giovedì 13 febbraio 2020

Le Storie 89: La Giungla Nera

Ho preso questo numero de Le Storie irretito dall’intervista a Dante Spada sull’ultimo Fumo di China corredata da splendide immagini delle tavole a mezzatinta.
La vicenda è ambientata a Calcutta nel 1860 e forse, da quanto si legge nell’introduzione di Gianmaria Contro, potrebbe essere il seguito di un precedente numero della collana, ma è comunque perfettamente leggibile a se stante. Contro spiega anche di non voler incorrere nelle «ire degli anti-spoileristi più sfegatati» (visto, Gianni? così si fa) e pertanto non anticipa di chi sono le comparsate eccellenti che vedremo nel fumetto. D’altra parte non ci vuole molto intuito per capire di chi si tratti considerando il titolo.
Il giovane ispettore Cuthybeart viene spedito in India dove, nonostante la pessima impressione iniziale che fa ai maggiorenti locali a causa della sua goffaggine, riesce a risolvere il caso di una ragazza scomparsa. Ma il rinvenimento della ragazza è solo il primo tassello di un mosaico ben più grande, di un complotto in cui si troverà invischiato Cuthybeart sfidando alcuni dei potenti locali. Per sua fortuna, può contare sull’aiuto delle comparsate eccellenti di cui sopra.
I dialoghi di Paolo Morales (che io ricordo ancora come dignitoso clone di Mandrafina a metà anni ’80) sono talvolta pomposi ed enfatici forse per assecondare il tono della letteratura a cui fa riferimento, il ritmo della narrazione è invece scattante e moderno. Senza didascalie, si appoggia anche su stacchi vertiginosi che creano dei begli effetti incalzanti o persino umoristici, vedi il passaggio da pagina 11 a pagina 12.
Dal punto di vista grafico, i disegni non deludono le aspettative delle anteprime su Fumo di China. Spada ha usato una mezzatinta che a volte sembra essere stata integrata da qualche sfumatura di matita. I suoi personaggi sono espressivi e dinamici, ed è molto bravo a disegnare gli animali. Più che l’auspicata ristampa in grande formato citata sulla rivista, credo che le sue tavole trarrebbero più beneficio da una carta migliore: mi pare che proprio su Fumo di China, per quanto ridotte di formate, rendessero di più.
L’unico aspetto che inizialmente mi convinceva poco di questo albo era la copertina di Aldo Di Gennaro: sicuramente realizzata con maestria ma apparentemente fuori fuoco rispetto alle azioni salienti del fumetto. In realtà rappresenta una buona sintesi di quello che il lettore si appresterà a leggere, anche senza raffigurare il protagonista.

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