mercoledì 30 settembre 2020
lunedì 28 settembre 2020
Batman Dannato
La storia è puntellata di altre presenze sovrannaturali della DC Comics, come uno scarnificato Deadman, non so se interpretazione personale di Azzarello o versione attuale del personaggio, e altri personaggi che non ho ben capito chi sono (pensavo che la tizia che fa il trucco delle tre carte fosse Zatanna, ma in realtà compare in seguito). Demon è nientemeno che un rapper: ciò ha messo a dura prova la mia voglia di continuare a leggere.
Batman si muove come un disperato e così a occhio (ma non conosco le evoluzioni più recenti del personaggio) mi sembra che sia una preda sin troppo facile dei suoi avversari. Constantine constantineggia.
La trama principale si intreccia col passato di Bruce, mostrando una famiglia Wayne tutt’altro che idilliaca con un padre fedifrago. Se non sbaglio questa riscrittura iconoclasta è tipica di Azzarello che in una storia disegnata da Risso diceva che praticamente furono i capricci di Bruce Wayne da bambino per andare a vedere il film di Zorro a causare l’omicidio dei suoi genitori. Sempre se ricordo bene.
Come talvolta capita con le storie scritte da Azzarello, non ho capito bene il finale: Batman ora dotato di poteri sovrannaturali resuscita Joker e resetta la storia oppure era Joker che aveva preso il suo posto? Mah. Almeno ci sono le tavole spettacolari di Lee Bermejo, che però in alcuni punti ha evidentemente censurato il sangue con delle pecette dai colori piatti che mal si amalgamano col suo stile sfumato.
sabato 26 settembre 2020
The Old Guard: Fuoco d'Apertura
L’ultimo incarico si rivela una trappola tesa da un miliardario per catturarli e studiarli per carpire il segreto dell’immortalità. Nel mentre una nuova immortale, Nile Freeman, si scopre tale e viene reclutata dal gruppo. Non è un prodotto originalissimo, ma Greg Rucka ha senz’altro quel minimo di professionalità che basta a renderlo passabile. Il ritmo è ben orchestrato (verso la fine c’è anche un colpo di scena) e i dialoghi sono ben scritti senza essere memorabili. Per il resto non mancano luoghi comuni e stereotipi, tra cui lo showdown finale con una sparatoria esagerata. Nulla di eccezionale, insomma, ma sarebbe anche un fumetto gradevole se non fosse per i disegni di Leandro Fernández. Terribilmente caricaturale, vanifica sia il dinamismo che dovrebbero avere certe scene che la drammaticità splatter di altre. Certo, sembra un po’ ispirarsi a Eduardo Risso, ma non ne ha l’eleganza, l’espressività e la cura per i dettagli. Inoltre calca esageratamente la mano sulle caratteristiche somatiche delle etnie di cui fanno parte i protagonisti: oltre a essere di cattivo gusto, questa scelta non è nemmeno utile per distinguere un personaggio dall’altro visto che ovviamente hanno corporature e abbigliamenti diversi. E poi non è che tutti i francesi (come Booker/Sébastien) hanno il naso di Gerard Depardieu!
giovedì 24 settembre 2020
martedì 22 settembre 2020
domenica 20 settembre 2020
La terribile Elizabeth Dumn contro i diavoli in giacca e cravatta
Il primo impatto è stato tremendo: lo stile di disegno di Arabson è fottutamente caricaturale. Curatissimo e dettagliato, sì, ma i suoi sgorbi sono un misto di Paul Pope e de Crécy, con un vago retrogusto di De Felipe (mi pare si chiamasse così), quel fumettista spagnolo che fu pubblicato con una certa frequenza nei primi anni ’90 da L’Eternauta e Bronx per poi sparire nel nulla. Come stile funzionerà pure in certi fumetti, ma non qui. Una volta letta la storia, l’impressione non è migliorata poi tanto.
Il diavolo torna dopo vent’anni a riscuotere la sua parte di un patto che aveva concluso con un contadino brasiliano che ha reso ricco: gli deve l’anima di suo figlio Gregorio. Ma il tizio non vuole cedere e gli propone uno scambio: invece di suo figlio, che si prenda l’intrattabile figlia Elizabeth, rinchiusa in una pensione-prigione. Avvisata dalla madre e preparata a questa eventualità da una vita, Elizabeth scappa e sulla sua strada incontra un chitarrista blues che parla per sottintesi ed è realmente il miglior musicista del mondo (tanto per non farsi mancare nessuno stereotipo, il tizio è ovviamente una versione di Robert Johnson, ha pure il suo secondo nome – che Arabson non sa scrivere correttamente!). Lunga sequenza muta di combattimento contro un emissario del diavolo e poi la resa dei conti a casa del paparino. Una sessantina di tavole che si leggono in fretta e non lasciano niente, ma chi non ha letto molti romanzi o fumetti o ha visto pochi film potrà trovare alcuni elementi interessanti o addirittura originali. Certo, meno ne ha visti e letti e meglio è.
James Robinson ha curato l’adattamento per il mercato statunitense: avrà fatto coprire qualche tetta o smussato i dialoghi più blasfemi, se ce n’erano. Colori, almeno questi piuttosto validi, di Anderson Cabral.
giovedì 17 settembre 2020
Tex Stella d'Oro 31: La Frustata
Fortunatamente questo è uno di quei volumi extra-large in cui la Bonelli ha sfruttato appieno le dimensioni più ariose. Spero ce ne siano altri. Non solo: coerentemente con la matrice franco-belga del formato, il bravo Mario Milano si è rifatto alla lezione di Jean Giraud, come dichiarato anche nell’introduzione di Davide Bonelli, e mi sembra che anche il colorista Matteo Vattani abbia tratto ispirazione dagli ultimi albi di Blueberry, almeno per una buona prima metà del volume.
La trama vede due percorsi che si incrociano: il bandito Diego Portela ha finalmente raccolto abbastanza uomini per vendicarsi di chi gli ha inflitto le frustate che lo hanno deturpato (ben più della sola citata nel titolo), mentre Tex e Kit Carson inseguono dei ladri d’argento oltre il Rio Grande fino alla base del loro capo: proprio il tizio che Portela vuole ammazzare. Ad arricchire il quadro ci sono le pistole “magiche” di Portela che la madre bruja, cioè strega, gli ha incantato dopo avergli salvato la vita dalle nerbate. Considerando la procedente prova che ho letto di Ruju mi viene da pensare che abbia un feticismo per le pistole. Il vecchio haciendero intrallazzone però è morto di fresco (Tex e Kit piombano nella hacienda proprio alla fine del funerale) e la bella figlia dovrà prendere le redini dell’attività di famiglia, ignara degli aspetti più illegali – o così sembra. Visto che la vendetta del bandito ricade su di lei ma si estende indiscriminatamente anche sui suoi servi e sugli altri innocenti attardati al funerale, Tex prende in mano la situazione e si incarica di proteggerli e di parlamentare con Portela.
Ma il bandito non vuole cedere e così a pagina 35 inizia una sequenza flamboyant in cui un Tex disarmato (ma per poco) sgomina da solo (o quasi) tutta la sua banda! Per fortuna la chiave della storia non è qui, ma nelle sequenze finali che riveleranno le vere intenzioni di un personaggio e ne riporteranno in scena un altro. La Frustata è insomma una storia molto ben architettata e addirittura con un buon margine di originalità pur basandosi inevitabilmente su alcuni stereotipi del western. Menzione d’onore per i dialoghi: Tex spiega per filo e per segno perché fa quello che fa (non solo lui in effetti), ma Ruju scrive le battute con una naturalezza che non le rende affatto artefatte; più che altro sembra un soldato che giustamente valuta le opzioni di cui dispone – e in fondo è questo il ruolo che ricopre nella storia. Non avendo visto il film omonimo che nell’introduzione viene citato come ispirazione della copertina non posso dire quanto il tutto sia farina del sacco di Pasquale Ruju (stando alle parole di Davide Bonelli non ci sono legami con quel film) ma come lettura è comunque ottima.
Tornando ai disegni, oltre all’abilità tecnica va riconosciuta a Milano anche l’intelligenza con cui ha preso a modello degli attori per i volti delle “comparse”: uno dei tirapiedi di Portela è Lee Van Cleef, mentre Octavio è Fernando Sancho, un caratterista visto in tanti spaghetti western ma (credo) anche in qualche parodia con Franco e Ciccio. Così i personaggi secondari hanno abbastanza personalità per distinguerli subito uno dall’altro e al lettore rimane una piacevole sensazione di familiarità anche se non ricorda dove ha già visto un viso o non riesce ad associargli un nome. Ammetto di averci messo un po’ per risalire a Fernando Sancho, in effetti.