Il primo episodio (undicesimo della saga), La spirale del tempo, introduce Monya, una profuga dal XXXIX secolo che fugge all’apocalisse definitiva nel presente di Yoko Tsuno grazie alla macchina del tempo inventata dal padre, ereditando la missione di uccidere lo scienziato che inventò/inventerà la “bomba ad annichilimento” (!) e per questo si farà aiutare da Yoko Tsuno in visita al cugino nel Borneo che tornerà all’epoca della Seconda Guerra Mondiale dove/quando incontrerà suo zio con cui involontariamente attiverà il meccanismo che le darà il suo nome. È probabile che Leloup lavorasse con la trama già ben delineata, ma in queste 44 tavole l’azione si svolge in maniera un po’ troppo meccanica e fluida per Yoko & co. e la sorpresa finale del mostro spaziale sembra una trovata dell’ultimo momento. Per fortuna un po’ di ironia (poca) affiora ogni tanto a nobilitare il tutto. Lo stile di disegno è quello per cui ho accusato Leloup di leziosità, ma gli sfondi e i dettagli tecnici sono stupendi. Un episodio godibile ma non tra i migliori della serie.
Il secondo episodio, Il mattino del mondo, fa tornare in scena Monya che a causa di un suo furtarello nel passato ha messo nei guai un’indigena di sei secoli prima. Ovviamente Yoko la aiuterà ma stavolta col supporto di Vic e Pol (e di Rugiada del Mattino, la bambina che ha adottato ma di cui non mi sembra abbiamo ancora visto le origini). La storia ha un piglio nettamente avventuroso con tanto di dinosauri e un ulteriore motivo di interesse è il dettaglio che lega questo episodio al precedente.
In questo episodio, il diciassettesimo della saga, Leloup organizza le tavole in maniera differente: quasi mai sulle canoniche quattro strisce ma su tre. Se da una parte è inevitabile che così ci sia meno “sostanza” da leggere, è anche vero che i suoi disegni devono essere più dettagliati e marcati per riempire il nuovo formato e quindi sono molto più gratificanti da vedere.
Per finire, L’astrologo di Bruges. Anche questo episodio presenta uno stile differente: Leloup aveva forse cambiato strumenti di lavoro, passando dal pennino al pennello, o forse avrà voluto dare una rinfrescata alla parte grafica. Sta di fatto che i contorni delle figure sono più marcati e c’è qualche tratteggio in più. Anche se siamo in una parte avanzatissima della saga (questo è il ventesimo episodio originale) qui di lezioso c’è insomma ben poco.
Terza storia sui viaggi nel tempo, è un pochino complessa. Yoko si reca a Bruges per incontrare un pittore che le vuole fare un ritratto dopo averla ammirata in un servizio fotografico, ma viene aggredita dal pittore stesso che a sua volta è un viaggiatore del tempo e vuole carpire a Yoko il segreto dell’ubicazione di una fiala che ha sottratto nel passato (di cui lei non si ricorda affatto) e che contiene i patogeni per scatenare la peste. Su questo canovaccio di base si innestano vari altri personaggi e colpi di scena. Forse sarà anche a causa dei disegni molto migliori, ma per me ne L’Astrologo di Bruges siamo al livello delle bellissime Avventure Tedesche.
Come al solito una parte ghiottissima del volume è costituita dai redazionali introduttivi, stavolta dedicati rispettivamente alle teorie dei viaggi nel tempo, a Bali e a Bruges. È vero che gli interventi diretti di Roger Leloup a volte spoilerano parte delle trame, così come la grafica invasiva rende un po’ ostico leggere i testi che sono stampati direttamente sui disegni, ma rimangono comunque un grande piacere.
Visto che alla fine anche questo volume è uscito, nonostante le titubanze di Andrea Rivi, spero che in un futuro non troppo remoto vedremo anche gli altri. Ufficialmente adesso ne mancherebbero solo tre.
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