venerdì 18 febbraio 2022

Les Eaux de Mortelune volumi 6-10

Come si poteva riprendere la serie dopo il finale disperato e nichilista dell’ultimo volume? Cothias ce la fa senza imbrogliare poi troppo.

Mille anni dopo gli eventi della prima pentalogia una nave spaziale è in rotta verso Plutone e il suo equipaggio viene catturato dal sogno latente di Nicolas che gli è sopravvissuto, e che ha fatto rinascere tutti gli altri personaggi della saga, compreso il Duca Malik che è riuscito a ottenere un’autonomia propria al di là del sogno e quindi (fuso con l’intelligenza artificiale dell’astronave) torna a sfidare Jèrôme, Violhaine e gli altri personaggi redivivi a cui si aggiunge la ciurma della nave spaziale. In sostanza è il soggetto del terzo episodio di Druuna.

Tra gli umani della navetta ci sono anche una bestiolina aliena chiama Puce che immagino essere un omaggio a Zig et Puce, fumetto storico francese. Di sicuro un omaggio alla BéDé lo è Alfred, il pinguino/robot di bordo che si chiama come il personaggio che è stato trasfigurato nel premio che danno ad Angoulême.

Un mondo onirico, dicevo: Cothias modifica la caratterizzazione di alcuni protagonisti (gli stronzi non sono più così stronzi), mutila i suoi personaggi e poi li rigenera, li ammazza e poi li fa tornare in scena. Tanto è tutto un sogno. Almeno con questa scusa Pancrasse può avere il moncherino su una mano o sull’altra senza dover sottostare a nessuna logica. Alfred, però, passa alternativamente da quattro a cinque dita per “mano”, e lui dovrebbe essere un personaggio “reale”, per quanto ci si possa chiedere se un robot riesca effettivamente a sognare.

La vicenda è un tale coacervo di false partenze e riposizionamenti che anche stavolta Cothias tira fuori dal cilindro una cosa mai citata prima pur di far procedere la storia da qualche parte: a metà del ciclo, nell’ottavo volume, salta fuori che Paule (una delle astronaute) è incinta di una creatura aliena. Ma nell’episodio successivo la cosa si sviluppa in maniera differente e Les Eaux de Mortelune diventa il Bilbolbul di Mussino, coi personaggi che rendono concrete le loro frasi idiomatiche. Il tutto mentre l’umorismo greve di Cothias si fa sempre più greve. Mio dio…

La saga si conclude come il disastro ferroviario che annunciava di essere, con citazioni ingombranti fuori luogo (da Lovecraft a Proust) e tentativi velleitari dello sceneggiatore di attirare l’attenzione del lettore alzando sempre di più la posta, col risultato di dare l’impressione di non sapere in che direzione andare, cosa probabilmente vera, finendo nella psicanalisi spicciola che porta a un bel resettone di tutta la saga… cosa che sarebbe pure stata interessante se condotta con maggior criterio e le idee chiare sin dall’inizio.

I disegni di Adamov si sono purtroppo fatti più semplici. È ancora uno spettacolo e a tratti la sua sintesi mi ha ricordato Juillard, ma certi virtuosismi si sono persi, nonostante la storia permettesse di sbizzarrirsi in architetture e panorami alieni. Oltretutto non si colora nemmeno più da solo, ma quel compito è demandato a J. J. Chagnaud. E il lettering fatto col computer a volte è tremendo.

In definitiva questo secondo ciclo è veramente caotico e strutturato male, ma se neanche il primo brillava per coerenza stavolta sembra quasi realizzato controvoglia. D’altra parte se ne può godere lo stesso abbandonandosi alla follia di Cothias (il primo a non prendersi sul serio) tanto più che stavolta i molteplici buchi nella sceneggiatura sono quasi giustificati. Ma forse lo dico solo per non rimpiangere il tempo perso a leggere questo guazzabuglio. Non saprei dire se è veramente tanto peggiore rispetto al primo. Si tratta di due bruttezze diverse e difficilmente paragonabili.

Nessun commento:

Posta un commento