Poco entusiasta della prima uscita, ho aspettato senza fretta di avere un momento libero per leggere il secondo e conclusivo volume di Ringo. Non è stata una rivelazione, ma comunque il meglio della serie lo hanno messo qui.
La prima storia breve, La Città della Paura, vede la consueta trama in cui l’agente della Wells Fargo deve indagare sul proverbiale furto ai danni di una consegna d’oro e offre alcuni margini di originalità grazie all’atmosfera di tensione che sa evocare. La brevità della storia scritta da Jacques Acar, sole 16 tavole, giova al ritmo. Carina la cornice della storia, ovviamente meglio apprezzabile in questa versione in volume.
Il pezzo forte comunque è la storia lunga che dà il titolo al volume, anche questa scritta da Acar: durante la Guerra Civile il nordista Ringo strinse un’amicizia “d’emergenza” con un ufficiale sudista, con la promessa di ritrovarsi dopo la carneficina. Ma passata la guerra il Sud è in uno stato penoso, percorso dalla miseria e oggetto delle attenzioni rapaci dei faccendieri senza scrupoli del Nord. È in questo contesto che Ringo (in missione per conto della Wells Fargo, ça va sans dire) incontra nuovamente un irriconoscibile George Morton convertitosi al banditismo. Ma i veri “cattivi” sono altri.
Nonostante uno stile narrativo un po’ datato (e i disegni belli ma un po’ statici di Vance non aiutano) e la necessità, anch’essa retaggio di un’epoca che fu, di giustificare le azioni dei protagonisti che devono essere dei fulgidi esempio per i giovani lettori, Il Giuramento di Gettysburg è una lettura interessante e non banale.
A integrare il volume ci sono due storie brevi scritte da Yves Duval che costituiscono un unico episodio per un totale di 14 tavole, che avrebbero potuto essere di più se la storia fosse continuata come lascia intuire il finale sospeso. È spiazzante notare come nell’arco di pochi anni (dal 1966 al 1970) lo stile di Vance sia molto cambiato, privilegiando il tratteggio alle pennellate corpose e percorrendo altre strade per le inquadrature e le anatomie.
L’Oro dei Disertori-Lo Zampino del Diavolo rientra in canoni più classici, per non dire banali, e privilegia l’azione e i colpi di scena che si susseguono frenetici – ho fatto una certa fatica a stare dietro alla sarabanda di agguati, tradimenti, sorprese, controsorprese e personaggi nuovi che appaiono dal nulla. La storia è l’ennesima variazione sul tema della rapina alla diligenza e del recupero del bottino ma qui compare una coppia di malviventi che permette a Vance delle inedite derive caricaturali.