venerdì 17 dicembre 2010

come accennavo nel pezzo su Gimenez

cioè, qui

Moi, Dragon tome 1: La Fin de la Genèse

A quasi 70 anni Juan Gimenez non si siede sui meritatissimi allori per sfornare fumetti-fotocopia (tanto è Gimenez e venderebbe comunque) ma con questa sua nuova serie di cui è autore completo cambia nettamente sia ambientazione che stile e la già frequentatissima fantascienza lascia il posto a un medioevo fantasy.
La sua maturazione come sceneggiatore è innegabile, siamo ben distanti dai volumi-barzelletta di Leo Roa e dalla fantascienza classicissima del Quarto Potere e da quella fracassona di Scegli il tuo gioco, tutte storie piacevolissime da guardare e leggere in relax ma, accidenti, Moi, Dragon è molto meglio. Certo, le sue storie brevi sono state sempre deliziose, ma che diamine, erano appunto solo storie brevi. Come vedremo, questa sua nuova consapevolezza di autore ha anche un lato meno positivo. Ma andiamo con ordine.



Moi, Dragon è una storia corale ambientata nel 1280 in cui diversi personaggi interagiscono nei pressi del castello di Rosentall. È sbalorditivo come Gimenez sia a suo agio nel disegnare architetture medievali, scorci naturalisti, armi e armature, lui che fino a un paio di anni fa era il disegnatore argentino di fantascienza per antonomasia. Persino il monogramma con cui è solito firmarsi viene adattato al contesto.
Dal punto di vista della storia assistiamo a uno sviluppo ben calibrato che dopo l’inevitabile presentazione dei vari personaggi (e la lenta rivelazione di alcuni dei loro segreti) sfocia in notevoli scene d’azione risolutive e nelle inevitabili e sacrosante rivelazioni di alcuni dei misteri di cui è intessuta la trama.
Ottimo il lavoro svolto sui personaggi, che risultano molto ben caratterizzati e tridimensionali e in cui anche i ruoli di buono e cattivo non sono affatto tagliati con l’accetta. Assai efficace anche la diversa personalità che Gimenez ha assegnato alle figure femminili, molto presenti e con ruoli di rilievo, che altrimenti potrebbero un po’ confendersi tra di loro visti gli standard iconografici con cui disegna le donne.
Un unico appunto che mi sento di muovergli è il non aver insistito sull’ambiguità del “drago”: avrebbe potuto giocare col lettore e fargli dubitare fino all’ultimo che in realtà il drago non fosse altro che una metafora del vulcano che sovrasta la zona, ma evidentemente non era quello il suo intento principale (come d’altra parte si capisce sin dalla copertina!).
Purtroppo, come accennavo prima, Juan Gimenez ha piena consapevolezza del suo ruolo di autore completo e delle dinamiche del mercato in cui agisce adesso per cui, per l’ennesima volta, questa prima parte di una trilogia franco-belga serve principalmente da antipasto per quello che verrà in seguito e lascia con una sensazione di incompiutezza una volta arrivati alla “fine”.

 

Molto buona anche la confezione della Lombard, un intelligente formato 23,5x30 che non fa rimpiangere lo standard 24x32 (e che non fa lievitare il prezzo). Inoltre lustrini e paillettes per una volta sono più che giustificati.

Nessun commento:

Posta un commento