Ignoro i motivi che mi hanno spinto finora a leggere le storie di Spider-Gwen o Ghost-Spider o come diavolo si chiama, ma questo ciclo potrebbe finalmente farmi desistere dal continuare. Non tanto per i testi che non sono malaccio, quanto per i disegni atroci.
Gwen parte in tour con la Mary Janes che faranno da apertura ai concerti di Dazzler (ovviamente il cast della sua band è un florilegio di personaggi Marvel trasfigurati in questa Terra-65). La vera ragione del suo ingaggio non è però la sua capacità come batterista, o almeno non solo quella: l’identità segreta di Spider-Gwen è nota e visto che Dazzler ha subito le attenzioni di uno stalker che le ha rapito una sorella e una componente della band fungerà da esca per il malintenzionato, che infatti già al primo concerto le manda contro un Hulk.
Dopo qualche rapimento (e qualche apparizione di nuove versioni di personaggi Marvel) si scopre l’identità del manigoldo, personaggio-chiave del mondo canonico Marvel qui simpaticamente reso come uno scienziato pazzo che adora Dazzler perché con le sue canzoni gli ha dato lo stimolo a continuare le sue ricerche su mutanti e affini. Inevitabilmente si finisce con un bel po’ di mazzate (ma principalmente tra Spider-Gwen e la sua amica “Em Jay” diventata Carnage) però la risoluzione della storia con la comparsa di un personaggio speculare a quello classico è molto originale. Sarebbe lodevole anche il retrogusto amaro del finale della miniserie di quattro, se non fosse che la trama si conclude in uno speciale dai toni decisamente più leggeri, quasi umoristici, che se ho ben capito funge da apripista per l’arrivo dei Sinistri Sei di questo universo. Per giustificare il titolo di “Giant-Size” Spider-Gwen l’albo originale contiene anche la ristampa di una vecchia storia a opera di Jason Latour e Robbi Rodriguez, di difficile comprensione per chi non fosse già pratico con la serie.
Ora, non è che tutto fili proprio liscio nella storia: ad esempio non capisco come faccia Dazzler a creare costrutti materici se il suo potere dovrebbe essere quello di trasformare i suoni in luce. I flashforward possono confondere il lettore. Carnage che prende possesso di Mary Jane è frutto dell’esposizione ai raggi gamma come detto a un certo punto oppure il simbionte è sempre stato dentro di lei come riportato altrove? Em Jay ha una cotta per la protagonista o sono io ad aver frainteso certi dialoghi?
Però nella maggior parte dei casi si tratta di questioni che per un habitué della serie probabilmente non costituiscono alcun problema, perché sono state già sviscerate in altri episodi. Per contro, Melissa Flores imbastisce una trama che tutto sommato si regge in piedi, azzecca un paio di dialoghi divertenti e soprattutto piazza dei bei colpi di scena. Confesso che l’identità del primo Hulk è stata una sorpresa per me, nonostante non mancassero gli indizi, e la trasformazione finale del “cattivo” giocata sul ribaltamento degli stereotipi è stata una maniera ancora più originale ed elegante di risolvere la situazione. La Flores manco ci mostra lo scontro tra di lui e le eroine che lo combattono, quasi a ostentare di non voler “timbrare il cartellino” degli stereotipi del genere.
Purtroppo però digerire i disegni di Enid Balám (inchiostrata da Elisabetta D’Amico) è difficile. Non saprei dire se con la sua deformità spigolosa e indecisa è peggio o meglio di Humberto Ramos, che almeno è coerente con il suo stile. E gli effetti con cui cerca di rendere il movimento delle bacchette di Gwen sono tremendi. La cosa incredibile è che Alba Glez del Giant-Size (sempre inchiostrata da Elisabetta D’Amico) è riuscita addirittura a fare peggio!
Come al solito, le cover di David Nakayama ritraggono la protagonista come una pin-up invece che come l’adolescente che è. La copertina dello speciale è invece opera nientemeno che di Bryan Hitch, e rispetto ai suoi ultimi lavori non è affatto male. Bella consolazione.
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