Evviva i Fumetti della Ciopi. I miniminimus sono esserini sferici un po’ animali e un po’ vegetali. Isolazionisti, molto fertili e timorosi del mare, vivono su un’isola che si fa vieppiù angusta. La parola d’ordine è miniaturizzazione: per occupare meno spazio possibile le case, gli elettrodomestici, gli utensili e persino il cibo vengono ridotti a dimensioni minuscole, a volte quasi subatomiche.
Per tradizione i maschi possono lasciarsi delle chiome arboree mentre le femmine si potano le foglie. L’inverno è deprimente per i maschi perché la natura segue il suo corso e anche le loro foglie cadono. Per ovviare al problema viene inventato un fertilizzante dagli effetti miracolosi ma anche catastrofici: ingombranti come baobab, i miniminimus che ne hanno fatto uso o ne sono venuti a contatto vengono esiliati su degli isolotti al largo. Per non morire d’inedia sono costretti a superare la loro paura atavica e affrontano il mare aperto, incappando infine in un gigantesco ponte ancora in lavorazione dove faranno la sconcertante conoscenza con degli omologhi di segno inverso: i maximaximus che vivono su un’altra isola molto più grande dove hanno sviluppato una civiltà basata sul gigantismo. I maximaximus nutrono il proposito megalomane di costruire un ponte che circondi tutta la terra e visto che l’isola dei miniminimus si trova sulla sua strada potrebbe essere l’occasione per toglierli dal loro isolamento e convivere in spazi più grandi. Le trattative non vanno a buon fine e un fortunale si abbatte sull’isola distruggendo tutto. Miniminimus e maximaximus sapranno superare le differenze di razza e di genere per ricostruire tutto e vivere insieme? La risposta viene lasciata all’immaginazione del lettore.
Scatenato e fantasioso come solo un fumetto per bambini può essere, I Miniminimus inanella trovate e situazioni divertenti una dietro l’altra. Proprio a causa della sua natura un po’ mockumentary, però, Éléonore Douspis ha privilegiato le parti raccontate (o proprio espositive con tanto di diagrammi) a quelle prettamente fumettistiche, anche se non mancano nemmeno sequenze mute. Il suo stile di disegno è pulito, poco modulato e rigoroso, appoggiandosi su un geometrico rigore quando serve. Mi ha ricordato un po’ il Massimo Mattioli per l’infanzia ma soprattutto Ratigher. Sophie Jaulmes ha contribuito alla scrittura.
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