Reboot o elseworld di Wonder
Woman uscito, da quanto ho capito, direttamente in volume.
Dopo un incipit che ci mostra la
potenza e la filosofia delle amazzoni comincia la storia che altro non è che un
lungo processo alla protagonista, colpevole di essersi mescolata al mondo degli
uomini e avere così rivelato l’esistenza della loro Isola Paradiso. Quella che
ci viene mostrata è una Diana ribelle e irrequieta, incuriosita dal mondo degli
uomini che la madre Ippolita spia attraverso un televisore/specchio magico che
avrà un ruolo importante nella vicenda. Come ogni anno si avvicinano i Giochi,
a cui Diana non può partecipare, almeno non come concorrente, a causa delle sue
doti fisiche superiori, visto che è stata creata a partire dall’argilla (o così
le ha detto sua madre). Nel corso delle celebrazioni trova il pilota
statunitense Steve Trevor, precipitato sulla loro isola, e questo innesca la
serie di eventi che porterà alla storia di Anno
Uno.
Grant Morrison scrive mescolando
elementi del mondo classico ellenistico, ipertecnologia surreale e il consueto
amore per il mondo kitsch dei supereroi: divertente la battuta dello Steve
Trevor delirante che (visto com’è vestita Wonder Woman) crede di trovarsi a Rio
per il carnevale, ma la figura di Elizabeth Candy, forse parodia di Mama Cass,
mi è sembrata meno azzeccata.
Yanick Paquette, colorato da
Nathan Fairbairn, è molto bravo a disegnare gli animali, i panorami, gli sfondi
neoclassici, gli interni e gli aggeggi tecnologici: non sembra nemmeno un
fumetto di supereroi se non fosse che i pochi maschi di rilievo sono
esageratamente pompati come da tradizione. E il suo più evidente cavallo di
battaglia, la figura femminile, è disegnato in maniera stereotipata: anche
quando ha evidentemente fatto un lavoro di ricerca per trovare le espressioni
giuste, le sue donne hanno tutte pose da pin up a volte artefatte e fuori
contesto, e finiscono addirittura per assomigliarsi persino se appartengono a
etnie diverse. Miliardi di volte meglio di tanti suoi colleghi, ma si arriva
alla fine un po’ nauseati da tanto glamour.
Non credo che Wonder Woman Anno Uno ambisca a essere
un capolavoro, più che altro è un divertissement
con cui Morrison ha voluto riallacciare i fili della continuity del personaggio (così credo di aver capito) e omaggiare
l’aspetto più giocoso del genere supereroico, come spesso fa. Qualche
estimatore lo troverà di certo.
Ho letto da qualche parte che Morrison voleva tornare alle origini del personaggio. Il suo creatore aveva partecipato da studente alla sperimentazione sul lie detector ed era un appassionato di bondage che praticava il poliamore: da qui il lazo magico che fa dire la verità a chiunque ne sia imprigionato. Etta Candy è creazione Golden Age - la classica "spalla" come Cico per Zagor - ma è proprio da Morrison citare i Mamas & Papas come ha fatto in All Star Superman celiando con JLA ( Justice League of America ) e JLO ( Jennifer Lopez ). Pop e post-moderno.
RispondiEliminaAh, quindi la Candy è una citazione/aggiornamento. Ciò me la fa un po' rivalutare.
EliminaCiao! Innanzitutto, complimenti per il blog dai contenuti davvero molto interessanti e ben presentati! Noi siamo Mary e Vale dal blog #lavaligiadicarta, anche noi parliamo di libri, e ci chiedevamo... ti va di scambiarci un follow? Grazie! 😊
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