giovedì 30 marzo 2023

E alla fine muoiono

Non si tratta di un’opera di fiction ma di un saggio a fumetti che indaga su quanto le fiabe abbiano subito dei rimaneggiamenti (talvolta per ragioni ideologiche) nel corso dei secoli, e di come possano essere sia un meccanismo con cui imporre modelli di comportamento che uno specchio che riflette la società che ne tramanda una versione piuttosto che un’altra.

Tendenzialmente non è il mio genere di BéDé preferito, ma l’opera si fa apprezzare per l’ironia dell’autrice e il grandissimo lavoro di documentazione che si è tradotto in un profluvio di note (che sarebbe stato meglio mettere in calce alle tavole, dannazione…).

Sfilano così le “vere” versioni di Cenerentola, Biancaneve e compagnia insieme ad altre meno conosciute e di natali più esotici (ma la stessa Cenerentola sarebbe di origine cinese!). Ciò offre all’autrice la possibilità di effettuare anche delle digressioni molto interessanti sul diritto d’autore, sul ruolo della letteratura popolare, sui canali di diffusione di un’opera, sull’evoluzione di costumi e società.

La tentazione di riportare almeno alcuni degli aneddoti è forte visto quanto sono gustosi, ma non vorrei rovinare la lettura a nessuno – alcuni dettagli splatter delle versioni originali delle fiabe si possono d’altronde desumere già dalla copertina. Segnalo solo come Lou Lubie riesca a mantenere una lodevole equidistanza sia dal maschilismo sotterraneo che dalla cancel culture, stigmatizzando entrambi, così come parla senza pregiudizi del lavoro svolto dalla Disney, che se da un lato ha introdotto un modello stereotipato delle sue “principesse” (creando il fenomeno del poop-shaming, che spero non sia così diffuso come ha scritto l’autrice!) dall’altro ha comunque mantenuta viva la tradizione di raccontare certe fiabe, pur se abbondantemente rimaneggiate, che forse altrimenti si sarebbero perse.

I disegni della Lubie non sono ovviamente spettacolari, come non viene richiesto per un lavoro di questo tipo – e come d’altra parte non mi pare sia nemmeno nelle corde dell’autrice. Simulando un’innocenza infantile il suo tratto è leggero e sintetico, più che sufficiente per lo scopo preposto e solo occasionalmente più elaborato, come nelle rarissime vignette in cui imita altri stili di disegno più affini alle illustrazioni classiche dei libri per l’infanzia.

Coerentemente con l’oggetto dell’analisi, il volume è confezionato come un libro di fiabe, cartonato e con una doratura sui margini delle pagine (248, per la cronaca, a colori e su carta patinata). Il formato è però piuttosto piccolo, immagino coerentemente con la versione francese: giudicate voi se tanto sfarzo basta a giustificare i 27 euro a cui lo vende Bao.

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