Arrivando al dunque, l’adolescente Gwen Stacy/Ghost-Spider vive con una certa frustrazione la sua doppia vita di supereroina perché la allontana dalle amicizie e dall’affetto di suo padre. Ha però la capacità di muoversi nei vari universi alternativi e mi par di capire che in quello Marvel canonico 616 sia una rispettata eroina mentre nel suo è poco considerata perché i criminali sono ridicoli e non esistono vere minacce. Così decide di farsi un giro per i vari mondi proprio mentre una specie di artista o influencer del futuro, tal Finale, esegue la sua ultima performance in cui rispedirà il suo profilo indietro nel tempo per ottenere l’immortalità mediatica. Le due cose si combinano mandando in tilt il multiverso e generando nuove versioni di Spider-Gwen che si sovrascrivono ai supereroi esistenti, ognuna delle quali presenta un tratto della personalità della protagonista. E così Ghost-Spider parte per un’odissea in cui dovrà raccattare le sue ulteriori versioni alternative che avrebbero dovuto essere “interpretate” da Finale, mentre lei le sguinzaglia contro alcuni pittoreschi supercattivi tra cui un’ulteriore versione alternativa di Gwen Stacy.
In questo canovaccio non c’è la benché minima traccia di originalità ma se non prendiamo il fumetto troppo seriamente (e mi pare che lo sceneggiatore Tim Seeley sia il primo a non averlo fatto) riesce a intrattenere e anche a divertire. I personaggi buffi faranno felici i lettori più giovani, mentre i dialoghi taglienti sono godibili anche da un pubblico adulto – ma non troppo adulto, mi raccomando. Tra le altre cose, simpatica la diatriba tutta femminile sulla rappresentazione delle donne tra ThorGwen e Gwen Rogers/Capitan America, ma non mancano frecciatine agli stereotipi della Marvel.
I disegni pagano pegno all’estetica manga, ma da uno (o una) che di cognome fa Nishijima è anche lecito aspettarselo. Però quegli occhioni strabici, quei nasi ridicoli e le gocce stilizzate che ottemperano alla mancanza di espressività mi sembrano proprio una presa in giro.
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