Dopo essersi riallacciato al cliffhanger con cui era terminato lo scorso numero questo volume introduce un lunghissimo flashback in cui vengono svelate abbondanti parti del retroscena. Scopriamo che gli emissari di Shawn non avevano proprio delle intenzioni benefiche nel bloccare la Kang Turing, di cui non volevano distruggere la macchina infernale ma impossessarsene. Inoltre (ma forse questo ero io a non averlo capito) non è che il fattore scatenante dei viaggi nel tempo fosse l’uccisione del suo antagonista Ferris, ma la morte di qualsiasi essere umano: inizialmente Shawn non osava nemmeno fare del male a una mosca per evitare di naufragare in altre epoche, pensando che anche gli animali potessero attivare il fenomeno.
Riprendendo il primo scontro con Ferris vediamo quindi una breve carrellata di lotte ambientate nel futuro, nell’Inghilterra medievale, nella Germania nazista per finire negli States del 1950 da cui (alcuni anni dopo) era cominciata la narrazione. Scopriamo così che le azioni compiute si riverberano nelle altre linee temporali: ucciso Hitler, non ne rimane traccia nel XX secolo.
L’espediente narrativo è quello non proprio originalissimo del protagonista in punto di morte che rivede tutta la sua vita, ma il colpo di scena finale fa tornare tutto in carreggiata e apre a scenari inediti con un apparente cambio di campo.
Anche se più misurato che nel primo volume (ci sono meno “salti”), Lee Bermejo si dedica anche qui a caratterizzare ogni periodo storico con uno stile differente. Uno spettacolo, certo, ma io ho gradito di più le parti meno appariscenti in cui Bermejo dimostra la sua maestria nel tratteggio, come la più canonica sequenza quasi supereroistica colorata da Grant Goleash. Questione di gusti, e qui ce n’è per soddisfarli tutti.
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