Alla fine dell’800 varie storie
si incrociano nell’inospitale Terra del Fuoco: Johannes Orth e il suo vecchio
compare Duca vengono fregati dal prussiano Kruger che scappa col loro bottino, il
celebre navigatore Jason Low doppia Capo Horn, la nave francese Bisson effettua
le sue ricerche scientifiche popolata da una varia umanità (il giovane capitano
François Boeldieu scrive all’amata Julie illudendosi che aspetti il suo
ritorno; lo spietato Ferenzci tratta gli indigeni come animali; il dottor Frossard
antepone la curiosità scientifica alla dignità umana), il reverendo Bridges
deve difendere la sua missione dalle mire di chi vorrebbe esautorarlo insieme
alla giovane Anna Lawrence, un certo Mac Hilian dà la caccia a Orth e,
ciliegina sulla torta, il comandante Lagarigue ambisce a diventare reggente del
posto dopo essersi visti disconosciuti i meriti militari di “pacificatore”
della Patagonia.
Troppa carne sul fuoco (e ho pure
sorvolato sull’indio Yakaïf e sull’oste Ernesto e sua moglie) per creare un
mosaico che sia immediatamente decifrabile e in cui i contatti tra i vari
personaggi non sembrino un po’ forzati: guarda caso, Low finisce proprio in
infermeria con Duca, Boeldieu (nell’unico momento in cui mostra un po’ di
carattere) fa a pugni proprio con Kruger, ecc. Il primo episodio, La baia rivolta a est, è in pratica un
enorme preambolo alla storia che comincerà a svilupparsi solo a partire dal
secondo, Sulla scia dei cormorani,
che non a caso comincia con una tavola in cui vengono riassunte le varie
sottotrame.
Capo Horn non è male, se non altro perché presenta una storia
d’avventura come non se ne fanno quasi più, ma per poterci capire veramente
qualcosa toccherà aspettare la conclusione: anche se i due episodi constano ognuno
di 54 tavole è inevitabile che con tutti questi personaggi certe sequenze
sembrino frammentarie e poco approfondite, così come quello che dovrebbe essere
il protagonista principale, Orth, è ammantato da un’aura di mistero (è
veramente un cercatore d’oro? O è un rivoluzionario? O un rapinatore?) che
ragionevolmente si scioglierà solo alla fine.
Diciamo che per il momento si fa
apprezzare di più per la descrizione dettagliata del clima e della fauna della
Patagonia, e per la ricostruzione degli usi e costumi degli Yamana. E non è
poco.
Ai disegni Enea Riboldi convince
grazie alla pulizia del suo tratto, che quando è necessario si arricchisce di tratteggi
e particolari. A colorare le sue tavole è intervenuto un esercito di coloristi:
Cosimo Lorenzo Pancini, Simone Massoni, Naomi Mallegni e Linda Cavallini per La baia rivolta a est, Diego D’Aquila e Sébastien
Lamirand per Sulla scia dei cormorani.
Come spesso accade con la colorazione al computer, alcuni di loro hanno un po’
coperto il tratto di Riboldi mentre all’inizio di Sulla scia dei cormorani l’atmosfera risulta troppo livida.
Una curiosità: nella mia edicola
di fiducia ne sono arrivate due copie, come succede da alcuni mesi a questa
parte con Historica. Il buon
edicolante me le ha conservate entrambe per farmi scegliere quale preferivo visto
che una presentava una copertina (e anche il retro e la costa) con dei colori
molto più scuri, tanto da farli sembrare quasi due volumi diversi: forse il
numero invisibile sul dorso del volume precedente
era dovuto proprio a un errore tipografico del genere.
dove si può comprare?
RispondiEliminase la Mondadori ha un ufficio arretrati, quello è il posto giusto.
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