domenica 16 agosto 2020

Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior

Il volume raccoglie una serie molto poco conosciuta di Alfredo Castelli, progettata per una rivista francese che durò giusto il tempo dell’unico numero di prova per testarne le potenzialità commerciali. Come spesso accade nei volumi ad opera di (e curati da) Castelli, i redazionali sono quasi meglio dei fumetti. In questo caso, al di là della risaputa storia di Pilote e dell’influenza che ebbe sul mercato delle riviste francesi, è molto interessante la ricostruzione della vicenda editoriale di Vaillant/Pif; i ritratti di vari autori come Marcel Gotlib, Philippe Druillet e Jean-Claude Forest sono riportati con affettuoso divertimento e Castelli ci mette a parte di un preziosissimo cadavre exquis realizzato e regalatogli dal Gotha del fumetto franco-belga. E ovviamente non mancano degli interessanti dietro le quinte, come la conclusione anticipata de Gli Aristocratici su Pif a seguito delle accuse di apologia di banditismo!
Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior era stato pensato per il numero 0 della rivista Bazar, di cui furono stampate solo 150 copie (e ti credo che non ebbe successo!), ed era il remake di una storia breve realizzata insieme a Bonvi per Sorry. Il protagonista è un fanfarone che narrando vicende inverosimili può spaziare in tutti i generi, l’horror come il poliziesco come la fantascienza. Ai disegni c’era nientemeno che Georges Pichard, la cui necessità fisiologica di disegnare donne nude portò a qualche modifica dei dialoghi del primo episodio. Questo primo capitolo non è che sia granché, in effetti. Non credo di essere io a non averlo capito, perché a quanto si legge nell’introduzione la redazione di Bazar pensò bene di inserire un testo esplicativo che gli donasse un senso (e che non è stato inserito nel volume Cut-Up perché tradiva le intenzioni originali di Castelli).
Chiusa Bazar (che pure pubblicava Luis Garcia, molti autori umoristici di successo e l’asso pigliatutto Barbarella ancora al top della popolarità), Sir Aladdin… continuò a vivere su Scop Magazine, che però a sua volta non durò abbastanza a lungo da ospitare i nuovi episodi che vennero realizzati direttamente per l’Italia dal disegnatore Vincenzo (Enzo) Jannuzzi.
Prese le misure di Pichard, con il secondo capitolo Castelli confeziona una storia veramente bella, originale e divertente, con una donnina pienamente giustificata visto che è il perno attorno a cui ruota tutto. Anche il disegnatore deve aver gradito, visto che ha prodotto delle tavole spettacolari. Il terzo episodio, uscito su Il Mago, è una simpatica parodia delle storie di vampiri, basato su un’abile costruzione di false aspettative da parte del lettore. Non ricordo di averlo letto sulla rivista, o almeno non l’ho trovato. Ricordavo invece molto bene il quarto capitolo, che presentava uno scenario poi visto varie volte (ad esempio in uno dei Paradossi Temporali di Juan Gimenez e in una storia di Dal Pra’ su Comic Art): il protagonista si ritrova su quello che si scopre essere il corpo di una donna gigante. A suo tempo mi era sembrata una trovata di grana grossa indegna di Castelli, ma in realtà la trama è più articolata di quelle che sfruttando lo stesso canovaccio sarebbero venute dopo, non si risolve in questo semplice elemento e di conseguenza non ho fatto nessuno spoiler.
Nell’introduzione Castelli lamenta il pessimo lettering e la scarsa qualità di stampa delle due storie pubblicate su Il Mago, che lo fecero desistere dal continuare la serie. A me non sembra che il primo sia poi così male, mentre sulla qualità di stampa avrà forse influito il fatto che Jannuzzi disegnava a matita – o così mi sembra sfogliando la vecchia rivista. E d’altra parte questo volume della Cut-Up riproduce ancora peggio le tavole di Jannuzzi, non potendo ovviamente usare gli impianti di stampa men che meno le tavole originali. Chiaramente in questi due episodi made in Italy risaltano come un pugno nell’occhio le correzioni digitali al lettering precedente, che pensavo (speravo) nascondessero chissà quali contenuti nefandi oggi non più accettabili. In realtà Castelli ha solo corretto dei dettagli logici e narrativi. Di seguito un confronto all’americana.



A integrare il volume ci sono anche altri fumetti, che mi hanno trasmesso un senso di deja vu: inevitabile, visto che La Grande Invention de Cecil Billet de Mille è la versione francese dell’esperimento fatto con una banconota da 1000 lire su Horror, così come Il faut tuer Flossie! (disegnato da Enric Sio e “Henry Martin”, cioè Enrico Bagnoli) è un remake fatto per Scop Magazine, poi mai pubblicato, di un’altra storia di Horror, Delitto Perfetto. Poiché nel volume Nona Arte entrambi i fumetti venivano citati ma non riprodotti, si può dire che Sir Aladdin… funga anche da “companion” a quel volume.
Simpatiche le vignette di Fausse donne, “interpretate” da carte da gioco, altro bonus del volume. Da notare anche la presenza nell’indice finale di una vignetta parzialmente fotografica in cui Castelli si prende in giro e, sullo sfondo di pagina II, la comunicazione dei dati tecnici del documentario che si sarebbe occupato di Bazar, per cui venne chiesta l’autorizzazione di mostrare i fumetti realizzati da Castelli e quindi stimolo per la realizzazione di questo volume. Che spero venda più della tiratura di Bazar.

8 commenti:

  1. Essendo arrivato al 1979, nel mio spoglio / lettura delle riviste, ho da poco incontrato Sir Aladdino, la prima storia su un numero di Wow del '78, prima sul Mago. Niente di eccezionale, ma se penso alle idee che aveva Castelli prima di Martin Mistère... A proposito di idee di Castelli: ho per le mani i numeri della Bancarella di Schiaffino del 1979, quelli che hanno forma di rivista, e mi sto piegando dal ridere a leggere la castelliana rubrica "Lombroso aveva ragione"; una serie infinita di frasi politicamente scorrette!

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  2. Aspetto di finire di leggerle! In effetti vorrei fare un bell'articolo sulle tre incarnazioni della Bancarella.

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    1. In effetti ha una storia molto, molto interessante e complessa (la Bancarella dell'Anguilla non è mai esistita, giusto?)

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    2. Esiste il n. 2, manca l'1. Ma la storia della Bancarella inizia come inserto del quotidiano Il Lavoro di Genova, dove poi diminuisce lo spazio fino ad essere una semplice rubrica da meno di una pagina. Nel contempo esce autonomamente in formato tabloid. Terminate entrambe ques prime due incarnazioni, inizia la versione "rivista" che avrà una vita molto travagliat: se non sbaglio, dodici numeri dal 1980 al 1986. Ci sarebbe poi una quarta rinascita della Bancarella come rubrica all'interno della rivista Andersen (mensile di informazione sui libri per bambini e ragazzi), fondata da Schiaffino, che esce tutt'ora. Però ho solo due numeri degli anni '90.

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    3. ...e la versione in scatola? O era dentro un tubo da geometra? Ma magari la confondo con un altro progetto di Skiaffino.

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    4. Quello è l'ultimo numero del 1986. Ricordo il volto sorridente di Schiaffino a Lucca mentre lo porgeva a me ed un mio amico. E' un tubetto di alluminio, come quelli che all'epoca contenevano i termometri (o le pasticche di Alka seltzer!). Dentro c'è un rotolo di carta di un metro di lunghezza, stampato su due lati; l'indice non riporta le pagine ma i centimetri!

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    5. Ah, ecco, ricordavo qualcosa del genere!

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