martedì 9 giugno 2020

Historica 92 - Capo Horn 1: All'estremo del mondo

Alla fine dell’800 varie storie si incrociano nell’inospitale Terra del Fuoco: Johannes Orth e il suo vecchio compare Duca vengono fregati dal prussiano Kruger che scappa col loro bottino, il celebre navigatore Jason Low doppia Capo Horn, la nave francese Bisson effettua le sue ricerche scientifiche popolata da una varia umanità (il giovane capitano François Boeldieu scrive all’amata Julie illudendosi che aspetti il suo ritorno; lo spietato Ferenzci tratta gli indigeni come animali; il dottor Frossard antepone la curiosità scientifica alla dignità umana), il reverendo Bridges deve difendere la sua missione dalle mire di chi vorrebbe esautorarlo insieme alla giovane Anna Lawrence, un certo Mac Hilian dà la caccia a Orth e, ciliegina sulla torta, il comandante Lagarigue ambisce a diventare reggente del posto dopo essersi visti disconosciuti i meriti militari di “pacificatore” della Patagonia.
Troppa carne sul fuoco (e ho pure sorvolato sull’indio Yakaïf e sull’oste Ernesto e sua moglie) per creare un mosaico che sia immediatamente decifrabile e in cui i contatti tra i vari personaggi non sembrino un po’ forzati: guarda caso, Low finisce proprio in infermeria con Duca, Boeldieu (nell’unico momento in cui mostra un po’ di carattere) fa a pugni proprio con Kruger, ecc. Il primo episodio, La baia rivolta a est, è in pratica un enorme preambolo alla storia che comincerà a svilupparsi solo a partire dal secondo, Sulla scia dei cormorani, che non a caso comincia con una tavola in cui vengono riassunte le varie sottotrame.
Capo Horn non è male, se non altro perché presenta una storia d’avventura come non se ne fanno quasi più, ma per poterci capire veramente qualcosa toccherà aspettare la conclusione: anche se i due episodi constano ognuno di 54 tavole è inevitabile che con tutti questi personaggi certe sequenze sembrino frammentarie e poco approfondite, così come quello che dovrebbe essere il protagonista principale, Orth, è ammantato da un’aura di mistero (è veramente un cercatore d’oro? O è un rivoluzionario? O un rapinatore?) che ragionevolmente si scioglierà solo alla fine.
Diciamo che per il momento si fa apprezzare di più per la descrizione dettagliata del clima e della fauna della Patagonia, e per la ricostruzione degli usi e costumi degli Yamana. E non è poco.
Ai disegni Enea Riboldi convince grazie alla pulizia del suo tratto, che quando è necessario si arricchisce di tratteggi e particolari. A colorare le sue tavole è intervenuto un esercito di coloristi: Cosimo Lorenzo Pancini, Simone Massoni, Naomi Mallegni e Linda Cavallini per La baia rivolta a est, Diego D’Aquila e Sébastien Lamirand per Sulla scia dei cormorani. Come spesso accade con la colorazione al computer, alcuni di loro hanno un po’ coperto il tratto di Riboldi mentre all’inizio di Sulla scia dei cormorani l’atmosfera risulta troppo livida.
Una curiosità: nella mia edicola di fiducia ne sono arrivate due copie, come succede da alcuni mesi a questa parte con Historica. Il buon edicolante me le ha conservate entrambe per farmi scegliere quale preferivo visto che una presentava una copertina (e anche il retro e la costa) con dei colori molto più scuri, tanto da farli sembrare quasi due volumi diversi: forse il numero invisibile sul dorso del volume precedente era dovuto proprio a un errore tipografico del genere.

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