giovedì 23 gennaio 2020

È finita la Sagra della Minchiata

Alla fine ho trovato il vecchio file. Posto questa requisitoria anche se arrivo ben oltre il termine che ragionevolmente avrebbe dovuto avere, essendo stato creato già a settembre 2018! In quanto a ritardi sono quasi peggio della RW Lion.

Fables lo avevo incrociato la prima volta sulla rivista della Magic che lo ospitava. Ne avevo letto giusto un paio di episodi senza continuità fra di loro e non mi aveva affatto entusiasmato. Però Bill Willingham mi è sempre stato simpatico: già il fatto che fosse stato uno dei primissimi illustratori di Dungeons & Dragons, e obiettivamente uno dei migliori, me lo rendeva simpatico. Il suo Ironwood è proprio bello e tutto sommato anche le serie supererostica pubblicata da Allagalla non era male, anche se non me la ricordo affatto ed era l’ennesima reinterpretazione dei soliti archetipi Marvel e DC. E poi a vederlo in foto, obeso, occhialuto e con lo sguardo di un cagnone triste, mi sembrava che comprargli un fumetto fosse proprio una buona azione. Quando la RW Lion ha iniziato l’edizione in bonellide ho colto l’occasione per leggere tutta la saga, magari mi avrebbe convinto.
Il fumetto carburava molto lentamente, ma c’erano comunque i bellissimi disegni di Lan Medina a giustificare l’acquisto. Inoltre questa edizione economica presentava in appendice delle note sulle leggende e sul folklore a cura di Alessio Danesi, Leonardo Rizzi e Jess Nevins che erano quasi le cose che leggevo con più piacere. Poi la saga è lentamente decollata, pur tra episodi riempitivi e con i fisiologici errori sparsi (ad esempio, se Pinocchio non può mentire – o una roba del genere – non avrebbe potuto partecipare alla truffa pedofila ai danni del giornalista impiccione).
La lentezza dell’inizio si è rivelata la necessaria fase di posizionamento di elementi sulla scacchiera, visto che i personaggi in gioco sono tanti e molti hanno varie agende segrete da portare a compimento, anche se lo stile di scrittura di Willingham a volte si perde su dettagli non indispensabili per l’economia delle storie, che spesso vorrebbero essere divertenti ma non mi hanno fatto sorridere quasi mai.
La saga tocca il suo picco qualitativo con la sconfitta dell’Avversario e alcuni degli episodi successivi; circa fino al numero 80, direi. Il mega-crossover non era poi malaccio se preso dalla giusta angolazione, e la RW Lion ci ha anche fatto il favore di presentarci tutte le testate coinvolte nel bonellide. Poi però è una spirale desolante di minchiate. La parte peggiore sono ovviamente gli episodi con la pseudo-squadra di supereroi, che si innestano però nel fenomeno più ampio delle serie vittime del loro stesso successo. Una volta che il nemico principale è sconfitto e i nodi principali della serie sono sciolti, come si può continuare a mantenere vivo l’interesse del lettore? Semplice: inventandosi nuove minacce di cui quelle precedenti erano solo appendici o pallidi riflessi. È un fenomeno fisiologico della letteratura popolare, e persino XIII di Van Hamme non ha potuto sottrarvisi. E da lì le altre pecche di Fables sono state impietosamente sottolineate.
Nel caso di Willingham c’è il discorso che i suoi riferimenti alla cultura pop non sempre sono felici, né il suo umorismo un po’ bambinesco può essere gradito a tutti. A questo va aggiunto che il bravissimo Medina che in origine si alternava con Buckingham viene presto sostituito in toto da quest’ultimo. Tra ostentati rimandi kirbyani, anatomie squadrate e di dubbio gusto e la conclamata incapacità di disegnare una donna di profilo, contribuisce non poco a raffreddare l’entusiasmo per una serie che già si avviava verso un triste Viale del Tramonto. E così da quel punto in poi lo stile lento e volutamente tronco e allusivo di Willingham non è servito ad altro che ad allungare l’agonia di Fables. Tutte le sue trame sono dei coiti interrotti: già alcune storie brevi sui vari speciali davano l’impressione di essere troppo brevi, ma lì la frammentarietà era fisiologica anche se percepivo che “mancava qualcosa” o che alcune fossero state troncate grezzamente. Da circa metà saga in poi Willingham cura la costruzione di situazioni e personaggi lasciando intendere che alla fine succederà chissà che cosa ma poi tutto si risolve in una bolla di sapone. Addirittura il twist che chiude la saga con lo scontro tra le due sorelle sembra qualcosa di risolto in fretta e furia per chiudere finalmente la serie. Ed è un peccato, perché lavorandoci sopra si sarebbe potuto ricavarne una discreta vicenda partendo da quell’idea che è piuttosto intelligente.
Negli Stati Uniti Fables ha avuto un grande successo, generando spin-off, albi speciali e almeno un videogame. Ed è durata ben 150 numeri. Ovviamente il successo non è necessariamente indice della qualità di un prodotto, tanto meno negli States. Persino Frank Miller in America ha avuto successo, scopiazzando alternativamente i manga, gli scrittori hard-boiled e Alberto Breccia: questo perché negli Stati Uniti qualsiasi cosa esuli dal classico supereroe può avere un insuccesso micidiale o essere adorato come geniale. Basta poco, perché il pubblico statunitense oltre ai comic book di supereroi non va: a Gaiman e a Miller è andata bene, ma tanti altri prodotti altrettanto se non più meritevoli non hanno avuto lo stesso successo, mai come in questo caso frutto di elementi fortuiti. Una celebrità che dice di leggere il tuo fumetto, una recensione entusiastica a priori solo perché il fumetto esula dalla consueta formula abusatissima, delle copertine spettacolari che ammaliano e influiscono sul giudizio… Willingham ha decisamente avuto una bella botta di culo, anche se forse è stato pure bravo a intercettare un certo rinato interesse per i protagonisti e le ambientazioni delle fiabe, testimoniato dalle varie serie televisive (Grimm, Supernatural e ovviamente C’era una volta) che nacquero in contemporanea o poco dopo il fumetto.
Ignoro cosa faccia Bill Willingham adesso, ma immagino che sia molto meglio di Fables, almeno del suo ultimo periodo.

4 commenti:

  1. Si, ma io non ho capito se i cicli finali della serie ti sono piaciuto o no!!!!!

    A parte gli scherzi, io ho letto solo i primi tre o quattro e c'erano diverse cose interessanti, ma la stanchezza prendeva via via il sopravvento già a quei tempi.

    Credo comunque sia la prima volta che leggo un tuo post con una stroncatura tanto accesa :)
    In ogni caso, se ti interessa, Willingham si è perso in qualche progettino con la Dynamite e la First Comics e di lui non si sente parlare da un po' (e tu dirai che un motivo ci sarà).

    P.S.: Ovviamente io non farei mai un parallelo tra la carriera di scrittore di Willingham e quella di Gaiman o Miller, ma ho capito cosa intendi dire.

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    1. Luigi, bentornato! Credo che non manchino qui sul blog requisitorie più accese di questa. Ovvio che se uno conosce i suoi polli se ne tiene ben lontano (Oblomov ristampa Scozzari?! Ma sono matti?), ma una volta cominciata una serie spiace non finirla anche se il sentore della disfatta c'è ed è palese.

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  2. Bel pezzo e devo dire che più o meno concordo con quello che scrivi, alla serie avrebbero giovato una sessantina di numeri in meno e il taglio di alcune divagazioni superflue. Inizialmente, anche io sugli albi a colore della Magic, avevo apprezzato parecchio l'avvio della serie che ho ripreso poi anche io in economica. Intanto questa versione purtroppo non rende giustizia alle tavole, poi con i tempi Lion più o meno tutto potrebbe risultare una purga. Comunque si perde il fuoco con il passare dei numeri e l'impressione dello svacco si fa largo a gomitate. Dentro però cose buone ce ne sono state. Ne approfitto per salutare Luigi :)

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    1. Forse a causa del successo avrenno costretto Willingham a proseguire oltre alla conclusione prevista. Se non sbaglio è successa la stessa cosa a Shade di Milligan e in fondo anche per XIII è andata così.

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