Ce ne ha messo per arrivare ma
finalmente anch’io ho potuto leggere l’ultimo episodio dell’Ispettore Coke di
Dino Battaglia terminato da Vigna e Roi.
Il volume è un cartonato
impressionante per dimensioni e qualità della carta. Come nel caso dell’altro
volume dedicato a Battaglia da Lo Scarabeo, Letteratura
Disegnata, il formato è 24x34 e la uso mano è di altissima grammatura. La
qualità di stampa è inappuntabile e permette di cogliere tutte le sfumature sia
del lavoro di Battaglia che di quello di Roi, oltre anche qualche correzione
come nel lettering del primo.
Dino Battaglia, scomparso nel
1983, riuscì a completare solo metà della storia; anche in questo caso la
moglie Laura De Vescovi ebbe il ruolo fondamentale di cosceneggiatrice, e forse
il suo apporto ai testi fu addirittura più determinante di quello del marito,
come si evince anche dai documenti del catalogo La perfezione del grigio tra sacro e profano sempre edito da Lo
Scarabeo e da un articolo in merito su un Fumo
di China di qualche tempo fa.
Il fumetto è introdotto da un
testo dello stesso Bepi Vigna, che torna inutilmente sulla dicotomia fumetto
popolare/d’Autore e che anticipa molto generosamente la trama. Ma in realtà il
rischio dello spoiler è solo apparente: la storia ideata da Battaglia è infatti
estremamente lineare e non prevede colpi di scena né false piste (eccetto una
che però è funzionale alla soluzione del caso).
Nel 1909 il Tamigi è teatro delle
esplosioni di alcune navi accompagnate dall’apparizione di un paio di “occhi”
mostruosi: quando arriva all’Observer
una lettera anonima che rivendica il gesto, diventa chiaro che si tratta
dell’opera di un terrorista o di un gruppo di terroristi. L’ispettore Coke
indaga sul caso e il recapito di un’altra lettera anonima che anticipa il
prossimo bersaglio lo mette sulla pista giusta.
Lo stile narrativo di Dino
Battaglia è quello consueto, volutamente demodé
e a volte concentrato su dettagli ininfluenti sullo sviluppo della trama. Unica
concessione ai lettori smaliziati degli anni ’80 è una battutaccia a sfondo
sessuale, ma il fascino del fumetto risiede sempre nell’atmosfera che anche i
testi contribuiscono a evocare. Va detto però che quando subentra Vigna (o forse
è solo suggestione?) il ritmo cambia e la narrazione si fa più chiara e
diretta: le didascalie superflue pian piano spariscono e i dialoghi
sintetizzano efficacemente quello che succede, senza fronzoli. Inoltre, visto
che sappiamo trattarsi dell’ultimo episodio dell’Ispettore, nelle ultime pagine
si rimane col fiato sospeso perché forse le cose potrebbero non concludersi
necessariamente per il meglio data la situazione in cui si trova il
protagonista.
I disegni di Battaglia ovviamente
non necessitano di commenti, il lavoro di Roi è eccezionale. Pur se la sua
personalità inevitabilmente si fa strada con un maggiore realismo, è evidente
come abbia cercato di fare propri certi stilemi e anche certe fisionomie del
Maestro. Anche l’approccio narrativo dei due disegnatori è differente: laddove
Battaglia impostava le sue tavole come sfondi teatrali (rendendo talvolta
ambiguo il senso di lettura) Roi è più tridimensionale. Da notare che anche i
balloon sono stati elaborati come se fossero stati fatti da Battaglia.
Un volume veramente molto bello che
offre una storia piacevole e dei disegni stupendi e non solo un tributo a uno
dei Maestri del fumetto italiano; qualche anno fa la sua pubblicazione sarebbe
stata salutata come un evento. L’unico difetto sono alcuni errori nel lettering
della seconda parte, ma nulla che rovini l’insieme.
Personalmente, non ho mai apprezzato molto le sceneggiature originali di Battaglia. Anche quando i soggetti erano buoni (mi vengono in mente gli Un uomo, un'avventura), trovo che soffrano sempre di problemi al ritmo, alla scansione.
RispondiEliminaSe la moglie (colorista eccezionale) lo aiutava a stendere le trame la cosa non cambia, semplicemente la responsabilità è condivisa.
Le due storie di Coke 'completate', da questo punto di vista, le trovai davvero poca cosa, tutt'altro che memorabili.
Mi piacciono invece molto i suoi adattamenti. Almeno, quelli brevi: Gargantua è già di nuovo pesantuccio (purtroppo, visto che l'originale di Rabelais è fantastico).
Come sceneggiatore Battaglia era un po' farraginoso, "demodé" appunto.
EliminaI colori di Laura Battaglia non mi hanno mai entusiasmato.
Neanche quelli dell'Estate indiana per Manara? A mio parere ha fatto davvero un ottimo lavoro lì.
EliminaQuelli erano belli e anch'io per molto tempo ho pensato che li avesse fatti lei, ma dovrebbero essere opera di una delle ragazze della redazione di Alter/Corto Maltese. Forse l'ho letto sull'articolo di Pollicelli su Fumo di China in cui parlava di Manara.
EliminaMa potrei ricordarmi male.
Ma davvero? Allora si è appropriata della paternità, visto che nei vecchi volumi di Milano Libri era accreditata lei...
EliminaE anche nelle edizioni di Rizzoli Lizard del Gaucho.
Difatti anch'io ricordavo queste indicazioni nei volumi. Può essere che ricordi male io l'articolo su Fumo di China.
EliminaPer quanto riguarda il colore, sono d'accordo, per me Battaglia è bianco e nero. Ho visto le tavole originali dell'Uomo della legione (alla mostra dei cinquant'anni di romanzi a fumetti) e sono stupende, addirittura più piccole dei libri di Un uomo un'avventura.
EliminaLe sceneggiature delle storie brevi sono efficaci, anche se didascaliche. Sulla lunga distanza diventano pesanti, Gargantuà per me è noiosissimo.
Io invece avevo difficoltà ogni tanto a capire cosa succedeva e come si concatenavano gli eventi nelle riduzioni dei racconti brevi. Non per lavori come Woyzeck che sono simbolici e lineari, ma per altre storie come Re Peste o Hop Frog.
EliminaLa particolarità delle sue tavole originali più piccole della stampa me l'aveva segnalata anche Alligo. Veramente un caso unico.
Mi confermi che è in bianco e nero? Sembra strano ma il sito dell'editore non lo specifica e di conseguenza neppure tutti i siti di vendita.
RispondiEliminaCerto: è in bianco e nero.
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