Progetto forse apparentabile
all’ormai classico Batman Black &
White, in cui autori ospiti provenienti da altri contesti fumettistici
danno la loro interpretazione dell’Uomo Pipistrello. Stavolta il discrimine è
stata la nazionalità, con delle presenze impensabili (almeno per me): Repubblica
Ceca, Cina, Turchia, Corea del Nord…
Aprono le danze Azzarello e
Bermejo con una di quelle “storie” tipiche dei supereroi in cui non si racconta nulla ma si riassume, in questo caso le varie
vicende di Batman. Perdonabile in quanto serve da introduzione a tutta
l’operazione e ovviamente per i meravigliosi disegni di Bermejo.
Il tour inizia dalla Francia,
dove Mathieu Gabella e Thierry Martin raccontano un incontro/scontro al Louvre
tra Batman e Catwoman. Sembra una barzelletta tirata per le lunghe, anche se
l’identità della nuova curatrice del museo scuote un po’ la lettura. Disegni
inadatti, a tratti sembrano un po’ svogliati.
A rappresentare la Spagna c’è
nientemeno che il grande Paco Roca. Bruce Wayne si concede una vacanza in
Spagna per riprendersi dalla fatica di essere Batman, ma ovviamente non è così
semplice. Curioso che Paco Roca mostri come ristorante tipico spagnolo anche
una pizzeria! Per quanto sia bravissimo a raccontare per immagini, non mi è
sembrato proprio al top. Sarà l’uso del computer.
Niente male il contributo
italiano di Bilotta e Mari. La storia mette in scena un villain originale col potere di vedere nel futuro e nel passato,
cosa che ovviamente offre allo sceneggiatore l’appiglio per giustificare un po’
di metanarrazione. Se però l’idea era quella di far rileggere la storia
partendo dalla fine, come in quell’episodio di Midnighter scritto da Brian K. Vaughn, non mi sembra che funzioni
molto bene.
Molto buona la storia tedesca,
con un Joker ecoterrorista. Benjamin von Eckartsberg scrive una storia tesa ma
anche percorsa da dialoghi brillanti, inoltre non risparmia delle stoccate
autoironiche verso i suoi connazionali. Originale il finale. Non mi sono
piaciuti molto i dipinti digitali di Thomas von Kummant, però.
I cechi Kopřiva e Suchánek ci
portano nella Praga del 1984 dove Batman deve sventare i piani di uno “stregone
bolscevico” che vuole usare un telepate sottratto all’Arkham Asylum come arma
contro l’Occidente. Non che la storia sia poi nulla di eccezionale, però è
condotta con misura e professionalità e si fa leggere.
L’episodio russo è quello che mi
è piaciuto di più. Batman fa solo una comparsata e il vero protagonista è un
fumettista russo che ricorda la sua infanzia e l’impatto che la figura del
supereroe ebbe nella sua vita. La struttura sembra essere stata pensata apposta
per farsi odiare: ci sono un sacco di didascalie e i disegni spesso si limitano
ad illustrarle, però alla fine il meccanismo funziona bene. La storia (scritta
da Kirill Kutuzov e Egor Prutov) è a tratti commovente, anche se non manca un
po’ d’ironia, e costituisce anche un’interessante testimonianza di come fossero
percepiti i supereroi (e per estensione l’Occidente) nella Russia
pre-Gorbaciov. Molto belli i disegni di Natalia Zaidova.
L’episodio turco è più canonico,
un’indagine in Anatolia sulle tracce di un traffico d’armi. La storia di Ertan
Ergil è interessante, ma avrebbe meritato di essere sviluppata maggiormente –
pur se è la più lunga del volume. Accettabili i disegni di Ethem Onur Bilgiç, ma
c’è tanto, troppo computer (il cancello della Grande Moschea di Sivas è irreale
da tanto è simmetrico). Potrebbe forse trattarsi di una storia pensata per una
serie regolare e poi dirottata in questa sede per la nazionalità degli autori,
visto che comincia in medias res e il
finale lascia intendere ulteriori sviluppi.
Anche la storia ambientata in
Polonia è abbastanza canonica: Bruce Wayne si reca a Varsavia nella speranza di
finalizzare l’acquisizione di una società di sorveglianza elettronica che ha
ridotto il tasso di criminalità nella città. La proprietaria è reticente, ma ci
penserà Batman a farle cambiare idea. Tomasz Kołodziejczak scrive con un certo
trasporto, i disegni di Piotr Kowalski (gradevoli senza essere eccezionali) sono
purtroppo parzialmente rovinati dai colori “sparati” di Brad Simpson.
Si torna poi sul continente americano
con una storia ambientata in Messico realizzata da Alberto Chimal e Rulo
Valdés. Il soggetto flirta col sovrannaturale scadendo nel banale, i disegni cercano
di essere spettacolari ma la profusione di effettacci digitali finisce per
sottolineare le carenze di base di Valdés.
Poco meglio l’episodio brasiliano
di Carlos Estefan e Pedro Mauro: sempre approfittando del doppio ruolo di Bruce
Wayne e Batman ci viene mostrata la corruzione del paese e quali conseguenze
porta, dimostrando però quanto siano inadeguati i fumetti di supereroi a
trattare certi temi. Mauro comunque disegna più che dignitosamente.
Si passa poi all’Asia: il
sudcoreano Inpyo Jeon imbastisce un soggetto originale con Batman impegnato a
recuperare una tecnologia che permette di acquisire i ricordi delle persone,
avvolto in un nuovo costume tecnologico. Prima del finale c’è un efficace colpo
di scena. Jaekwong Park si occupa delle parti a colori mentre al virtuoso
Junggi Kim viene affidata l’unica, spettacolare e dettagliata, doppia tavola in
bianco e nero.
Quasi da dimenticare l’episodio
cinese (a firma Xu Xiaodong, Lu Xiaotong e Qiu Kun), un anime su carta. Al di là dello stile grafico che mi ripugna, la
trama è banale.
Curiosamente, ho invece gradito
l’episodio giapponese di Okadaya Yuichi. Ambientato qualche secolo fa, mostra
le tribolazioni di alcuni venditori di giornali osteggiati dalla polizia che
non vuole che vengano diffuse le gesta di Batman, che li mette in cattiva luce.
Alla fine il vero eroe è il disegnatore che ritrae Batman.
Non conoscendo molto della
mitologia batmaniana potrei forse essermi perso qualcosa per strada, o forse
(peggio ancora) potrei aver attribuito delle felici intuizioni ad autori che
invece hanno solo approfittato di materiale preesistente. Credo che il Giano di
Bilotta sia una sua creazione originale, ma se non lo fosse? E il Koval degli
autori cechi? E le due gemelle Aquile dei turchi? Non è una questione secondaria,
perché il formato imposto dalla brevità delle singole storie, quasi tutte di
dieci tavole, non consente tanti margini di manovra e una maniera per cavarci
fuori qualcosa è appunto quella di inventarsi un personaggio nuovo che con la
sua presenza desti un po’ d’interesse per una trama che gira e rigira è sempre
quella, cioè si basa sulla struttura di quelle tre o quattro trame già
codificate.
In Batman Black & White si videro tanti spunti originali, quando non
proprio dei tocchi di genio, mentre ne Il
Mondo sembra che gli sceneggiatori abbiano voluto far vedere quanto
conoscono Batman e come sono bravi a scriverne una storia che potrebbe essere
pubblicata normalmente – fanno eccezione l’iconoclasta Yuichi e un po’ Paco
Roca. Ed è illuminante in tal senso il fatto che dalle biografie di molti
autori, soprattutto di quelli dell’Est Europa, risulti che non si occupano
affatto di fumetti, o comunque non come attività principale. Questa omologazione
si coglie anche in molti disegnatori: Natalia Zaidova ad esempio probabilmente
ammira Neal Adams, Kowalski mi sembra ispirato a Craig Russell, Pedro Mauro a Brent
Anderson e Suchánek a Chris Sprouse. E non conoscendo molto l’ambiente dei comic book chissà quanti altri
riferimenti non ho colto.
Solitamente per i volumi
collettanei si cita come difetto l’inevitabile alternarsi di alti e bassi. Ce
ne sono anche qui, chiaramente (gli episodi meno riusciti per me sono il
francese e il cinese, mentre il russo svetta seguito da Italia, Germania e
Giappone), ma nel caso de Il Mondo è
più rilevante il fatto che la maggior parte delle storie siano invece… “medie”,
non abbiano cioè quel lampo di genio o quel minimo di originalità che le elevi
dal canone e ne giustifichi l’apparizione su uno speciale fuori collana invece
che su una delle testate ufficiali. L’acquisto è comunque consigliato visto che
la Panini vende questo volume di 192 pagine all’incredibile (dati i recenti
rincari pesantissimi) prezzo di 12 euro.