giovedì 10 gennaio 2019

Linus 1/2019

La frammentarietà continua a essere la caratteristica principale del Linus di Igort. Non che prima fosse tanto diverso, in ogni caso. C’è poco di tanto, e qualche volta si avverte un’impressione di incompiutezza e di sospensione dovuta alla pubblicazione forse incompleta di alcuni fumetti nell’ottica di invogliare all’acquisto del volume che ne verrò tratto. Mi è successo con Il Cammino della Cumbia, con quello di Paco Roca (ma presentandone solo una selezione mi hanno fatto un favore), il numero scorso con La lingua del diavolo e questo con Ermanno di Mazza e Campanella: queste quattro pagine sono l’introduzione di un graphic novel? Se così non fosse il senso della storia non mi è molto chiaro…
Nonostante lo spazio ridotto riservato alla parte scritta e le dosi omeopatiche delle strisce (quattro, massimo cinque pagine ognuna) non si riesce a dare continuità a tutte le proposte, stavolta ad esempio saltano la Giandelli, Deco e Tonetto – ma forse perché non hanno ancora prodotto abbastanza materiale. E anche questo contribuisce un po’ a rendere meno omogeneo da un numero all’altro questo Linus; che, chissà, magari è proprio quello che Igort vuole fare.
Il tema di questo primo numero del 2019 è la maschera, intesa in senso tanto ampio da abbracciare anche il mistero e l’esoterismo. Facendo la solita classifica dei buoni e dei cattivi, segnalo tra i primi i soliti Peanuts, Calvin & Hobbes, Literary Cartoons (che in questo numero diventano anche Science Cartoons), Mutts, Perle ai porci, Underworld, Copi e Matticchio. Qualche parola in più la meritano Carpinteri con l’intrigante inizio di una serie, Bacilieri che confeziona con JPL uno struggente gioiello usando magistralmente il non-detto (è solo una mia impressione o Capitan Biscotto somiglia a De Chirico?), Ponchione che in Ombre oscure disegna splendidamente il suo contatto con la soap opera horror Dark Shadows (ma queste due pagine fanno parte di un corpus più esteso? Sono estrapolate da un altro contesto? Frammentarietà, frammentarietà), Toffolo che col suo virtuosismo L’uomo mascherato racconta una vita senza apparentemente raccontare nulla. Molto bello anche il fumetto “lungo” (13 tavole) autobiografico di Noah Van Sciver.
Little Ego in Slumberland a volte si rivela una lettura ostica, ma credo che molto dipenda dalla disposizione del lettore; di Ermanno ho già detto sopra; Barnaby l’ho leggiucchiato e non era poi male; I Quaderni di Esther procede senza guizzi; il datato Cheech Wizard di Vaughn Bodé sembra essere arrivato al capolinea (o prossimo ad arrivarci); Un’ora di vita di Paolo Castaldi è il tipico fumetto (per modo di dire: a parte un balloon ci sono solo didascalie) in cui l’autore esprime la sua ansia di raccontare una storia, e poi fa un “fumetto” su di sé che vuole fare un fumetto – i disegni almeno sono molto buoni; meno buoni ma sempre di alto livello sono anche i disegni di Valerio Gaglione, che in Balthus ci offre uno spaccato in due pagine di un momento della vita del pittore omonimo (ma queste due pagine fanno parte di un corpus più esteso? Sono estrapolate da un altro contesto? Frammentarietà, frammentarietà).
L’unico fumetto che non mi è piaciuto di questo numero è Verità da Bagno di Silvia Rocchi, ostentatamente raggomitolato su se stesso e disegnato in fretta e furia.
Nell’elenco dei fumetti in sommario ci sarebbero pure i lacerti del lavoro iperdettagliato di Bogadn Lupescu, ma quattro tavole (di cui due hanno tutto l’aspetto di essere ingrandimenti di un unico disegno) sono troppo poche per dare un giudizio. Molto divertente invece la terza di copertina realizzata da Stefano Zattera.
In sostanza, per 6 euro ci sarebbero le basi per esultare, tanto più che anche la parte redazionale è molto interessante e scritta con brio. Però non riesco a togliermi dalla testa l’impressione che quello che ci viene accordato mensilmente sia solo la punta di un iceberg che dovremo cercare altrove per gustarlo appieno, o che meriterebbe una pubblicazione più massiccia e razionale, o che forse è stato realizzato in maniera estemporanea e non avrà nessun seguito.

4 commenti:

  1. Capitan Biscotto è totalmente identico a De Chirico!
    Io non prendevo Linus da anni e ho ricominciato dalla gestione Igort: non mi sta dispiacendo, anzi... però sì, il senso di frammentarietà è forte, hai ragione.

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    1. Basterebbe un volume franco-belga a puntate per dare un senso di continuità al tutto, almeno secondo me. Ma dubito che lo faranno.

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  2. La lettura di Linus era un obbligo nella mia gioventù, e adesso mi hai fatto venire voglia di ricomprarlo, a prescindere. Grazie e complimenti per il blog, la tua follower nuova di zecca Cecilia (Frizzi e Pasticci)

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    1. Figurati, grazie a te. Son solo 6 euro al mese e stante (ahimè) l'assenza di una storia lunga che continui su più numeri puoi pure saltarne liberamente alcuni...

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