martedì 29 dicembre 2020

The Dollhouse Family: La Casa delle Bambole

Se non altro lo sceneggiatore M. R. Carey è stato onesto e ha anticipato sin dall’inizio che questa storia di fantasmi e possessioni ha una base pseudoscientifica. Molto pseudo.

Nel 1979 la piccola Alice riceve in eredità una bellissima e apparentemente antica casa di bambole, uno di quei giocattoli diffusi nel mondo anglosassone in cui vengono ricreate in piccolo delle abitazioni signorili molto dettagliate. Il padre di Alice è un uomo manesco e dedito all’alcol ma grazie a una formula magica la bambina può andare a rifugiarsi nella casa giocattolo, dove i pupazzi prendono vita e giocano con lei. E dove si trova anche la Stanza Nera, un luogo tramite cui la casa stessa parla con i suoi abitanti “suggerendo” loro cosa fare una volta tornati al mondo reale. Siccome il consiglio prontamente accolto è quello di ammazzare suo padre, colpa che ricadrà sulla madre, Alice passerà i primi anni della sua vita in giro per case famiglie e istituzioni simili.

Nel mentre, o meglio 150 anni prima, Joseph Kent esplora in Irlanda una caverna sconosciuta, rinvenendo una creatura colossale e cedendo alla lussuria con una ragazza che si trova nella stessa caverna. La narrazione procede parallela e mentre Joseph ha miracolosamente un figlio dalla moglie ufficialmente sterile (che muore nel parto) Alice cresce, diventa una veterinaria e ha anche lei una bambina, nata dopo un “incidente” con un preservativo. Nemmeno la pillola del giorno dopo funziona: a quanto pare deve per forza nascere una nuova creatura, proprio com’era accaduto con Joseph… La casa delle bambole ricompare poco prima che Alice e sua figlia Una rimangano mutilate in un attentato, e alla fine la protagonista si decide a farla finita con quell’entità che vuole manipolarle per i suoi scopi.

Pur nascendo negli Stati Uniti The Dollhouse Family non è certo la classica storia di supereroi (si vedono persino delle donne nude! Inconcepibile!) però ricorre comunque agli stereotipi del genere: i cliffhanger, alcune battutine cool, la preparazione per lo scontro finale, la creazione di una nemesi, addirittura la retcon… Il suo intento di essere qualcosa di diverso da un fumetto mainstream è quindi riuscito solo in parte, inoltre il ritmo è sin troppo sincopato con sequenze molto lunghe frammiste ad altre che avrebbero meritato un minimo di approfondimento (Jake accetta la sua paternità senza colpo ferire, per limitarsi a un esempio). Carey ha messo un po’ troppa carne sul fuoco e tra riferimenti alla tradizione gaelica e ai gruppi suprematisti bianchi avrebbe sicuramente tratto beneficio da qualche capitolo in più oltre ai sei di cui è composto questo fumetto. Come anticipato, la spiegazione del mistero è pseudoscientifica o meglio pseudorazionale. Ma anche il ricorso alla fantascienza per spiegare il nucleo della storia non copre del tutto certi buchi logici. Più che altro, il lavoro di Carey è apprezzabile per aver architettato una storia in cui tout se tient, spargendo indizi nel corso di tutti e sei gli episodi.

I disegni sono opera di Peter Gross con “rifiniture” di Vince Locke. Non è che queste ultime abbelliscano più di tanto il comparto grafico, che è piuttosto abbozzato e che l’accumulo di segni e segnetti rende a volte ancora più confuso. Qualche volta si fa fatica a distinguere un personaggio da un altro, e se le pupille non sono uniformemente nere ma solo tratteggiate gli sguardi diventano assenti e i personaggi inespressivi. Ogni tanto affiora anche qualche sproporzione anatomica. Le sequenze nella Stanza Nera sono invece molto efficaci, perché il tratteggio ricorda quasi delle incisioni; ma purtroppo queste sequenze sono pochissime.

Non si può certo dire che The Dollhouse Family sia un brutto fumetto, ma la cosa che ho apprezzato di più sono le suggestive copertine fotografiche di Jessica Dalva.

8 commenti:

  1. E' uno dei fumetti di Joe Hill - figlio di Steve King - da quel che vedo in copertina. Carey e Gross - se non ricordo male - hanno lavorato prima alla serie Vertigo Lucifer - spin off di Sandman che ha avuto tanto successo da portare alla serie tv che guarda Crepascola e che ha pochi punti di contatto con il fumetto - e poi a The Unwritten in cui mi pare che uno scrittore di bestseller abbia creato una serie di successo simil Harry Potter in cui precipita il figlio che era stato la sua musa in un gioco di rimandi. Peter Gross ha un tratto di sintesi che giurerei non è la tua tazza di tea e la predilezione per temi religiosi - con Millar ha raccontato anche la storia di un giovane Anti-Cristo negli USA oggi - e probabilmente Vince Locke ( Una storia Violenta da cui il film di Cronemberg ) è stato scelto per spezzare e rendere cinetico un segno forse troppo grafico. Da quello che dici, sembra una buona storia. Non so se la pseudo scienza sia consigliabile oggi. Temo di essere diventato radicale al riguardo. Non riesco ad ascoltare il song Non è Possibile de Il Genio perchè per me siamo andati sulla Luna e non riesco a rileggere Chi non muore di Morozzi perchè non credo nei ritorni dall'aldilà. Ieri ho trovato Topolino nella cassetta della posta e non sono riuscito a leggerlo dopo il crepuscolo, come al solito, perchè comincio a non credere negli animali antropomorfi. Brr. Ciao

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  2. In un certo senso: DC ha creato una ulteriore label for nature readers con i fumetti nati da idee di Hill, come aveva fatto 25 anni fa la Marvel col cosiddetto Barkerverse cioè i supereroi nati dalla fantasia del papà di Hellraiser o come aveva fatto all'inizio di questo secolo la Top Cow di Mark Silvestri con i Joe's comics di Strazinscki. Non tanto Vertigo quanto tante vie al fumetto alternativo, ma non troppo. Come passare dai film dei Russo a quelli di Nolan.

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  3. Giusto. La fine dell'anno risveglia la maestrina dalla penna rossa che sonnecchia in molti di noi.

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  4. Dopo la pioggia viene il sereno/ brilla nel cielo l'arcobaleno.

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    1. Ah, guarda: anche dopo un terremoto. Così è successo quand'ero a Gorizia per lavoro martedì e al ritorno c'era appunto un arcobaleno.

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