Mi ha sempre incuriosito l’altro vincitore di quel sondaggio che fece la DC decenni fa per decidere a quale personaggio secondario dedicare una miniserie. Alla fine mi sono tolto la curiosità.
La vicenda comincia in medias res con l’assassinio di un beatnik che spira tra le braccia del protagonista dopo aver pronunciato frasi apparentemente senza senso – beh, è un beatnik. La storia è ambientata alla fine degli anni ’50, quando il Sogno Americano comincia a incrinarsi e già questo è uno spunto interessante. Nella sua identità civile (detective della polizia di Denver) il marziano J’onn J’onzz si trova a New York per una convention dell’Arma. Qui assiste a fenomeni inquietanti e addirittura mortali che riguardano quiz televisivi, telefilm, il business dei joke box e altri capisaldi americani dell’epoca, tra cui anche i fumetti. Pare ci sia un complotto ordito da lucertole aliene, ma alcune persone dalla sensibilità molto sviluppata, come appunto i beatnik, possono vedere oltre il velo che nasconde le loro vere sembianze. Gerard Jones riesce a creare un palpabile senso di paranoia, facendo dubitare il lettore di quello che effettivamente sta succedendo. Ok, c’era già stato Essi Vivono di John Carpenter ma l’idea resta comunque valida e molto ben condotta.
E così il “detective” John Jones scappa da New York insieme a un giovane idolo canterino e a una attrice bambina vittima di abusi, per finire in una cittadina residenziale troppo perfettamente aderente al Sogno Americano per non destare qualche sospetto. Di nuovo in fuga, il marziano J’onn J’onzz (praticamente un Superman verde mutaforma la cui kryptonite è il fuoco, e può anche diventare invisibile) mette insieme tutti gli indizi sparsi per la vicenda e si dirige a Cuba prossima alla rivoluzione dove in una località segretissima verranno sciolti tutti i nodi.
Il bersaglio principale di Segreti Americani mi è sembrato inizialmente il Maccartismo (che viene citato esplicitamente) ma in realtà propone uno sguardo disincantato più generalizzato sul capitalismo e l’American Way of Life. Anche l’industria dei supereroi non ne esce proprio benissimo (anzi) e persino i personaggi stessi dei comic book si rivelano pedine del piano generale, per quanto suscettibili di redenzione finale una volta che il protagonista arriva a capo del mistero e risolve la situazione – immagino che la rappresentazione del Dr. Midnight esuli dal canone della DC Comics. Nonostante certe concessioni finali al sensazionalismo tipico del genere supereroistico (anche se la storia inizialmente oscillava tra noir e fantascienza) Segreti Americani si legge con piacere e presenta situazioni anche molto drammatiche che nel 1992 nobilitavano un fumetto e che oggi probabilmente non sarebbero proponibili. E il tutto reso con un protagonista piuttosto ridicolo, che però proprio in virtù della sua stranezza (un Superman verde la cui kryptonite è il fuoco, oltretutto con una dipendenza da una marca di biscotti!) risulta ancora più “alieno” agli Stati Uniti, concetto più volte ribadito da Jones anche in riferimento ad altre figure non allineate col sistema che compaiono nel fumetto.
Alle matite (e chine) Eduardo Barreto, un disegnatore argentino che tra le altre cose disegnò anche parte del Kayan di Robin Wood. Non è che sia proprio un mostro di bravura e sul finale perde ulteriormente colpi probabilmente a causa delle scadenze pressanti, infatti in calce all’ultima tavola firma insieme a un «G. Fernandez» che probabilmente gli avrà fatto da assistente. Tra primi piani a volte un po’ sballati, anatomie ipertrofiche e disegni privi di troppi fronzoli, diciamo che almeno è riuscito a rappresentare con una certa efficacia il contesto degli anni ’50. Menzione speciale per il colorista, il mitico Steve Oliff, che ha fatto un ottimo lavoro in un’epoca in cui i retini tipografici erano ancora la norma.
Nessun commento:
Posta un commento