giovedì 30 gennaio 2025

Twilight


Howard Chaykin all’ennesima potenza: storia ingarbugliata, didascalie verbose e dialoghi verbosi che si sovrappongono, un sacco di protagonisti, tavole a volte ingolfate di vignette, piani temporali che si incrociano e concetti di non immediata comprensibilità. Non è insomma semplicissimo riassumere questa storia di fantascienza. Tanto vale partire dal variegato cast dei personaggi. Vanno in scena Homer Glint, un giornalista paraculo che riassume la vicenda; Rick Purvis, altro giornalista vanaglorioso con una carriera del tutto inventata; la compagna prima dell’uno e poi dell’altro Karel, anche lei giornalista ma con innesti cibernetici che saranno funzionali nel trasformarla in una dea; Tommy Tomorrow, un militare fascistoide che brama l’immortalità; Brenda, la moglie di Tomorrow data per morta quando era incinta a causa di un attacco dello stesso Tomorrow e che invece ha scoperto il segreto dell’immortalità; Jon Starker, commilitone di Tomorrow attratto sessualmente dalle robot; suo fratello Axel Starker (alias Star Hawkins), un avventuriero che assolda Jon per ritrovare la robot che gli è stata rubata (o rapita, a seconda di come vengono considerate le macchine); Brent Wood, il più fanatico zelota di Karel; direi che anche F’tatateeta, il “gatto per ciechi” del vecchio Glint, merita la citazione.

Dunque, riassumendo: in un lontano futuro viene scoperto e diffuso un metodo per diventare immortali, anche se in realtà si tratta solo del blocco dell’invecchiamento e di un’aspettativa di vita pressoché illimitata. Karel diventa una divinità venerata con la forza in tutta la galassia ma non è che vivere per sempre sia necessariamente questa gran cosa. Brenda trova un modo per liberarsi da quello che per molti è un peso e Karel vuole diffonderlo liberamente. Tommy Tomorrow, divenuto un tiranno spietato perché voleva essere venerato come un dio, ha così la scusa per muovere guerra alla dea. Uccisa Karel e assorbiti i suoi poteri (e non solo quelli) porta avanti la sua pantomima divina facendo riscrivere la Storia da Homer. Per porre fine alla sua tirannia intervengono sia Wood impazzito dal dolore per la perdita dell’amata dea che Jon Starker fuso con la robot che amava.

Potrebbe non sembrare questa grande storia ma il motivo principale per leggerla sono le trovate irriverenti di Chaykin (troppe, le ho espunte dal canovaccio di cui sopra) e i suoi dialoghi taglienti ed esilaranti. Si finisce la lettura con un sorriso, insomma, e se qualcuno vorrà fare delle considerazioni sulle religioni e sull’animo umano stimolato dalla lettura sarà liberissimo di farlo. Piccola ciliegina sulla torta: citazioni sparse di nomi di fumettisti (Broome, Fox ma anche Giraud).

Molto belli i disegni di Garcia-Lopez, dettagliati ed espressivi: altro che Roland il Corsaro! Oltretutto la colorazione di Steve Oliff li ha ulteriormente arricchiti. Per i lettori non esclusivamente anglofoni le vignette offrono un ulteriore piacere nell’individuare qua e là qualche parolina strategica in spagnolo dissimulata nei vestiti o nelle armi.

I molti protagonisti dovrebbero essere una rilettura cinica di eroi spaziali della DC Comics (ricordo un Tommy Tomorrow anche in qualche fumetto di Grant Morrison) ma la mancata conoscenza dei modelli originali non mi ha reso meno godibile questa divertente commedia fantascientifica.

lunedì 27 gennaio 2025

Choro Gaiden

Altro gioco di ruolo edita da MS Edizioni ma stavolta non in solitario. L’ambientazione non è originalissima, anzi è dichiaratamente derivativa, ma è molto suggestiva. In ottemperanza al servilismo verso i nostri colonizzatori culturali, è ambientato in una città del Giappone dove si stanno verificando dei fenomeni sinistri e inspiegabili. I giocatori interpretano delle persone più o meno comuni che stanno indagando sulla situazione.

Choro Gaiden mi pare un ottimo compromesso tra gioco di narrazione e gioco di ruolo classico. Ogni personaggio viene definito da quattro punteggi relativi a Corpo, Cervello (Mente sulle schede), Parola e Magick che sono i punti che si aggiungono al tiro di un dado da 12 per determinare l’esito delle azioni in una scala che contempla il fallimento (entro i 9 punti) e tre livelli di successo. I personaggi devono attingere alla loro Riserva di Dadi personale per effettuare le prove aggiungendovi eventualmente una quantità di altri d12 a loro scelta. La Riserva di Dadi, che funge per così dire anche da “punti ferita”, viene reintegrata di 1 per ogni successo oppure di un valore più consistente tramite un riposo di almeno 4 ore. Al di là di questo, ogni personaggio parte con un’Abilità Base scelta tra le quattro del suo archetipo (tranne il Tulpamante che ne ha una sola); quando passa di livello può incrementare la sua competenza nell’Abilità facendola diventare Avanzata oppure può aggiungerne un’altra dalla lista di quelle previste.

Per quel che riguarda l’ambientazione, è difficile parlarne senza fare spoiler. Gli inquietanti avvistamenti e gli strani episodi che si stanno verificando in città (dalle sparizioni dei bambini che frequentavano una sala giochi al rinvenimento di ibridi uomo-pesce) sono effettivamente determinati da “qualcosa” che li sta generando e i personaggi devono impedire che il piano si compia. Ogni caso risolto frutta un livello ai personaggi. I combattimento vengono risolti in maniera narrativa e il gioco sottintende una corsa contro il tempo prima che la situazione precipiti del tutto. Il meccanismo con cui la situazione degenera progressivamente è molto ben congegnato e prevede che ogni dado preso dalle Riserve possa fare uscire uno di quei particolari numeri predeterminati con cui la lancetta dell’orologio fatale si sposterà un po’ più avanti.

Al Tessitore (così è chiamato il Master in Choro Gaiden) l’onere di disegnare una mappa in cui i personaggi determineranno la loro Base Operativa e lui deciderà dove si trova un altro elemento fondamentale che non è il caso di anticipare.

È incredibile quanto materiale l’autore NeonRot, col proofreading di Alexei Vella, è riuscito a far stare in una ventina di pagine: ambientazione, dodici spunti per le avventure, meccaniche di base, regole per l’avanzamento di livello, la dinamica della Prova di Oltre Focus e quant’altro.

La seconda metà del volumetto è dedicata ai personaggi tra cui scegliere e anche se ai giocatori viene concesso solo di basarsi sugli archetipi qui riportati la scelta è comunque molto ampia e mantiene margini di personalizzazione grazie alla scelta delle Abilità. Mi pare che in alcuni casi NeonRot sia stato troppo generoso nel rivelare elementi essenziali della realtà sottostante all’ambientazione, ma esistono comunque personaggi più comuni totalmente ignari di quello che si cela dietro il mondo di Choro Gaiden.

In appendice ci sono le indicazioni per giocare in solitario, ma ribaltando il punto di vista e interpretando i “cattivi”. Nei fatti non si tratta di un vero gioco perché tutto è deciso casualmente selezionando da un mazzo dei tarocchi i personaggi o i luoghi con cui caratterizzare la città: l’autore stesso ammette che in fondo si tratta più che altro di un sistema per generare una mappa da sottoporre ai giocatori.

Choro Gaiden è un brossuratino di 44 pagine stampato su carta patinata nera, con il lettering giallognolo un po’ smangiucchiato a simulare la trasmissione di un fax (ma perfettamente leggibile) e con i caratteri più marcati a sottolineare i termini importanti. La parte grafica è molto curata. Le illustrazioni sono state realizzate, o rielaborate, da Rhea Preece, Willow Jay, Cushia Honeywing e Carl Simpsons. Lo stile pixellato del lettering viene mantenuto anche per le immagini a colori e accanto a immagini molto efficaci che ricordano fotogrammi da una videocamera di sorveglianza o altri meccanismi imprecisi di registrazione (perfetti per il contesto) ci sono delle elaborazioni digitali, poche per fortuna, che ricordano invece le schermate di vecchi giochi per pc e spezzano un po’ la magia.

Al di là di alcuni rari e scusabilissimi refusi o di certe scelte di traduzione forse non felicissime, l’unico difetto che posso trovare in questo manualetto è l’assenza di una mappa anche rudimentale che avrebbe potuto facilitare il compito del Tessitore o fornirgli almeno un’ispirazione su cui basarsi. Per il resto 15 euro meritatissimi.

venerdì 24 gennaio 2025

Mah

Da un po' di tempo il blog riceve migliaia di visite al giorno, solo che giungono da Paesi che francamente non credo molto interessati a fumetti o ad altri argomenti qui toccati.

Il fenomeno è già successo tempo fa e si riaffaccia a intervalli irregolari, solo che di solito dura pochi giorni mentre adesso mi pare che vada avanti da settimane. Devo preoccuparmi?

mercoledì 22 gennaio 2025

Fallout Starter Set

Mai giocato al videogame e solo intravista qualche puntata della serie tv. Per godere appieno di questo boxed set è necessario aver fatto almeno una della due cose (giocando preferibilmente a Fallout 4 su cui si basa l’avventura allegata) perché essendo uno starter set non si dilunga quasi per nulla nella descrizione dell’ambientazione. Il contesto è comunque quello di un dopobomba con rimandi all’estetica e alla cultura pop statunitensi tra gli anni ’40 e ’60 del XX secolo. Ci sono rifugi antiatomici, robot sin troppo senzienti, bande di mutanti e umani degenerati divenuti ghoul che possono diventare «ferali».

I personaggi giocanti sono definiti da sette caratteristiche numeriche riassunte nell’acronimo S.P.E.C.I.A.L. (gioco di parole che inevitabilmente si perde in italiano essendo Strength la Forza, Luck la Fortuna, ecc.) più delle Specialità, cioè abilità specifiche tratte da una lista comune definite anch’esse da un valore numerico, il «grado». Le prove vengono risolte sommando i due fattori ottenendo così un «numero bersaglio» che lanciando due dadi a venti facce non deve essere superato. Di solito il successo è determinato da due tiri riusciti ma le prove possono essere così difficili da richiedere fino a cinque successi (mentre le situazioni più basilari possono riuscire anche senza tirare dadi, per quanto una regola permetta ai giocatori di tirarli lo stesso nella speranza di ottenere vantaggi). Per incrementare il numero dei successi si può essere molto fortunati e ottenere un 1 col dado, che vale due successi, oppure essere specializzati nel campo che viene messo alla prova, per cui un successo vale doppio.

Una meccanica che agevola i giocatori ma al contempo serve a inventare spunti narrativi è quella della Riserva di Dadi per cui i giocatori possono “acquistare” fino a tre dadi aggiuntivi tramite Punti Azione per sperare di ottenere più successi. Anche il Master dispone di una sua riserva di Punti Azione con cui incrementare le difficoltà per i personaggi o introdurre elementi esterni, ma la sua scorta non ha limiti mentre quella dei giocatori è non può superare i sei.

Su questo telaio di base si aggiungono i talenti che possono avere i personaggi e un sistema di combattimento molto dinamico e creativo che usa un altro d20 per determinare la parte del corpo colpita e soprattutto dei dadi a sei facce ideati ad hoc per verificare l’entità dei danni.

Questo il sunto delle regole presentato nel primo fascicolo spillato introduttivo (si tratta di un autocopertinato ma la carta è di qualità così alta che non ce se ne accorge), trattandosi di uno starter set per ingolosire l’acquirente le regole complete si trovano nel manuale di base. Non viene nemmeno spiegato come creare i personaggi o come avanzare di livello, perché l’avventura che costituisce il secondo fascicolo prevede dei personaggi pregenerati e un meccanismo fisso di avanzamento.

Come negli altri starter set (quei pochi che conosco, almeno) questa avventura, C’era una volta il Commonwealth, introduce passo dopo passo le regole per farci familiarizzare i giocatori. Ripeto che non conosco l’ambientazione, comunque l’avventura in sé (che poi sarebbe quasi una piccola campagna) mi sembra piuttosto interessante, con una panoramica molto ampia di quello che offre l’ambientazione e una trama abbastanza originale che prevede un colpo di scena finale.

Come altresì capita negli starter set anche questo contempla diversi game prop: una serie di sette dadi personalizzati per il mondo di campagna, le schede dei personaggi pregenerati e dei cartoncini da cui staccare i Tappi, cioè la moneta corrente dell’universo di Fallout.

Lo sviluppo delle regole è stato affidato a Nathan Dowdell e Sam Webb mentre C’era una volta il Commonwealth è stata scritta da Donathin Frye. Lo staff artistico e grafico contempla Michael Kochis, Laura Martson, Emil Pagliarulo, Spencer Weisser, Jessica Williams e Calvin Yang. Non mi è possibile dire chi ha fatto cosa, ma tra immagini iperrealiste realizzate col computer e pennellate digitali mi hanno colpito molto i disegnini che decorano buona parte del fascicolo delle regole base. Questo stile ostentatamente cartoonesco e tranquillizzante finisce per diventare inquietante, e immagino che fosse proprio questo l’obiettivo dell’illustratore.

domenica 19 gennaio 2025

Don Camillo a Fumetti: Litigare è necessario


Decisamente in ritardo mi è arrivato il settimo volumetto di questa testata parallela alla collana madre.

La storia che dà il titolo all’episodio non è tra le migliori e vede protagonista l’incallito bestemmiatore Biasca che dopo aver maltrattato per anni la moglie ammalata si ritrova ricco vedovo coi soldi che lei sottraeva alle cure per rimpolpare un libretto di risparmio intestato a lui. Anche così è sempre incazzato con gli uomini e con Dio. Certo, è divertente vedere che persino Peppone è imbarazzato dalla furia anticlericale del Biasca (Davide Barzi ne spiega le ragioni politiche nel commento al racconto originale) ma la trama si basa su un soggetto che mi sembra inverosimile: al di là del mistero sulla malattia che non viene mai nominata, visto che Celestina è comunque condannata, come ha fatto a metterci tutti quegli anni a soccombere senza neanche prendere le medicine? Sembra che Guareschi avesse voluto fare più che altro una parabola o un apologo, la cui morale però mi sfugge visto il finale sospeso. A proposito del trascorrere del tempo, è evidente che tra il primo incontro dei futuri sposi nel 1947 e il presente del racconto (1960) sono trascorsi 13 anni e non 23 come riportato in didascalia: una svista di Guareschi o del fumetto?

I disegni di Francesco Petronelli (autore della dédicace qui a lato all’ultima Lucca) sono senz’altro validi ma forse a causa del formato si evidenziano certe imprecisioni anatomiche che non gli avevo riscontrato nelle sue prove sulla collana principale. Ma magari Litigare è necessario è stato realizzato anni fa. A Petronelli è dedicata un’intervista a cura di Ivan PLZ Pelizzari.

Approfittando del riscontro internazionale di Roberto Dakar Meli, che lo ha portato addirittura a una candidatura all’Eisner Award, vengono proposte le sue matite opportunamente rimontate per l’episodio Il Cane pubblicato una dozzina d’anni fa sul numero 4. Anche a lui Ivan PLZ Pelizzari dedica un’intervista.

La collana torna quindi momentaneamente alla struttura delle prime tre uscite privilegiando la rassegna degli autori senza i redazionali degli ultimi numeri.

venerdì 17 gennaio 2025

Le grandi imprese dell'uomo

Se ho ben capito, questo volumone antologizza una mostra tenutasi presso la Biblioteca delle Nuvole a Perugia. Sono presenti vari fumetti ma anche illustrazioni tra cui la misteriosa tavola rimasta senza seguito di Sgt. Kirk 22.

Le «grandi imprese» altro non sono che operazioni belliche delle più svariate epoche e latitudini, presentate secondo l’ordine di pubblicazione.

Si comincia con una chicca che credo poco conosciuta: le 27 tavole di Piccolo Re scritto da Mario Faustinelli e pubblicato nel 1961 sul Corriere dei Piccoli. Da quel poco che conosco Faustinelli vi ravviso il suo stile molto schematico pensato per l’infanzia (mi pare avesse scritto pure un Piccolo Cowboy), d’altra parte a suo tempo non è che si potesse uscire poi tanto dagli steccati editoriali canonici – il Faustinelli umoristico mi convince molto di più.

Da lì in poi è una raffica di storie brevi scritte quasi sempre da Mino Milani. Unica eccezione è Ombre su testi di Laura Battaglia che comparve su Sgt. Kirk 14 e rappresenta non solo il fumetto più maturo ma anche quello più moderno e godibile tra quelli qui presentati.

Ho notato una cosa: quando Milani si firmava Eugenio Ventura era più avvincente e meno didascalico. Le sue altre storie qui ristampate, tutte apparse sul Corriere dei Piccoli e poi dei Ragazzi e firmate col suo nome o come Piero Selva, presentano dei testi più riassuntivi che narrativi. Ma potrebbe essere solo una mia impressione o un caso dovuto alla selezione di queste storie in particolare.

A chiudere il volume il racconto di Rainer Maria Rilke La canzone d’amore e di morte dell’alfiere Cristoforo Rilke generosamente illustrato a colori, più altre immagini alcune delle quali corredarono nel 1975 il testo Fuori del mito e dell’avventura scritto da Claudio Bertieri per il volume Uomini in guerra – brano molto apprezzato dal prefatore e direttore della Biblioteca delle Nuvole Claudio Ferracci.

La qualità della riproduzione è subordinata alla possibilità o meno di partire dagli originali di Battaglia, ma in linea di massima è accettabile. E poi il tratto già frastagliato di Battaglia soffre meno per le dentellature che ormai sono la norma della riproduzione digitale.

In un volume così prestigioso stona un po’ vedere che i curatori hanno preso l’indicazione dei numeri doppi del Corriere dei Ragazzi per due numeri consecutivi (la lunghezza fulminante de I tre miracoli avrebbe dovuto essere indicativa), ma dalle presentazioni delle singole opere usate come prefazione si capisce che l’equivoco si è verificato solo nei brevi trafiletti che introducono i fumetti. Tramite queste presentazioni scopriamo che viene qui ripristinata per la prima volta la corretta sequenza delle tavole de Il cannone di Parigi, precedentemente pubblicato e anche ristampato con due pagine invertite.

Il volume costa 25 euro e considerando che consta di ben 256 pagine è ancora più conveniente dell’altra recente antologia di Caprioli. Ma ovviamente la spinta principale per l’acquisto è la qualità grafica dei lavori qui raccolti e (immagino) la loro rarità.

mercoledì 15 gennaio 2025

Twelve Years

Presentato come gioco di ruolo in solitario, si discosta parecchio da Four Against Darkness. Qui c’è una trama portante che determina l’esito delle partite e dà il titolo al gioco: ogni dodici anni il Re dei Lich si ridesta e uno o più gruppi di avventurieri devono trovare una corona da porgli in testa per placarlo prima che si risvegli e distrugga il mondo. Il giocatore crea quindi un party di 4 componenti e alla morte totale del primo gruppo si considera che sia passato un anno e si ricomincia con un altro party. Altro modo con cui passano gli anni è perdersi nel Reame Fatato (o incontrare effetti simili) dove il tempo scorre in modo diverso.

Il gioco si svolge su due mappe: quella a esagoni rappresenta le terre aperte (mi pare che sia stata orientata al contrario, cioè il sud col Castello del Lich occupa la parte superiore) mentre quella a quadretti serve a mappare gli eventuali dungeon in cui finiranno i personaggi. Una stanza su tre è un vicolo cieco quindi non è che si possa esplorare più di tanto, anzi spesso le esplorazioni finiranno prima ancora di cominciare.

La composizione del gruppo viene determinata casualmente col lancio di diversi tipi di dado così come il singolo equipaggiamento, portando anche a combinazioni bizzarre o molto vantaggiose per il gruppo. Ma c’è anche la possibilità che un personaggio muoia proprio in fase di creazione, prima di cominciare l’avventura.

Le quattro possibili classi/razze di partenza sono piuttosto originali, contemplando anche folletti e giganti accanto ai più canonici ladri ed eremiti (dei chierici pacifisti). I singoli componenti non hanno un livello proprio ma è il gruppo nel suo insieme ad avere un livello che ovviamente si riverbera sulla disponibilità di punti ferita dei personaggi e sull’efficacia in combattimento.

Altro tocco di originalità, i livelli non si guadagnano come al solito accumulando tesori e ammazzando mostri ma comprandoli direttamente da quei personaggi non giocanti, gli «amici», che saltano fuori con un tiro di 5. E non solo: incontrare il Nobile Smarrito genera un curioso cortocircuito, forse previsto in origine: siccome offre 100 monete per essere scortato e quella è proprio la cifra che serve per guadagnare un livello, praticamente incontrarlo significa passare automaticamente di livello. E negli esagoni già visitati lo si incontra una volta su sei.

La meccanica dei combattimenti mi è sembrata inizialmente molto simpatica e originale oltreché veloce: si lancia un solo dado e si consultano gli effetti sulla relativa tabella per vedere chi tra i personaggi e/o i nemici ha avuto la meglio, senza alcuna possibilità di modificare l’esito del tiro. Una volta messa in pratica, però, ci si accorge che le probabilità sono più favorevoli per gli avversari e due tiri sfortunati di seguito possono dimezzare o annichilire il gruppo. Credo che la cosa sia bilanciata dal fatto che i personaggi sono generalmente più numerosi dei nemici che si incontrano ma può rivelarsi comunque una dinamica frustrante.

Le possibilità strategiche sono quindi ridotte al minimo, anzi praticamente non ci sono, e il giocatore potrà fare poco più che assistere a quello che la sorte decide per lui. Al massimo, una volta determinata la maggior parte delle locazioni sulla mappa, si potrà scegliere di andare in un punto vantaggioso oppure fare la spola tra gli esagoni che prevedono incontri casuali sperando di trovare qualcosa o qualcuno di utile. Anche il recupero della corona è infatti molto casuale (un personaggi potrebbe già averne una nell’equipaggiamento di partenza) e mi pare che sia molto più semplice accumulare denari per acquistarne una qualora se ne presenti l’opportunità.

Mi sembra di capire che un’altra “strategia” da impiegare è quella di infoltire il più possibile il gruppo di avventurieri con nuovi membri (tanto più che a loro volta potrebbero possedere una corona) infatti lo scontro finale col Re dei Lich è anch’esso giocato sulla totale casualità e prevede il sacrificio di un personaggio per ogni fallimento.

In definitiva Twelve Years è un gioco abbastanza simpatico ma non per tutti i gusti. Max Moon ha imbastito un sottotesto intrigante (anche gli incontri denotano una certa creatività) ma le meccaniche di gioco avrebbero forse meritato di essere calibrate meglio. A integrare la versione di base ci sono le opzioni per rendere più difficile lo scontro finale e quelle per gestire più giocatori.

L’edizione italiana di MS Edizioni costa 17 euro ed è uno spillato di 48 pagine su carta patinata che viene venduto all’interno di una busta trasparente (così almeno me l’hanno dato in fumetteria). Le copertine sono abbellite da fregi colorati e in rilievo, così come le pagine interne beneficiano delle illustrazioni di Andy Webber e Arcane Throne oltre che dello stesso Max Moon. Non so chi dei tre, pur denunciando una certa naïveté, dimostra una certa ammirazione per John Blanche.

domenica 12 gennaio 2025

Letteratura di mare


Sesto volume della collana dedicata a Franco Caprioli e di gran lunga il più corposo. Nelle prime cento pagine Letteratura di mare raccoglie nove fumetti di ambiente marinaro transitati su Il Giornalino nei primi anni ’70 e scritti da vari sceneggiatori – principalmente Renata Gelardini e Mario Basari (che si firmava anche O. Saibari) ma in un paio di occasioni anche Alfredo Castelli e Raoul Traverso/Roudolph. Considerando il pubblico di riferimento originale e la vocazione della rivista che ospitò questi fumetti il motivo principale per l’acquisto sono come al solito le splendide tavole di Caprioli, ma qualche occasionale perla la si trova.

Un pugno di perle è sin troppo edificante ma piacevole.

Piacevole anche Lame incrociate, per quanto stereotipato.

Otto giorni su una zattera è tratto da Mark Twain e mal si adatta a una trasposizione a fumetti.

I corsari del Rio Grande del Sud ha come protagonista nientemeno che Giuseppe Garibaldi nelle poco conosciute vesti di corsaro. Molto interessante ma proprio per questo avrebbe meritato un maggiore approfondimento e più spazio senza comprimere così tanto la vicenda (ed è pure il fumetto più lungo, serializzato all’epoca su due numeri de Il Giornalino).

Una discesa nel Maelström è tratto da Poe e beneficia della spettacolare resa del mare di Caprioli.

Capitan Gambadilegno è una celebrazione della Società Marittima Tedesca di Salvataggio e forse è il pezzo migliore. L’argomento è interessante, i personaggi ben tratteggiati e il taglio è abbastanza moderno.

Niente male anche Il mozzo del Sant’Elia, originale e ben documentato ma con un finale troppo edificante per essere preso sul serio.

Allarme a Block Island fu forse ispirato a un fatto di cronaca e narra del salvataggio di un bambino e di un’adolescente in mare. Ahinoi, si respira un po’ l’atmosfera dei «fumetti della realtà» del Corriere dei Ragazzi.

Anche Balene d’assalto potrebbe essere stato ispirato dalla cronaca di quegli anni e anche questo è più che altro un resoconto: vede il salvataggio di una famiglia e di un loro amico sperduti in mare dopo l’inspiegabile attacco di un branco di balene.

La seconda parte del volume ospita una corposa ma incompiuta Storia della Navigazione iniziata su Il Vittorioso nel 1967 e dalla vita editoriale travagliata. Dopo la pubblicazione serrata delle prime 28 tavole, nel 1968 le successive 16 vennero pubblicate in maniera molto rarefatta e addirittura le ultime 28 hanno visto la luce solo nel 2016 grazie a un volume edito da Passenger Press su cui si è basata questa edizione che ne riprende il titolo – in origine l’operazione si intitolava Con Franco Caprioli nell’avventura del mare. Il fumetto è molto presente anche qui, ma subordinato alla natura enciclopedica dell’opera. Sia questo approccio che la natura un po’ sincopata del lavoro (che salta da una argomento all’altro e a volte torna un po’ indietro nel tempo per approfondire certi dettagli) rendono l’opera un po’ ostica da leggere. Inoltre le tavole rimaste inedite presentano come lettering quello elaborato da Caprioli solamente a matita, che così tende a essere evanescente soprattutto nelle vignette a colori. La lettura vale comunque tutto lo sforzo, sia per le nozioni non banali che Caprioli vi profuse sia ovviamente per la contestualizzazione dei suoi splendidi disegni. Dalla preistoria («Quando il mare era mistero e paura») il progetto arrivò solo sino alla morte di Cristoforo Colombo.

La cura è quella consueta profusa da Nicola Pesce Editore (a introdurre il volume c’è un testo di David Padovani) e la possibilità di partire dalle tavole originali ha permesso una buona qualità di stampa. Addirittura, nella terza vignetta di pagina 27 si vedono degli appunti a matita (alcuni sembrano più dei ghirigori, a dire il vero) mentre a pagina 29 è evidente la pecetta con cui venne apposta la parola «cacicco» in un balloon. La carta non è patinata ma questo è lo standard dell’editore e ormai mi sono rassegnato. In fondo anche questo contribuisce al fascino vintage di questi volumi.

25 euro per un volume di queste dimensioni e di questa qualità grafica mi sembrano un buon prezzo.

lunedì 6 gennaio 2025

Double M 5: Faux Témoin

È il 1963 (Giovanni XXIII è appena morto) e a Losanna vengono esposte delle preziose reliquie celtiche. Tanto preziose che vengono rubati monili di bronzo e gioielli in oro di un principe dell’epoca. Mel viene incastrato, e in effetti da un po’ di tempo era solito sparire dall’albergo dell’Alta Savoia in cui vive e lavora senza dare spiegazioni. Dopo una rocambolesca fuga messa in atto anche grazie a Fanfoué des Pnottas, giunge a Parigi dove si rivolge a Mirabelle per chiederle aiuto a farsi scagionare. Scoperto che il probabile ladro è nientemeno che il produttore cinematografico Enzo Martini, già sospettato di rubare antichità e opere d’arte, Mirabelle architetta un piano diabolico in cui avvicina il produttore per sedurlo e sposarlo fingendo che Mel opportunamente travestito sia suo fratello.

Ma il malfattore e la sua guardia del corpo non ne hanno abbastanza: la notte prima del matrimonio correranno da Saint Tropez fino a Parigi dove ruberanno (travestiti da Blake e Mortimer!) i Girasoli di Van Gogh al Louvre, nientemeno! L’idea è che se Martini si sposa l’indomani nessuno sospetterà di lui.

Oltre ai consueti dialoghi brillanti di Pascal Roman e alle comparsate di Fanfoué des Pnottas, la parte umoristica poggia principalmente sulle spalle sicule dell’invadente madre di Martini.

In definitiva Faux Témoin è una commedia forse inverosimile ma molto divertente.

I disegni di Félix Meynet, che si è occupato anche dei colori, cominciano a far intravedere quello che l’autore realizzerà in seguito. I visi sono quelli del Meynet maturo, i corpi però non si sono ancora scrollati di dosso l’approccio caricaturale, forse anche perché all’epoca (il volume è del 1996) il disegnatore faceva un ricorso minore al tratteggio modulando di più il segno. Roba che a momenti mi ha ricordato Sandro Angiolini.

venerdì 3 gennaio 2025

Fumettisti d'invenzione! - 194

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

MASTERPIECE

(Stati Uniti 2023, nel comic book omonimo, © Jinxworld Holdings, LLC, thriller)

Brian Michael Bendis (T), Alex Maleev (D)

La quindicenne Masterpiece Lawford è figlia di due ladri di altissimo profilo che non ha mai conosciuto. Il multimiliardario che i due criminali rapinarono per chiudere alla grande la loro carriera la obbliga a lavorare per lui: il suo compito (e della sua squadra) sarà quello di rovinare la vita a un’altra miliardaria che si finge filantropa.

Pseudofumetto: Unicorn Pow, il webcomic che realizza la protagonista firmandosi «Emma!».

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

JUNKYARD JOE (IDEM)

(Stati Uniti 2022, nel comic book omonimo, © Geoff Johns & Gary Frank, fantascienza)

Geoff [Geoffrey] Johns (T), Gary Frank (D)

Nel corso della guerra del Vietnam un robot viene inviato nelle linee statunitensi per dare man forte ai soldati, ma finirà per sviluppare una coscienza antimilitarista. Ufficialmente mai esistito per il governo, ha fornito ispirazione al suo commilitone Morrie “Muddy” Davis che ne ha tratto una striscia umoristica di grande successo. Cinquant’anni dopo il loro incontro “Junkyard Joe” torna a casa.

Pseudofumetto: le strisce di Junkyard Joe.

CINEMA  (pag. 81)

HOW TO TALK TO GIRLS AT PARTIES (LA RAGAZZA DEL PUNK INNAMORATO)

(Regno Unito 2017, fantastico)

Regia: John Cameron Mitchell, sceneggiatura: John Cameron Mitchell e Philippa Goslett (tratto dal racconto omonimo di Neil Gaiman [Neil Richard McKinnon Gaiman]), con Alex Sharp [Alexander Ian Sharp] (Enn), Elle [Mary Elle] Fanning (Zan), Nicole [Mary] Kidman (Boadicea)

Liberamente ispirato a un racconto di Neil Gaiman. In un sobborgo londinese dei turbolenti anni ’70 ha luogo una bizzarra visita di alieni: vestiti con tute sgargianti, gli extraterresti vengono scambiati per appartenenti a una setta. Enn e i suoi amici entrano in contatto con Zan e saranno funzionali a evitare il meccanismo con cui gli anziani della razza aliena perpetuano se stessi.

Anni dopo Enn è diventato un fumettista di successo (elemento non presente nel racconto di Gaiman: evidentemente un omaggio all’autore) e durante un firmacopie incontra i frutti del suo amore per Zan.

Pseudofumetto: Vyris Boy and the Colony è il fumetto scritto e disegnato da Enn.

CINEMA  (pag. 81)

SUPER (SUPER – ATTENTO CRIMINE!!!)

(Stati Uniti 2010, commedia nera)

Regia e sceneggiatura: James Gunn [James Francis Gunn Jr.], con Rainn [Friedrich] Wilson (Frank), Liv Tyler [Liv Rundgren Tallarico] (Sarah), Elliot Page (Libby), Kevin [Norwood] Bacon (Jacques)

Frank Darbo è depresso perché alla sua già sconfortante vita lavorativa si aggiunge l’abbandono da parte della bella moglie Sarah che precipita nuovamente nella tossicodipendenza. Scosso da questo scenario ha un’epifania indotta dalla visione di un serial televisivo con protagonista il supereroe cattolico Holy Avenger: diventerà a sua volta un giustiziere mascherato. Si informa quindi presso una fumetteria se esistano supereroi senza superpoteri (quelli citati, sia Marvel che DC, sono tutti realmente esistenti) suscitando l’entusiasmo della commessa Libby che finirà per diventare la sua sidekick. Non finirà molto bene.

Pseudofumetto: di Holy Avenger esiste anche la versione a fumetti.