La storia che dà il titolo all’episodio non è tra le migliori e vede protagonista l’incallito bestemmiatore Biasca che dopo aver maltrattato per anni la moglie ammalata si ritrova ricco vedovo coi soldi che lei sottraeva alle cure per rimpolpare un libretto di risparmio intestato a lui. Anche così è sempre incazzato con gli uomini e con Dio. Certo, è divertente vedere che persino Peppone è imbarazzato dalla furia anticlericale del Biasca (Davide Barzi ne spiega le ragioni politiche nel commento al racconto originale) ma la trama si basa su un soggetto che mi sembra inverosimile: al di là del mistero sulla malattia che non viene mai nominata, visto che Celestina è comunque condannata, come ha fatto a metterci tutti quegli anni a soccombere senza neanche prendere le medicine? Sembra che Guareschi avesse voluto fare più che altro una parabola o un apologo, la cui morale però mi sfugge visto il finale sospeso. A proposito del trascorrere del tempo, è evidente che tra il primo incontro dei futuri sposi nel 1947 e il presente del racconto (1960) sono trascorsi 13 anni e non 23 come riportato in didascalia: una svista di Guareschi o del fumetto?
Approfittando del riscontro internazionale di Roberto Dakar Meli, che lo ha portato addirittura a una candidatura all’Eisner Award, vengono proposte le sue matite opportunamente rimontate per l’episodio Il Cane pubblicato una dozzina d’anni fa sul numero 4. Anche a lui Ivan PLZ Pelizzari dedica un’intervista.
La collana torna quindi momentaneamente alla struttura delle prime tre uscite privilegiando la rassegna degli autori senza i redazionali degli ultimi numeri.
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