lunedì 15 luglio 2019

Thorgal 36: Aniel

Capolinea, almeno temporaneo, della saga di Thorgal e dei suoi Mondi. O così mi pare di intuire, ché raccapezzarsi tra tutti quei volumi usciti, anche a distanza di anni, non è facile. E qui Yann si ricollega addirittura all’episodio 25, che sarà uscito almeno vent’anni fa.
La trama si sviluppa su quattro direttive portanti che ai vecchi tempi avrebbero meritato ciascuna un volume: il ricongiungimento con Zajkar e Zim e una prima vittoria contro i loro nemici, la quest per trovare il rimedio vegetale che guarirà Aniel (la cosa è assai complicata: coesistendo in lui altre due entità c’è il rischio di annichilire il vero Aniel), la battaglia finale contro le Yenhaas e, sul finale, gli accesi dibattiti con la famiglia riunita al gran completo per decidere se somministrare o meno ad Aniel l’ultima dose dell’antidoto. Forse ho esagerato e non so se in effetti ognuno di questi argomenti avrebbe meritato un volume a sé, però è innegabile che in Aniel tutto succede con una rapidità disarmante, che non significa un ritmo incalzante ma delle soluzioni che sembrano affrettate. Possibile che il popolo dei Myrm non fosse stato in grado, a un anno dall’invasione, di elaborare una strategia di difesa come quella che Thorgal mette a punto dopo aver appiedato quasi per caso una cavallerizza nemica? Era proprio necessario che Armenos inventasse il suo scafandro per avvicinarsi alle piante mortali quando per Thorgal è sufficiente trattenere il respiro? Molti personaggi sembrano poi comparire sulla scena con tempismo talmente perfetto da risultare forzato, anche se non dubito che la fitta rete di collegamenti e rimandi tra le varie serie giustifichi pienamente la loro apparizione (anche perché vatti a ricordare come eravamo rimasti alla fine dell’ultimo volume). E la rivelazione che un tradimento alla base della situazione attuale fosse tutt’altro sembra una boutade per chiudere in fretta un capitolo piuttosto che un colpo di scena premeditato.
Beninteso, Aniel offre un bel po’ di esotismo, di sense of wonder e di azione e soprattutto lo scioglimento delle trame intessute in tutti questi anni sulla serie titolare e sui molteplici spin-off –anche se apre nuove prospettive, com’è giusto che sia per una serie di successo. Inoltre la scena finale vagamente umoristica si fa apprezzare. Solo che Yann sembra essere stato costretto a correre e a bruciarsi così la possibilità di elaborare delle scene epiche, di spiegare meglio certi passaggi e sviluppare a dovere alcuni personaggi.
Per quel che riguarda la parte grafica, Rosinski accusa i segni dell’età. O almeno questo è quello che mi è venuto spontaneo pensare nel vedere il suo impressionismo più estremizzato che in passato, con un mix meno coerente di elementi realizzati al tratto e altri direttamente con colori diluiti o materici. Il punto, però, è che il risultato finale è più efficace che negli scorsi episodi in cui aveva lavorato en couleur directe. Potrebbe quindi anche essere un’evoluzione voluta del suo stile, se non fosse che non tutte le figure sono armoniose o simmetriche, a volte il colore è risolto con masse uniformi e nelle ultime pagine (già visibilmente meno curate delle prime) alcuni volti sono praticamente uguali anche se appartengono a persone diverse. Però i suoi personaggi sono molto espressivi e i suoi paesaggi spettacolari.
Pur con le magagne che ho rilevato (forse dovute alle ingerenze redazionali di Le Lombard, responsabile anche di un posizionamento a volte infelice dei balloon), Aniel è una lettura tutto sommato piacevole e appassionante.

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