venerdì 12 febbraio 2021

Il Grande Fumetto d'Aviazione - Buck Danny 1: Un aereo non è rientrato

Grazie a questa meritoria nuova collana di allegati della Gazzetta dello Sport anch’io finalmente ho potuto leggere un classico della BéDé da cui l’ambientazione aviatoria mi aveva sempre tenuto lontano. Si comincia con quello che a detta di amici esperti è uno degli episodi migliori. La pubblicazione non è infatti cronologica ma parte dal tredicesimo episodio originale, starting point ideale perché (come detto da Andrea Rivi nell’introduzione) all’epoca avvenne una sorta di reboot nella serie per cui, finita la Guerra di Corea, i protagonisti non erano più impegnati in storie belliche ma con nuovi ruoli che proprio qui vengono spiegati.

Il primo episodio raccolto, quello che dà il titolo al volume, vede Buck e i suoi compagni Tumb e Sonny riassegnati alla portaerei Valley Forge. Grandi prodezze aeree e gag che coinvolgono Sonny Tuckson, il lato comico del trio, ma ben poca compattezza narrativa e nessuna direzione chiara in cui il fumetto sembri andare. È evidente che Charlier andava a braccio improvvisando di volta in volta quello che avrebbe scritto la settimana successiva. L’aggancio di uno sconfinamento aereo da parte di coreani del nord (dipinti di giallo come si usava all’epoca) non ha il minimo seguito.

Finalmente alla tavola 302 (l’episodio dura le consuete 46 ma numerate da 275 a 320) si palesa una trama degna di questo nome, con i tre protagonisti promossi e diventati istruttori alla base di Hickam Field: durante un’esercitazione uno dei novellini viene colto dal panico entrando in un banco di nuvole mentre vola affiancato agli altri. La sua disattenzione provoca la perdita di un aereo e del suo pilota. Accusato di codardia, Fred viene rinnegato dai suoi compagni e probabilmente verrà anche cacciato dalla Marina. Ma Buck Danny vuole vederci chiaro e scopre un trauma alla base dello sconvolgimento che coglie Fred quando affronta la nebbia e le nuvole. Sottoposto a una terapia choc, Fred dimostra il suo coraggio e la sua abilità di pilota, ma il rientro dell’altro pilota che si credeva morto non fa che peggiorare la sua situazione. Ma tutto si concluderà per il meglio in questa storia che di aviatorio non ha poi molto se non le evoluzioni degli aerei, inframmezzata da gag superate per il gusto odierno.

Molto più interessante è il secondo episodio, Pattuglia all’alba. Qui si vede che Charlier aveva un progetto ben chiaro in mente, o forse è stato molto bravo a imbastirlo in corso d’opera. Un S.O.S. porta Buck Danny e soci alle isole Ryuku, dove rinvengono inspiegabilmente il relitto di un Catalina, un aereo che non dovrebbe trovarsi in quel posto in quanto dismesso dall’esercito statunitense subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il trio, accompagnato da un medico della Valley Forge, indaga sull’isola finendo coinvolto nella vicenda di un vecchio capitano tedesco che vuole recuperare i tesori affondati col suo sommergibile. Nulla di particolarmente originale (non credo lo fosse nemmeno nel 1955), ma la storia è carica di azione e colpi di scena e, vivaddio, non ci sono gag e sketch buttati lì tanto per guadagnare vignette. Qui inoltre la competenza tecnica di Charlier è fondamentale per sciogliere alcuni nodi della trama in maniera intelligente e ragionata.

Victor Hubinon come disegnatore non mi fa impazzire, ma questo era un rischio già preventivato dopo aver visto il suo lavoro su Barbarossa. Non che sia un disegnatore scadente, tutt’altro, però tra i grandi della BéDé l’ho sempre trovato il meno franco-belga di tutti. Visto che non modula il suo tratto come JiJé o Uderzo o Giraud e che tutto sommato non presenta una grande ricchezza fisiognomica, mi è sempre sembrato debitore delle strisce statunitensi. Da quanto ho letto negli Integrali di Barbarossa qui era al top della sua arte, ma Buck e Tumb si distinguono solo per il colore dei capelli.

La curiosità era quindi quella di vedere Charlier all’opera col disegno tecnico, visto che gli aerei li disegnava lui. Ma purtroppo anche da questo punto di vista Buck Danny non ha brillato. Non metto in dubbio il rigore tecnico con cui sono stati disegnati, ma la griglia obbligata di quattro strisce per tavola, e le conseguenti vignette non molto ariose, non permette di utilizzare inquadrature spettacolari. Inoltre l’inchiostrazione è un po’ “morbida”, quasi da fumetto umoristico, e non evoca la maestosità e la potenza che quei mezzi dovrebbero avere. A volte, credo per colpa della colorazione un po’ piatta basata sui colori primari, l’impressione che rimandano le carlinghe è quella del legno più che del metallo.

Pur riconoscendo la qualità del fumetto, a maggior ragione se rapportata all’epoca e alle condizioni della sua realizzazione, con l’obbligo di creare un colpo di scena alla fine di ogni tavola e con poca (o nessuna) possibilità di pianificare le sceneggiature, ho avuto conferma del fatto che Buck Danny non fa per me. Ma per 4,99 euro valeva sicuramente la pena di provarci. Con buona pace di quei fuori registro digitali che si lasciano dietro un alone bianco, che qui curiosamente riguardano solo le parti colorate di blu.

6 commenti:

  1. Ero tentato di seguire la collana ma alla fine ho desistito, nonostante il prezzo sia buono l'uscita settimanale e la forte possibilità di perdita d'interesse dopo qualche numero mi fanno optare per spendere i miei soldi per altro.

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    1. Credo che, al di là della qualità oggettiva, per il pubblico italiano il fascino di Buck Danny risieda nella nostalgia visto che se non sbaglio lo pubblicava (rimontato) la Cenisio. Io ho colto l'occasione dell'allegato per provarlo dopo averne tanto sentito parlare, ma non è il mio genere.

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  2. Era Cenisio. Ricordo le pubblcità nei miei albi di Batman, Superman e Flash. Credo che la Cenisio negli anni settanta pubblicasse anche Stanlio e Ollio oltre ai suoi credo Bestsellers Tarzan ed albi con Gatto Silvestro e co.

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    1. Era Cenisio, e te cadeono 'nzino
      A schiocche a schiocche li ccerase rosse
      Fresca era ll'aria e tutto lu ciardino
      Addurava de rose a ciente passe

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  3. All'epoca dei due episodi qui raccolti, Charlier aveva smesso da un pezzo di disegnare gli aerei. Lo aveva fatto solo nei primi albi.

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