Autoroute du Soleil di Baru).
Il primo ciclo di storie di Voglia di Cane si caratterizza per
l’innovativo sistema con cui è sceneggiato: così come l’autore stesso ha avuto
notizie di Voglia di Cane tramite una lettera, saranno i lettori a spedirgli
testimonianze degli avvistamenti del personaggio e delle avventure che lo hanno
coinvolto. I tempi produttivi risultano molto dilatati, ma il fumetto diventa il
primo lavoro collettivo e sinergico, in un’epoca in cui internet non era
nemmeno immaginabile. La sontuosa conclusione della saga, Due Mosche Bianche, verrà realizzata in maniera più canonica ma con
ancora un tocco di metanarrazione.
Nel 1990 avviene con il delizioso
Il Fiore Innamorato una svolta più
decisa verso l’erotismo, che comunque era stato sempre presente nella
produzione di Silvio Cadelo. Anche Le
Memorie di Saturnino del 1995,
in cui sfoggia una sorta di Linea Chiara dai contrasti più netti, rientra in questo filone. Nel
2003 Coconino pubblica il primo volume, dei due esistenti, della serie Sulis et Demi-Lune.
Dopodiché, di Silvio Cadelo in
Italia si perdono le tracce. È anche vero che persino in Francia la sua
produzione a fumetti si è diradata per abbracciare l’ambito più gratificante
dell’Arte tout-court, in cui è
operativo in diversi settori.
Il suo sito internet è https://www.cadelo-art.fr/
1)
I Suoi personaggi,sia nei fumetti che nelle illustrazioni e nei dipinti, hanno spesso delle formegeometriche colorate a delimitarne il volto o altre parti del corpo, come se portasserouna maschera o indossassero una tuta. E ogni tanto ne compaiono alcuni condelle vistose escrescenze sul naso o dei giganteschi ciuffi di capelli acoprirne le fattezze. C’è qualche significato particolare con cui dobbiamointerpretare la cosa (ad esempio un invito a penetrare la loro reale identità)oppure si tratta solo di preferenze a livello estetico?
2)
È ormai daparecchio tempo che nemmeno in Francia esce materiale a fumetti Suo. Èsubentrata la stanchezza per questo linguaggio, il fumetto non Le interessa piùcome prima o semplicemente si è rivelato più stimolante e gratificantededicarsi all’Arte tout-court?
7)
I Suoi ultimi lavori nel campo del fumetto e dell’illustrazione (Ypsine e Libera) sonodesolatamente inediti in Italia: di cosa parlano?
10) Esiste la possibilità che Lei ritorni a fare fumetti (persino Liberatore sta realizzando una storia breve su testi di Jean-David Morvan) oper il momento la ritiene un’esperienza conclusa?
Buongiorno Luca,
Ti nvio qui di seguito il link che ti permetterà di
entrare nella pagine del mio sito nel quale potrai trovare dei documenti e dei
testi
che rispondono per esteso e in profondità- lo spero- alle
tue domande. Questi testi sono il frutto di riflessioni che considero una base
a partire della quale stabilire uno scambio sulla eventuale lettura o analisi
del mio lavoro. Ho sentito il bisogno di farlo per evitare domande schematiche
e stereotipi generici e permettere di portare uno sguardo sul mio lavoro il piu
possibile vicino alle mie intenzioni e ai miei progetti. L'immagine é qualcosa
di complesso ed é sempre il sintomo del nostro rapporto con il mondo il suo
approccio avviene per: perceptione, affetto et concetto
(percept, affect, concept) dice Deleuze . Ti invito quindi a
guardare l'insieme delle mie immagini da questo punto di vista poiché al di là
delle mie proposizioni; saranno le immagini che sorgiranno in te que
saranno determinanti. La mia biografia non é solo un'insieme di dati ma la
durata di un tempo e come tale e come per ognuno, una trasformazione
qualitativa - lo spero. Siamo colui che vogliamo partorire come se fosse
un'altro e che non sapremo mai chi é.
Ciao.
Silvio.
giovedì 13 aprile 2017
The Believers 2
Promessa mantenuta
e secondi episodi delle serie IT Comics (alcuni, almeno) usciti.
The Believers 2 non solo continua la storia iniziata sul primo numero ma
conclude questo primo ciclo! Una bella sorpresa e una mossa intelligente da
parte degli autori, che non costringono così il pubblico a ulteriori attese,
tanto più che la trama è piuttosto complessa.
Siccome nel primo capitolo sono stati
esaustivamente introdotti i personaggi, l’ambientazione e lo scenario generico,
in questo secondo episodio viene dato molto spazio all’azione. La trama, pur
lasciando programmaticamente aperta la possibilità di un seguito, si conclude
in maniera soddisfacente con più di un colpo di scena, e non si avvertono
minimamente interventi di compressione per chiudere la storia nel numero di
pagine previsto.
Un fumetto piacevole e
interessante, con punte di originalità non facili da trovare di questi tempi.
L’unico elemento che forse non ha retto il confronto con il primo fascicolo
sono i disegni, sempre su un livello dignitoso ma così a occhio meno curati che
in precedenza (la mezzatinta è comunque sempre suggestiva e Locatelli la usa
molto bene anche per correggere o integrare il suo tratto).
martedì 11 aprile 2017
Il Cinese a Fumetti
Fresco fresco di stampa (viene
indicato come stampato proprio in aprile 2017), mi è arrivato in fumetteria
questo simpatico volumetto.
Ovviamente imparare una lingua
così complessa come il cinese tramite un fumetto umoristico di 112 pagine è
un’impresa disperata, ma almeno ci si fanno delle gustose risate.
Stefano Misesti (di cui dovrei
avere anche un disegnetto originale in uno dei pacchi sorpresa che faceva lo Sciacallo
Elettronico) dedica ogni pagina, o più raramente due, a una lezione su una
parola cinese, per poi ampliare il discorso ai suoi usi, alla sua pronuncia e
ad eventuali curiosità.
I logogrammi cinesi, talvolta
surreali già per conto proprio, vengono trattati con particolare attenzione,
offrendo delle tecniche mnemoniche per apprenderli basate su delle buffe
storielle.
L’introduzione introduce solo l’autore
e il suo mondo, quindi alcune basi fondamentali del cinese (come i quattro
accenti) le troveremo sparpagliate occasionalmente nelle pagine a fumetti, ciononostante
credo che Il Cinese a Fumetti possa
veramente essere d’aiuto a chi si è già avvicinato allo studio di questa lingua
visto che alcune semplificazioni grafiche sono molto azzeccate.
domenica 9 aprile 2017
Il Morto 27: Concorrenza sleale
L’ottavo numero ridistribuito l’ho perso, ma il numero 27
non mi è sfuggito. Lo citavano come uscito addirittura sull’ultimo Fumo di China che ho preso l’altro
giorno: perderlo sarebbe stato veramente uno smacco!
Questo episodio ha una spiccata
vena umoristica e l’aggancio narrativo tramite cui Peg si trova coinvolto nella
storia è abbastanza inverosimile: alla stazione delle corriere incontra una
ragazza che piange disperata e così cede alle sue richieste e l’accompagna a
casa dove fingerà di essere suo marito, visto che la giovinetta, sedotta e
abbandonata, non può rivelare ai retrogradi parenti di essere incinta senza
avere un uomo accanto.
Dal canto loro, i suoi famigliari
hanno già i loro grattacapi: i contadini rivali Torresi hanno messo sul mercato
un olio d’oliva usando una grafica quasi identica alla loro (che si chiamano
Torrini), e più in generale spadroneggiano nell’anonima cittadina del Sud Italia
in cui è ambientata la storia, decisi ad arraffare le terre dei Torrini dopo
che questi hanno intentato causa con successo per il fattaccio dell’olio
d’oliva.
Gli improrogabili impegni di
lavoro con cui Peg avrebbe giustificato la sua prematura uscita di scena
(comunque rallentati da un rocambolesco attentato da cui i cattivi usciranno
ovviamente con le ossa rotte) vengono cancellati davanti all’evidenza che serve
il suo aiuto, e alla fine come da prassi consolidata sarà il Morto a risolvere
la situazione, dando al pittoresco e baffuto capofamiglia dei Torresi una umiliante
lezione.
Come ho scritto sopra, questo
episodio è caratterizzato da un tono più leggero del solito, e secondo me non è
un bene. Il viaggio in corriera, principalmente un’occasione per far recitare
una ruspante autista veneta, occupa circa un quarto delle pagine e alcune
situazioni che sembravano portare a ulteriori sottotrame (l’odioso ragazzo con
la felpa che sembra aver fatto qualcosa in autogrill) restano senza seguito. Le
battutine sarcastiche del Morto, e in questo caso anche della spregiudicata
sorella della coprotagonista, sono certamente piacevoli ma avrebbero dovuto
fare da contrappunto a delle sequenze che privilegiassero di più l’azione.
Ai disegni Marco Boselli fa il
solito buon lavoro nonostante il nuovo inchiostratore Ivano Codina dimostri un
approccio ambivalente: le inquadrature dalle mezze figure in su sono
dettagliate, espressive e plastiche, dalle figure intere in giù i volti dei
personaggi e le loro posture perdono espressività e anche un po’ di
definizione. L’esito finale comunque è più che dignitoso (anzi decisamente
buono), anche grazie al solito lavoro di amalgamazione stilistica operato dal
team Telloli.
In appendice c’è una storiellina
di H. W. Grungle scritta da Marco Mischi e disegnata da Massimo De Biaggi,
piuttosto simpatica (io l’avrei fatta durare qualche pagina in più) e
graficamente interessante anche se ancora un pochino acerba.
giovedì 6 aprile 2017
martedì 4 aprile 2017
Historica 54 - Fax da Sarajevo: Una storia di sopravvivenza
Numero pieno di sorprese, questo
cinquantaquattresimo volume della collana Historica: innanzitutto è uscito di
martedì invece che a fine settimana, è firmato da un autore statunitense e non
franco-belga e per finire non è che sia propriamente “storico”. E non c’è
nemmeno l’introduzione di Sergio Brancato.
Fax da Sarajevo di Joe Kubert è la celebre versione a fumetti di
una serie di fax che Ervin Rustemagic (titolare della Strip Art Features e
agente di molte eccellenze del fumetto mondiale) riusciva a inviare
rocambolescamente in giro per il mondo ad amici e conoscenti sin da quando
l’esercito serbo attaccò la Bosnia nel 1992. Il risultato sono 12 episodi di 12
tavole l’uno, in cui la parte a fumetti è inframmezzata ai fax veri e propri
che hanno dato origine al singolo episodio e ad altri occasionali documenti,
come una mappa disegnata da Rustemagic reinterpretata da Kubert.
L’opera, vincitrice sia di un
Harvey che di un Eisner Award, ha il suo punto di forza nel valore di
testimonianza diretta e per l’impegno umanitario, ma come fumetto è piuttosto
noioso e narrato con uno stile decisamente obsoleto e poco coinvolgente: oltre
alle didascalie (non tantissime), Joe Kubert ha il vizio di inserire nei
dialoghi le descrizioni di quello che i personaggi fanno o vedono, oltre che
infarcirli di «sob», «gasp» e simili. Inoltre il fatto che le sequenze narrate
riprendano necessariamente i contenuti dei fax (inseriti prima o dopo o proprio
nel mezzo delle scene che hanno ispirato) porta a delle ridondanze che rallentano
il ritmo.
Dal punto di vista grafico, il
sanguigno Kubert mal si adatta a rendere contemporaneamente drammatiche e
realistiche certe situazioni, e finisce con il suo dinamismo ipertrofico per
renderle quasi ridicole: vedi il bambino che “salta” a pagina 18. Lo stesso
Rustemagic viene ritratto come una specie di Bruce Wayne.
Questa discrasia tra la rilevanza
del tema trattato e il modo con cui è stato narrato (la stessa che percepii
quando Fax da Sarajevo venne parzialmente
presentato in bianco e nero su Comic Art)
si stempera per fortuna a metà del volume, quando sulla semplice e anodina enunciazione
di quanto stava accadendo in Serbia si innesta la trama labirintica e
appassionante dei tentativi di fuga dei Rustemagic: una delirante e
coinvolgente situazione kafkiana fatta di ministri stranieri bravi solo a
promettere, di funzionari arcigni, di trovate inverosimili ma geniali per
ottenere una tessera da giornalista o la cittadinanza slovena, persino di
sedicenti mercenari che potrebbero far uscire i cittadini dall’inferno di
Sarajevo. Un ruolo di rilievo lo rivestono i fumetti: non solo perché amici e
clienti di Rustemagic (tra i quali c’è persino Hugo Pratt) si mobilitano per
aiutarlo, ma anche perché le riviste a fumetti opportunamente avvolte intorno
al corpo proteggono dai proiettili e dai frammenti delle granate.
Su tutto, risulta evidente quanto
l’intervento della Nazioni Unite sia stato solamente rappresentativo e per
nulla rilevante, quasi canzonatorio per i residenti che si videro distruggere
la casa e la vita mentre gli osservatori dell’ONU non facevano altro che,
appunto, osservare.
È evidente che Joe Kubert abbia
voluto adottare un approccio diverso dal solito fumetto supereroico, come
testimonia anche la diagonale delle tavole che sembra fatta per un formato
diverso dai comic book, ma la sua sensibilità (i crimini sessuali vengono
solamente accennati, per quanto se ne parli) è troppo diversa da quella di un
autore come Hermann che partendo dalle stesse identiche basi con il suo Sarajevo Tango ha realizzato veramente un
capolavoro.
In definitiva, pur tenendo in
considerazione il pathos ben maggiore che ha la seconda parte del fumetto, la
rilevanza maggiore di Fax da Sarajevo
è appunto quella documentaristica, e forse la parte migliore di tutto il volume
sono addirittura le testimonianze scritte in appendice, tra le quali ce n’è una
molto toccante scritta appositamente da Rustemagic per questo volume (lo spazio
sottratto a Brancato per motivi di foliazione non è quindi sprecato, anzi).
Chissà se questa arriverà nelle
edicole che frequento io.
domenica 2 aprile 2017
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