martedì 31 ottobre 2017
lunedì 30 ottobre 2017
Mercurio Loi 6: A passeggio per Roma
Mai letto nulla finora di Mercurio Loi, ma la particolarità di
questo sesto episodio mi ha spinto all’acquisto. A passeggio per Roma è una specie di librogame, o meglio una di
quelle storie a bivi che venivano pubblicate su Topolino.
La prima volta che l’ho letto
sono “morto” subito mentre il percorso che ho scelto per la seconda lettura si
è rivelato quello più soddisfacente tra le varie alternative. La storia è
comunque leggibile tutta d’un fiato dall’inizio alla fine senza prendere una
diramazione piuttosto che un’altra, anche se per giustificare certe
reiterazioni Bilotta ha dovuto fare ricorso a mezzucci come un ipnotizzatore e
un’allucinazione da abbiocco.
La trama offre più filosofia che
azione o intrighi (sin dai redazionali a pagina 4: ma Bilotta scrive tutte le
introduzioni così?) e attorno ad alcuni nuclei tematici più rilevanti, cioè la
condanna del fratello di un vescovo e l’esibizione funambolica di un vecchio
insegnante di Mercurio Loi, si sviluppano delle riflessioni su come le nostre
scelte condizionino la nostra vita e di conseguenza sul libero arbitrio, forse
solo un’illusione. In chiave umoristica l’argomento era già stato trattato da
Moreno Burattini in una storia a bivi di Cattivik,
che era appunto una critica alla falsa libertà di cui godrebbe il lettore di
librogame, anche se qui Bilotta introduce la possibilità di mandare
volontariamente in loop certe
sequenze per godersele all’infinito.
Niente di nuovo sotto il sole,
dunque, ma scritto con grande gusto e un’architettura narrativa quasi perfetta
– a tal proposito, a pagina 21 nella seconda vignetta la testa del bastone di
Mercurio Loi forma il numero 4: è solo un caso oppure una cosa voluta per
rimandare il lettore all’introduzione di pagina 4 e quindi alle elucubrazioni
dell’autore? Il finale è molto buono, a maggior ragione se viene letto come
l’ho letto io dopo esserci incappato per sbaglio una prima volta, ma il piglio
metanarrativo che affiora in molti punti finisce presto per stufare.
Pur non conoscendo nulla
dell’universo narrativo della serie, non mi è stato difficile prendere
familiarità con i personaggi e calarmi nell’atmosfera, nonostante Bilotta non
abbia adottato per fortuna l’antipatica abitudine di far parlare meccanicamente
i protagonisti a beneficio del lettore neofita riassumendo le loro
caratteristiche e i rapporti che li uniscono. E credo di aver capito che
l’arcinemico di Mercurio Loi, Pasquino, sia Camillo
Scaccia, anche se il passaggio da pagina 87 a 88 apparentemente rende
la cosa impossibile (tutto sta nel capire da quando inizia l’allucinazione).
I disegni di Sergio Ponchione
sono molto buoni, non solo a livello estetico ma anche registico. Se Bilotta ha
curato al millimetro il meccanismo della trama, il disegnatore ha dato delle
grandi prove con il montaggio alternato delle tavole 28 e 29 e con le varie
panoramiche dall’alto che ha inserito nel fumetto.
Anche i colori di Nicola Righi
sono buoni e non si limitano a riempire banalmente le vignette ma contribuiscono
a creare i volumi e ad arricchire l’atmosfera. È un peccato che anche in questo caso
la qualità della carta vanifichi in parte il lavoro degli autori rendendolo un
po’ evanescente.
domenica 29 ottobre 2017
Il Punto di Vista degli Ulivi
Sapevo che difficilmente gli
altri libri della collana MiDi – Fumetti per il Sud sarebbero stati allo stesso
livello de Le Leonesse di Monteleone
ma ho voluto dare comunque una chance a quelli che mi sembravano rientrare di
più nelle mie corde. Attirato dalla sua copertina vagamente mattottiana, ho
ordinato quindi anche Il Punto di Vista
degli Ulivi ed effettivamente, per quanto sia comunque una lettura
gradevole, non è stato entusiasmante.
Nel volume sono raccolte quattro
storie brevi, introdotte da una prefazione redatta in prima persona da un ulivo
che vanifica la sua originalità rivelandosi alla fine un panegirico sul lavoro
svolto dal progetto della Comune Urupia. Non metto in dubbio la validità
dell’operato della Comune ma, accidenti, sembra proprio uno spot pubblicitario.
I quattro racconti non hanno un
titolo ma sono introdotti da una pietra miliare (dietro cui svetta un ulivo,
elemento ricorrente di tutte le storie) che riporta il millennio in cui sono
ambientati. Il primo è probabilmente la trasposizione di una leggenda locale:
dei pastori Messapi sperano di intrattenersi con delle donne (o forse sono
delle ninfe?) dopo averle sconfitte in una gara di ballo ma, senza rivelare il
finale, «volevano suonare e sono stati suonati». Il secondo racconto è
ambientato intorno all’anno Mille e mostra la caparbietà dei pugliesi sopravvissuti
all’assalto dei saraceni grazie agli ulivi: ricostruiranno la loro città
devastata, ma non viene specificato di quale città si trattasse. Nel terzo
racconto viene riassunta la dura vita dei braccianti nel periodo immediatamente
successivo alla Prima Guerra Mondiale e la loro decisione di riunirsi in una
lega comune. Il quarto è ambientato nel futuro e ha un approccio didascalico
(sin troppo marcato), con cui vengono denunciati i mezzi tramite cui vennero
depauperati gli uliveti pugliesi in favore di un facile guadagno, ricorrendo
anche a un’informazione falsa e pilotata; nel XXX millennio, comunque, c’è ancora
posto per la speranza.
Il poco spazio a disposizione
permette allo sceneggiatore Marco Gastoni, lo stesso de Le Leonesse di Monteleone,
di sviluppare compiutamente solo la prima e l’ultima storia, mentre le altre
due sembrano più che altro dei prologhi. Il risultato è comunque
sufficientemente evocativo e immagino fosse questa la volontà dell’autore.
Per quel che riguarda i disegni,
di mattottiano Nicola Gobbi ha effettivamente ben poco. Dal gusto sketchy e un caricaturale, non rende
affatto bene il contesto della prima storia, che avrebbe richiesto un maggiore rigore
anatomico. Dalla seconda in poi, però, le cose cambiano perché le vicende si
basano molto sull’atmosfera e Gobbi si prodiga nell’accumulo di tratteggi che
rendono bene il senso di oppressione o pericolo che vivono i protagonisti.
L’ultima storia è un po’ a metà strada tra questi due estremi (e probabilmente Gobbi
avrebbe dovuto diversificare di più i personaggi) ma comunque il risultato è
dignitoso, tanto più che per rimarcarne la natura fantascientifica ha fatto
ricorso ai retini. In generale, non male i colori.
giovedì 26 ottobre 2017
La prima intervista a Tiziano Sclavi
Rileggendo alcuni vecchi numeri
di Fumo di China del periodo
Alessandro ho riletto un commento stizzito sul fatto che Sclavi, all’epoca
notoriamente avverso alle interviste, ne avesse concessa una a Comic Art invece che alla prozine.
L’intervista è quella che segue,
ospitata sul numero 18 della rivista (del gennaio 1986), che quindi si candida
a essere la vera prima intervista a Sclavi, essendo questa
più che altro una presentazione dell’autore.
lunedì 23 ottobre 2017
Povero Surzhenko!
Adesso che De Vita non disegna
più Kriss di Valnor, è rimasto da
solo a gestire TUTTI E TRE gli spin-off
di Thorgal e, come era facilmente prevedibile,
la qualità ha risentito del superlavoro a cui è sottoposto. Lo si nota in
particolare nell’ultimo volume, il terzo, di Lupa, che come al solito raccoglie due uscite francesi.
Siamo ancora su un livello
accettabile, ma ampie pennellate hanno preso quasi del tutto il posto dei
tratteggi, qualche postura avrebbe meritato uno studio maggiore, si sono
moltiplicate le silhouette interamente nere, i tratteggi rimasti sono grossolani
e gli sfondi sono a volte solo abbozzati per essere rifiniti poi coi colori (e
questi, almeno, sono ancora a un buon livello).
Complice il fatto che le tavole
di Thorgal e dei suoi derivati si
basano su una struttura a tre strisce, alcune pagine che hanno meno vignette
della media sembrano ingrandimenti di un fumetto Bonelli.
Lupa è la serie che mi piace di meno dei Mondi di Thorgal, ma resta comunque una lettura piacevole pur con le
situazioni inverosimili che si inventa Yann (la bava delle lumache…). A
proposito di Yann, tra le strizzatine d’occhio che inserisce in questo fumetto Marco
Rizzo non ha colto la citazione di Lolth: Yann un appassionato dei Forgotten Realms, chi se lo sarebbe mai
aspettato?
La Lombard (o Dargaud-Lombard, o
Dargaud Belgique…) ovviamente fa bene a spremere il più possibile il suo limone
milionario, ma è possibile che non riesca a trovare almeno un altro disegnatore
che faccia respirare un po’ il povero Surzhenko, in modo da farlo tornare a
esprimersi ai livelli dei primi episodi? Oltretutto la micidiale tabella di
marcia delle uscite sembra autorizzare gli sceneggiatori a concludere i volumi
con fastidiosi cliffhanger, che nel
caso del terzo di Lupa riguardano ben
tre situazioni diverse!
Il secondo volume italiano
dedicato a La Giovinezza di Thorgal
mi era piaciuto molto e pensavo di metterlo nel Meglio del 2017, ma adesso ci
sto ripensando.
sabato 21 ottobre 2017
Daredevil 5: L'Uomo che ha Paura
Con questo quinto volume della
splendida run di Mark Waid il nodo
principale della saga viene al pettine e si scopre chi c’è dietro le
macchinazioni che hanno coinvolto il protagonista sin dal numero 1 (questo
volume raccoglie i comic book
originali dal 22 al 27).
Dopo un assalto del Superior
Spider-man assistiamo a un’escalation di attentati contro Matt Murdock in
entrambe le sue identità, mentre al suo socio Foggy Nelson viene diagnosticato
il cancro, cosa che spiega il nervosismo che ha causato gli attriti tra i due
nel corso del volume precedente.
La rivelazione dell’identità segreta del mandante è stata una sorpresa (io
pensavo che fosse Nuke!) e nel corso della
storia riappaiono vari personaggi e ne viene introdotto uno nuovo piuttosto
interessante. Non manca una storia breve in appendice al numero 26, di quelle
patetiche con bambini ammalati di cancro: tutto sommato non è male e crea la
giusta suspense prima del gran
finale.
Waid scrive in maniera divina, riuscendo
a mantenere un equilibrio perfetto tra gli elementi drammatici e quelli
supereoristici della serie; tutti i molteplici dettagli che ha inserito
contribuiscono a formare un unico affresco complesso e coerente, i suoi
dialoghi sono stupendi ed è bravissimo a giocare con le aspettative del
lettore. Il ritmo è sostenuto e incalzante, sono rimasto incollato alle pagine
fino alla fine. Probabilmente questo è finora il volume migliore della serie.
È tutto perfetto, quindi? Non
proprio. La parte grafica è affidata a Chris Samnee, disegnatore dignitoso di
comprovata professionalità: nelle sue sintetiche vignette sa evidenziare con
efficacia tutti gli elementi necessari a comprendere le scene, ma restano
desolatamente scarne. Rabbrividisco al pensiero di quello che avrebbe potuto
essere questo Daredevil nelle mani di
un Romita Jr. o dei fratelli Kubert, cionondimeno una maggiore attenzione
all’aspetto estetico e non solo a quello funzionale dei disegni avrebbe fatto
quadrare il cerchio avvicinando la parte grafica all’eccellenza di quella
scritta. Invece al bravissimo Paolo Rivera non hanno più fatto fare nemmeno le
copertine, va a capire perché.
Un volume comunque
consigliatissimo.
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giovedì 19 ottobre 2017
Historica Special - Bataclan: Terrore a Parigi
Questa uscita fuori serie di Historica sembra ribaltare l’abitudine
invalsa da parecchio sul mercato italiano: non si tratta della proposta in
formato ridotto di un fumetto franco-belga ma, all’opposto, parrebbe che ne
abbiano ingrandito le dimensioni per dargli uniformità con gli altri volumi
della collana-madre. Ciò spiegherebbe perché le tavole sembrano scansionate direttamente
da un volume, con tanto di bordi delle pagine originali che emergono ogni tanto
e una risoluzione non ottimale, anche se solo a pagina 87 assistiamo a un vero disastro.
Che poi, per il tipo di disegno adottato da Brahy, non è poi questa tragedia.
Bataclan ricostruisce meticolosamente la preparazione degli attentati
del 13 novembre 2015 per circa mezzo volume, per poi concentrarsi com’è logico
sugli attentati stessi. La sceneggiatrice Anne Giudicelli ha senza dubbio una
cultura enciclopedica sull’Islam e una visione corretta dei giochi di potere
tra nazioni, ma la sua esperienza di scrittura di fumetti è modesta e si nota
pesantemente: nell’ansia di presentare tutti i dettagli finisce per inanellare
sequenze molto frammentarie e a volte poco chiare ai profani. Inoltre i
personaggi coinvolti sono veramente tantissimi (e ognuno di loro usa almeno due
pseudonimi!), né aiuta più di tanto il disegno di Brahy per distinguerli uno
dall’altro e capire le loro intenzioni. Le ossessive note a piè di pagine, che
a volte sviluppano dettagli tutto sommato poco incisivi, affaticano ancora di
più il lettore.
A chi telefona il signore a
pagina 36? Che rapporto hanno (se lo hanno) le ragazze delle pagine 67-68 con i
terroristi? Perché l’attentatore è così infuriato con la ragazza a pagina 73? Forse
perché è musulmana anche lei? Mah.
Quando la storia dovrebbe
decollare, ovvero con le prime avvisaglie degli attentati e poi con la
concitazione che ne consegue, il ritmo non cambia e la vicenda procede al
rallentatore fino a una conclusione che potrebbe sembrare nebulosa a un lettore
che non abbia letto con attenzione alcune parti specifiche del fumetto.
L’aspetto grafico non mi ha
affatto entusiasmato, anche tenendo conto della giustificazione che
probabilmente il fumetto è nato per un altro formato (dalla diagonale direi
quasi il 17x26 dei comic book). Luc
Brahy più che altro fa degli schizzi veloci che abbellisce e completa con una
rapida mezzatinta, ma non riesce a caratterizzare tutti i personaggi più
importanti con quei pochi tratti. Sarà senz’altro bravo a disegnare le
automobili, ma gli sfondi sono pressoché inesistenti e alcuni dettagli, in
particolar modo le mani, sembrano approssimativi pur se evidentemente basati su
documentazione fotografica.
Più che altrove, nel caso di Bataclan sarebbe stato utile (quasi
doveroso, direi) un apparato redazionale che chiarisse e sviluppasse alcuni dei
punti toccati dalla Giudicelli. Altrimenti sembrerebbe quasi che in alcuni
punti la sceneggiatrice giustifichi le azioni dei terroristi con la politica
estera di Hollande, o che voglia puntare di più l’attenzione sull’inadeguatezza
di alcune infrastrutture e istituzioni francesi.
martedì 17 ottobre 2017
Dommage!
Ero così contento che su Il Giornalino tornassero a pubblicare Biglia…
e invece mi accorgo che la “loro” terza avventura è evidentemente il quinto
volume originale!
Ne hanno saltati due, il secondo
e il quarto. Probabilmente (come si evince anche dai dialoghi) contenevano
della situazioni ritenute troppo drammatiche per il pubblico più giovane, ma
così si è anche perso il senso della “banda dei coccodrilli” che viene citata.
Che peccato.
domenica 15 ottobre 2017
Britannia
Nonostante la mia stima verso gli
autori non l’avevo ordinato perché dall’annuncio che ne era stato fatto
sembrava che i disegnatori fossero molteplici e temevo che al mio amato Juan
José Ryp fosse riservato solo un episodio o giù di lì. Verificato in fumetteria
che a Raúl Allén e Patricia Martin è stato concesso solo lo spazio di
4-tavole-4, ho subito proceduto all’acquisto.
Antonio Axia era un soldato e sei
anni prima degli eventi principali di questo volume era stato coinvolto in
un’indagine soprannaturale in Etruria, a cui era sopravvissuto solo con l’aiuto
delle sacerdotesse vestali che in qualche modo lo hanno “riprogrammato”. Adesso,
cioè nel 65 d. C., è un deduttore: un
detective ante litteram che sa leggere
il linguaggio del corpo e analizzare ogni minimo indizio. Il laidissimo Nerone
lo manda nella selvaggia Britannia a indagare su avvenimenti misteriosi che
coinvolgono un castra lì stazionato,
e Antonio avrà modo di regolare i conti con i demoni del suo passato – in senso
letterale. Le virginali vestali (in particolari la loro somma sacerdotessa
Rubria) non sono estranee al suo coinvolgimento in questa missione.
Britannia è un’opera decisamente postmoderna in cui si fonde
l’avventura storica con quella investigativa, ma in cui sono presenti anche dosi
massicce di horror e commedia. Dato il background
di Peter Milligan si possono probabilmente vedere in controluce in alcuni
dialoghi delle frecciatine all’attuale politica estera statunitense. Ma ci sono
anche riferimenti autoironici all’arretratezza, culturale e culinaria, dell’Inghilterra.
Questo materiale originale e
stimolante viene però incanalato in una struttura narrativa molto classica, con
flashback prevedibili, espedienti canonici
per risolvere gli snodi della trama e cliffhanger
a conclusione di ognuno dei primi tre capitoli che vengono regolarmente risolti
in poche pagine all’inizio dei capitoli successivi.
Molto validi (né c’era da
aspettarsi diversamente) i disegni di Ryp, molto espressivo e dettagliato come
sempre, ma stavolta senza quelle derive un po’ caricaturali che ogni tanto
affiorano nei suoi lavori.
Nonostante sia già annunciato un
seguito Britannia ha il pregio di
presentare una storia conclusa che inizia e finisce in questo volume.
8,90 euro per un volume di 128
pagine sono senz’altro un buon prezzo, ma la qualità di stampa non è ottimale:
sarebbe facile imputare la scarsa definizione di molte pagine al fatto che Ryp
ha disegnato a matita senza inchiostrare, ma i fuori registro che si notano nei
balloon colorati testimoniano invece delle difficoltà a livello tipografico.
venerdì 13 ottobre 2017
Historica Biografie 6: Lutero
Ecco un altro sceneggiatore che
sa scrivere bene fumetti storici. Stavolta è sotto i riflettori il padre
inconsapevole del Protestantesimo, che abbandona da giovane una promettente
carriera di avvocato per farsi monaco, rispettando un voto che aveva fatto a Sant’Anna
per averlo salvato da un temporale (!) ma che in realtà è una scelta motivata
dalla sua profonda spiritualità, come ci viene mostrato durante i suoi
morigerati anni di studio.
Olivier Jouvray scrive in maniera
fluida e piacevole, senza che la narrazione risulti frammentaria e senza
nemmeno rallentare il ritmo per spiegare meglio certi concetti al lettore.
Anzi, certe sequenze come la scansione alternata della fuga di Lutero e della dichiarazione
della sua condanna a pagina 40 sono molto coinvolgenti. Grazie a uno stile che
unisce essenzialità a chiarezza, lo sceneggiatore è riuscito a rendere
perfettamente comprensibili anche i dibattiti di materia teologica, che di per
sé non sono un argomento facile. È inoltre molto bravo a usare il fraseggio tra
le didascalie e i dialoghi e alla fine, quando inevitabilmente il fumetto deve
prendere la rincorsa per riassumere gli ultimi anni di vita di Lutero in sole 7
pagine, non si è avvertito quel senso di fretta che spesso si percepisce in queste situazioni.
La parte grafica non è
all’altezza di quella scritta, pur essendo comunque dignitosa. L’impressione
che mi hanno dato i disegni di Filippo Cenni è quella di trovarmi davanti a un
disegnatore giovane che ha sicuramente delle potenzialità ma che è ancora
incerto e acerbo. Le sue figure sono spesso solo sbozzate e un po’ imprecise
(mancano le unghie delle mani, sin dalla copertina), tradendo forse una
preferenza per uno stile espressionista che però mal si sarebbe adattato a un
fumetto storico. Non è di certo d’aiuto il fatto che Cenni abbia realizzato
solo le matite senza inchiostrarle, cosa che le avrebbe rese senz’altro più
robuste. Le derive naïf dello stile
di Cenni sono oltretutto ancora più evidenziate dalla calligrafica
visualizzazione degli edifici, sicuramente dovuta a qualche diavoleria
digitale.
Buoni i colori di Alessia Nocera,
anche se l’inserimento di dettagli fotografici (vedi il fuoco a pagina 7 e le
vetrate a pagina 11) mi lascia sempre perplesso, per non parlare degli effetti
digitali con cui si vorrebbe fingere di aver usato l’acquerello – ma se la
forma delle macchie è identica e ripetuta più volte per forza di cose il
risultato sembrerà artefatto, altro che acquerello!
Matthieu Arnold fornisce un buon apparato
critico per meglio capire quanto del fumetto sia frutto di speculazione e
quanto sia documentato (e d’altro canto nel “making of” gli autori sembrano
preoccupati principalmente di giustificarsi con gli esperti in merito alla
veridicità degli argomenti affrontati e della selezione che hanno dovuto
operare tra le tante vicende della ricchissima vita di Lutero).
POSTILLA
Proprio oggi l’edicolante ha sottolineato
come siano fatti bene questi volumi e io non ho voluto ribattere che
bisognerebbe prima tirarli fuori dal cellophan per sincerarsi che non
contengano magagne: dopotutto con Historica
e Historica Biografie non ho mai
avuto esperienze come sedicesimi invertiti o pagine bianche.
Bene, una volta aperto il volume
mi sono accorto che la mia copia è stampata al contrario! Cioè la copertina è
invertita rispetto alle pagine. Ben lungi da me richiederne un’altra: il
fumetto e i testi ci sono tutti, e chissà quanto ci vorrà per farmene avere una
copia normale. E poi hai visto mai che diventi una rarità.
mercoledì 11 ottobre 2017
Fumettisti d'Invenzione! - 120 (Speciale Achille Talon)
Mi permetto di integrare il
divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti
d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui
ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo
originale.
ACHILLE TALON (SERAFINO)
(Francia 1963, in Pilote, © Dargaud, umorismo)
Greg [Michel Louis Albert Regnier]
Achille Talon, o più propriamente
“Ach!lle Talon” come viene citato nelle copertine dei volumi, è un ometto
grasso e calvo tramite cui vengono messi alla berlina certi atteggiamenti della
piccola borghesia, saccente e rampante. Il protagonista vive ancora con i
genitori, ha un rapporto complesso col vicino Lefuneste e frequenta la
nobildonna Virgule.
In realtà l’aspetto di satira
sociale (comunque mai prevalente sull’umorismo tout-court) finisce presto in secondo piano rispetto alla comicità
autoreferenziale che fa di Achille Talon
l’omologo francese del Gaston Lagaffe
che compare dal 1957 sulla rivista belga Spirou:
anche Talon lavora presso il giornale che ne pubblica le gag (o meglio in una
sua parodia: Polite invece di Pilote) e anche nel suo caso assistiamo
a una serie di citazioni, comparsate, omaggi, gag metafumettistiche e
addirittura al tentativo stesso di Achille Talon di diventare autore di fumetti.
L’impronta metenarrativa e autoreferenziale
verrà rispettata anche dai vari team che si susseguiranno a realizzarne le
nuove storie dopo la dipartita di Greg nel 1999.
In Italia Achille Talon è pressoché sconosciuto e ciò può spiegare perché
Castelli non lo abbia citato nel suo testo nonostante il ricco materiale che
fornisce: dopo alcune apparizioni nei Superalbi Audacia della Mondadori a fine
anni ’60, è transitato timidamente su Sorry
e altre sparute pubblicazioni. La presenza di giochi di parole può giustificare
solo in parte questa diffusione col contagocce, visto che tutto sommato non
sono più numerosi né determinanti di quelli che possiamo trovare ad esempio in Iznogoud.
Di seguito una ricognizione del
tipo di categorie in cui può venire inserita la vasta produzione della serie
(che conta anche avventure lunghe e non solo gag in due tavole).
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag.
28)
Molti sono trasposizioni
umoristiche dei fumettisti reali che bazzicavano la redazione di Pilote (Goscinny, direttore della
testata, continuerà ad apparire anche dopo la sua morte – ma non manca nemmeno
Jean-Michel Charlier, sempre con un panino in mano, talvolta farcito con le
cose meno probabili). Ci sono anche personaggi “generici” e Greg non si
risparmia nemmeno un’autobiografia fantasiosa – più in generale, amava spesso fare
dei cameo nelle sue tavole.
Lo stesso Achille Talon ha
tentato di intraprendere la strada del fumettista:
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)
A differenza della categoria
precedente qui ci sono dei fumettisti “trasfigurati” di cui è facile
identificare la vera identità, o la cui identità è dichiarata ma che vengono
ritratti in modo differente da quella che era la realtà (vedi l’omaggio a
Franquin, che non è ritratto come un fumettista). In Achille Talon non mancano riferimenti ai personaggi dei fumetti di
altri fumettisti e nemmeno alle riviste e agli editori concorrenti.
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
È senz’altro la parte più
consistente di Achille Talon
pertinente ai Fumettisti d’Invenzione: Achille è consapevole di essere un
personaggio dei fumetti e intrattiene un dialogo diretto coi lettori, talvolta mediato
dalle lettere che questi gli mandano e dai consuntivi della situazione che gli
fa il direttore Goscinny.
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