Alla fine ho trovato il vecchio file. Posto questa
requisitoria anche se arrivo ben oltre il termine che ragionevolmente avrebbe
dovuto avere, essendo stato creato già a settembre 2018! In quanto a ritardi
sono quasi peggio della RW Lion.
Fables lo avevo incrociato la prima volta sulla rivista della Magic
che lo ospitava. Ne avevo letto giusto un paio di episodi senza continuità fra
di loro e non mi aveva affatto entusiasmato. Però Bill Willingham mi è sempre
stato simpatico: già il fatto che fosse stato uno dei primissimi illustratori di Dungeons & Dragons,
e obiettivamente uno dei migliori, me lo rendeva simpatico. Il suo Ironwood
è proprio bello e tutto sommato anche le serie supererostica pubblicata da
Allagalla non era male, anche se non me la ricordo affatto ed era l’ennesima
reinterpretazione dei soliti archetipi Marvel e DC. E poi a vederlo in foto,
obeso, occhialuto e con lo sguardo di un cagnone triste, mi sembrava che
comprargli un fumetto fosse proprio una buona azione. Quando la RW Lion ha
iniziato l’edizione in bonellide ho colto l’occasione per leggere tutta la
saga, magari mi avrebbe convinto.
Il fumetto carburava molto
lentamente, ma c’erano comunque i bellissimi disegni di Lan Medina a giustificare
l’acquisto. Inoltre questa edizione economica presentava in appendice delle
note sulle leggende e sul folklore a cura di Alessio Danesi, Leonardo Rizzi e Jess
Nevins che erano quasi le cose che leggevo con più piacere. Poi la saga è
lentamente decollata, pur tra episodi riempitivi e con i fisiologici errori
sparsi (ad esempio, se Pinocchio non può mentire – o una roba del genere – non
avrebbe potuto partecipare alla truffa pedofila ai danni del giornalista
impiccione).
La lentezza dell’inizio si è
rivelata la necessaria fase di posizionamento di elementi sulla scacchiera,
visto che i personaggi in gioco sono tanti e molti hanno varie agende segrete
da portare a compimento, anche se lo stile di scrittura di Willingham a volte
si perde su dettagli non indispensabili per l’economia delle storie, che spesso
vorrebbero essere divertenti ma non mi hanno fatto sorridere quasi mai.
La saga tocca il suo picco
qualitativo con la sconfitta dell’Avversario e alcuni degli episodi successivi;
circa fino al numero 80, direi. Il mega-crossover non era poi malaccio se preso
dalla giusta angolazione, e la RW Lion ci ha anche fatto il favore di presentarci
tutte le testate coinvolte nel bonellide. Poi però è una spirale desolante di
minchiate. La parte peggiore sono ovviamente gli episodi con la pseudo-squadra
di supereroi, che si innestano però nel fenomeno più ampio delle serie vittime
del loro stesso successo. Una volta che il nemico principale è sconfitto e i
nodi principali della serie sono sciolti, come si può continuare a mantenere
vivo l’interesse del lettore? Semplice: inventandosi nuove minacce di cui
quelle precedenti erano solo appendici o pallidi riflessi. È un fenomeno
fisiologico della letteratura popolare, e persino XIII di Van Hamme non ha potuto sottrarvisi. E da lì le altre
pecche di Fables sono state
impietosamente sottolineate.
Nel caso di Willingham c’è il
discorso che i suoi riferimenti alla cultura pop non sempre sono felici, né il
suo umorismo un po’ bambinesco può essere gradito a tutti. A questo va aggiunto
che il bravissimo Medina che in origine si alternava con Buckingham viene
presto sostituito in toto da
quest’ultimo. Tra ostentati rimandi kirbyani, anatomie squadrate e di dubbio
gusto e la conclamata incapacità di disegnare una donna di profilo,
contribuisce non poco a raffreddare l’entusiasmo per una serie che già si
avviava verso un triste Viale del Tramonto. E così da quel punto in poi lo
stile lento e volutamente tronco e allusivo di Willingham non è servito ad
altro che ad allungare l’agonia di Fables.
Tutte le sue trame sono dei coiti interrotti: già alcune storie brevi sui vari
speciali davano l’impressione di essere troppo
brevi, ma lì la frammentarietà era fisiologica anche se percepivo che “mancava
qualcosa” o che alcune fossero state troncate grezzamente. Da circa metà saga
in poi Willingham cura la costruzione di situazioni e personaggi lasciando
intendere che alla fine succederà chissà che cosa ma poi tutto si risolve in
una bolla di sapone. Addirittura il twist che chiude la saga con lo scontro tra
le due sorelle sembra qualcosa di risolto in fretta e furia per chiudere
finalmente la serie. Ed è un peccato, perché lavorandoci sopra si sarebbe
potuto ricavarne una discreta vicenda partendo da quell’idea che è piuttosto
intelligente.
Negli Stati Uniti Fables ha avuto un grande successo,
generando spin-off, albi speciali e almeno un videogame. Ed è durata ben 150
numeri. Ovviamente il successo non è necessariamente indice della qualità di un
prodotto, tanto meno negli States. Persino Frank Miller in America ha avuto
successo, scopiazzando alternativamente i manga, gli scrittori hard-boiled e
Alberto Breccia: questo perché negli Stati Uniti qualsiasi cosa esuli dal
classico supereroe può avere un insuccesso micidiale o essere adorato come
geniale. Basta poco, perché il pubblico statunitense oltre ai comic book di
supereroi non va: a Gaiman e a Miller è andata bene, ma tanti altri prodotti
altrettanto se non più meritevoli non hanno avuto lo stesso successo, mai come
in questo caso frutto di elementi fortuiti. Una celebrità che dice di leggere
il tuo fumetto, una recensione entusiastica a priori solo perché il fumetto
esula dalla consueta formula abusatissima, delle copertine spettacolari che
ammaliano e influiscono sul giudizio… Willingham ha decisamente avuto una bella
botta di culo, anche se forse è stato pure bravo a intercettare un certo rinato
interesse per i protagonisti e le ambientazioni delle fiabe, testimoniato dalle
varie serie televisive (Grimm, Supernatural e ovviamente C’era una volta) che nacquero in
contemporanea o poco dopo il fumetto.
Ignoro cosa faccia Bill
Willingham adesso, ma immagino che sia molto meglio di Fables, almeno del suo ultimo periodo.
Si, ma io non ho capito se i cicli finali della serie ti sono piaciuto o no!!!!!
RispondiEliminaA parte gli scherzi, io ho letto solo i primi tre o quattro e c'erano diverse cose interessanti, ma la stanchezza prendeva via via il sopravvento già a quei tempi.
Credo comunque sia la prima volta che leggo un tuo post con una stroncatura tanto accesa :)
In ogni caso, se ti interessa, Willingham si è perso in qualche progettino con la Dynamite e la First Comics e di lui non si sente parlare da un po' (e tu dirai che un motivo ci sarà).
P.S.: Ovviamente io non farei mai un parallelo tra la carriera di scrittore di Willingham e quella di Gaiman o Miller, ma ho capito cosa intendi dire.
Luigi, bentornato! Credo che non manchino qui sul blog requisitorie più accese di questa. Ovvio che se uno conosce i suoi polli se ne tiene ben lontano (Oblomov ristampa Scozzari?! Ma sono matti?), ma una volta cominciata una serie spiace non finirla anche se il sentore della disfatta c'è ed è palese.
EliminaBel pezzo e devo dire che più o meno concordo con quello che scrivi, alla serie avrebbero giovato una sessantina di numeri in meno e il taglio di alcune divagazioni superflue. Inizialmente, anche io sugli albi a colore della Magic, avevo apprezzato parecchio l'avvio della serie che ho ripreso poi anche io in economica. Intanto questa versione purtroppo non rende giustizia alle tavole, poi con i tempi Lion più o meno tutto potrebbe risultare una purga. Comunque si perde il fuoco con il passare dei numeri e l'impressione dello svacco si fa largo a gomitate. Dentro però cose buone ce ne sono state. Ne approfitto per salutare Luigi :)
RispondiEliminaForse a causa del successo avrenno costretto Willingham a proseguire oltre alla conclusione prevista. Se non sbaglio è successa la stessa cosa a Shade di Milligan e in fondo anche per XIII è andata così.
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