domenica 3 maggio 2020

Storia dell'Universo Marvel

Volumone celebrativo come periodicamente ne vengono prodotti (credo) per fare il punto sulla situazione del Marvel Universe sostituendo in questo caso le vecchie guide che erano solo scritte e illustrate con materiale di repertorio.
La “storia” è scritta da Mark Waid, motivo per cui ho azzardato a dare una chance alla lettura della miniserie, ma in realtà avrebbe potuto scriverla chiunque, a patto di rileggersi tutti gli albi Marvel o di farseli riassumere. La miniserie non è altro che un compendio di storia della Marvel, senza alcuna rilevanza stilistica e con un unico guizzo creativo relativo alla sola situazione di partenza: all’approssimarsi della fine dei tempi (quando il vecchio universo verrà sostituito da uno nuovo) Franklyn Richards parla con Galactus del passato e del futuro, “futuro” che per loro è già avvenuto, del mondo che sta per essere annichilato per ripartire poi da zero. Mentre il primo, che ricostruirà l’universo dopo la fine, è sempre lucido, il secondo perde progressivamente contatto con la realtà. Questo meccanismo serve a giustificare il fatto che, proprio quando si arriva agli eventi del 2019, Galactus si perde e riassume rapidamente gli scenari futuri canonici del Marvel Universe, come il 2099, il mondo di Deathlok, di Killraven, ecc. senza sbilanciarsi troppo sulle loro collocazioni temporali.
Si tratta insomma di un tentativo di costruire una cronologia coerente che unisca tutti gli albi pubblicati della Marvel, sino al prossimo evento epocale che cambierà di nuovo le carte in tavola e richiederà probabilmente qualche altra aggiustatina nella cronologia. Ma dalle date di pubblicazione degli albi citati nelle note evinco che l’ansia di dover giustificare tutto in una maniera coerente non è un vizio recente.
Dignitosi i disegni di Javier Rodríguez (anche colorista) e Álvaro López, però visto il tipo di “storia”, per nulla narrativa ma interamente compilativa, sarebbe stato meglio uno stile più ricco e dettagliato, da illustratore. In questo caso non c’è nemmeno la scusa dello storytelling per giustificare la pochezza dei disegni. Alle copertine un irriconoscibile Steve McNiven che insieme a Mark Farmer e Morry Hollowell fa il verso allo stile degli anni ’80 (o ’70? o ’60?).
Non manca qualche curiosità: io ad esempio non sapevo dell’invenzione del fittizio conflitto del Sin-Cong creato appositamente per ambientarci alcune storie accadute nel Vietnam, che anche nel Marvel Universe esiste ed è stato teatro della guerra omonima durata anche lì un lasso di tempo ben determinato, e che quindi potrebbe essere in conflitto con l’età di alcuni personaggi che in origine vi presero parte. Ma oltre a questo La Storia dell’Universo Marvel non ha nulla da offrire a livello narrativo e stilistico, anche se sono sicuro che alcuni aficionados Marvel si commuoveranno rivedendo sequenze lette durante la loro infanzia o adolescenza e assistendo alla “morte” (ma chi ci crede…) dell’universo Marvel.
Come dicevo all’inizio, questa miniserie aggiorna e sostituisce i comic book enciclopedici sulla storia della Marvel (mi pare si chiamassero Handbook, anche io ne ho uno) e infatti include alla fine un elenco di personaggi che non sono stati menzionati nel “fumetto”.

10 commenti:

  1. Ho visto lo spot di questo volume (27€!!) in ben due testate acquistate ieri...
    Non avevo capito che fosse anche una lunga saga a fumetti, credevo davvero solo in un lavoro enciclopedico (e quello è interesante).
    Il problema della Marvel è che vogliono legare le cose ai tempi che corrono, mentre i personaggi ovviamente non invecchiano come dovrebbero...

    Moz-

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    1. Sì, alla fine è venuto fuori un mix, la parte enciclopedica viene traghettata da quella narrativa, ma è comunque preponderante. Si è visto di peggio, ma anche di (tanto) meglio.

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  2. Mah, operazione che non mi solletica a dire il vero...

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    1. A Mark Waid una chance la dò, e poi bisogna pur trovare del carburante con cui fare andare avanti il blog :D

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    2. Si, effettivamente Waid un po' di fiducia la merita sempre...

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    3. Ma dopo questo (e altre cose) solo un po'.

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  3. Ho letto da qualche parte che Mark Waid e James Robinson scherzavano su chi dei due fosse il massimo esperto di continuity DC. Ho sempre pensato a Waid come al classico ragazzino uno zinzino nerd che ha la fortuna di poter fare un lavoro che sognava da piccolo. Il Wally West che scriveva ha qualcosa della sua personalità. Persino il Wally bimbo che dialoga con la statica della radio fingendo sia un alieno e poi scopre da adulto essere davvero un alieno elettrico, sebbene farina del sacco di Morrison e Millar, ci racconta qualcosa, in qualche modo , di Waid. Ho apprezzato anche il suo Cap negli anni novanta - prima e dopo la parentesi Liefeld - ed immagino che si trovi a suo agio nel raccontare universi in cui alla fine tutto ha un senso, una direzione ed un sorriso. Nello Amalgam Universe ha creato una combo di Steve Rogers e Kal-El e qualche tempo fa ha scritto che gli capitava di leggere tanti fumetti ben strutturati, ma deprimenti. E' un bimbo seduto sulla panchina del parchetto che entra in quel mondo di paginette colorate e sogna di essere quel tale mascelluto e ottimista che alla fine picchia sul naso il cattivone prima di volare nel crepuscolo.
    La Casa delle Idee dovrebbe affidargli i Fantastic Four. Chissà...

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    1. grandissimo Graziano, l'incipit del tuo intervento si può cantare sulle note di Dio è morto! ("Ho visto la gente della mia età...")
      Sono sicuro che non è una cosa casuale ma voluta: bene così!

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  4. E' puro ed involontario Allen Ginsberg che per inciso sarebbe stato perfetto per interpretare Willie Lumpkin , il postino dei Fantastici Quattro.

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