La saga di Bull Rockett ebbe in realtà inizio nel 1952 coi disegni di Paul Campani, quindi considerando i ritmi forsennati di realizzazione di questa serie, all’arrivo di Solano Lopez ai disegni (1955) poteva vantare già un universo ben delineato. Non dico che si ha l’impressione che la storia inizi in medias res, però ogni tanto si avverte che c’è qualcosa di preesistente che sarebbe stato il caso di conoscere: ad esempio il fratello “gangster” di Bull, Joe, compare senza essere minimamente introdotto (i lettori argentini ovviamente sapevano già chi era), mentre il riferimento agli alieni “plastici” con cui i protagonisti hanno avuto a che fare poco prima di queste storie è inutile se non fuorviante in alcuni riassunti, che sembrano essere stati tradotti dall’episodio sbagliato.
I protagonisti di questo fumetto sono lo scienziato-avventuriero Bull Rockett e i suoi colleghi e amici Bob Gordon (che funge da cronista per Misterix, la rivista dov’era pubblicato) e il meccanico Pig che invece è la spalla comica, anche nell’aspetto molto caricaturale. Altri personaggi gravitano attorno a questi protagonisti, come Mama Pigmy e il già citato Joe Rockett.
In queste storie vengono mescolati fantascienza, esotismo, spionaggio e avventura pura. È evidente (o almeno è la mia impressione) che Oesterheld scrivesse senza sapere bene dove sarebbe andato a parare, iniziando ogni singola avventura con un’introduzione roboante per poi giustificarla in corso d’opera, magari correggendo alcuni dettagli delle trame a mano a mano che le storie procedevano.
Le storie sono tutte un po’ inverosimili, ma se non altro Oesterheld ci metteva un sacco di technobubble che le rendeva almeno avvincenti se non proprio credibili. C’è in questo piccolo assaggio di Bull Rockett quello che ha reso giustamente famoso Oesterheld, ovvero la capacità di mettere in scena situazioni assurde o apparentemente impossibili per poi appagare il lettore con una giustificazione scientifica o pseudoscientifica – anche se però qui mi pare che abbia tirato un po’ troppo la corda della verosimiglianza.
Nello specifico, le sei avventure qui raccolte sono: Cacciatori di teste, che tratta del salvataggio di un paio di prigionieri dai riduttori di teste Jivaros (con un bel colpo di scena finale, che Oesterheld potrebbe aver tratto da un fatto di cronaca o da un racconto letterario); Quando morì Bull Rockett, un’invasione aliena piuttosto confusa in cui vari elementi vengono corretti in corsa (e pensare che in origine venne pubblicata in un’unica soluzione su Super Misterix); Il giardino diabolico, una storia suggestiva di spionaggio misto a fantascienza in cui però con l’ipnotismo si risolve qualsiasi cosa, e il cui colpo di scena finale è prevedibile; La caverna degli orsi, una trasferta europea dove una missione di salvataggio si sposa con una leggenda bretone di cui Oesterheld dà una spiegazione soddisfacente (per quanto vi fosse la necessità di svelare con calma i vari misteri e di approfondire i personaggi coinvolti, forse si è protratta troppo a lungo); L’isola delle perle verdi, avventura esotica con un vaghissimo retrogusto fantascientifico (e anche qui con dei voltagabbana forse decisi sul momento per movimentare le cose); Dischi volanti, che come intuibile dal titolo è fantascientifica, ma ha anche un originale risvolto romantico: gli UFO però non volano ma sono sottomarini e rapiscono i pescatori di Olson Bay.
Al di là dell’aspetto sin troppo fantasioso che si può giustificare con il desiderio di creare sense of wonder, il limite di Bull Rockett è che il protagonista è troppo colto, atletico, intelligente, intuitivo, geniale, forte e alla fine risulta un po’ antipatico. Sì, tantissimi altri protagonisti dei fumetti di quegli anni lo erano, ma non certo quelli di Oesterheld: il coevo Sargento Kirk è un personaggio molto più sfaccettato e affascinante, e se non ricordo male l’economia interna al suo gruppo è gestita meglio che non quella del “clan” Rockett, in cui Bob e Pig potrebbero anche essere assenti – e infatti a volte lo sono, tanto ci pensa sempre Bull a risolvere le situazioni.
I disegni di Solano Lopez, anche facendo la tara alla pessima qualità di stampa, non sono granché. Lo si può giustificare con la necessità di imitare lo stile del creatore grafico Paul Campani e con i ritmi frenetici di lavorazione (almeno cinque tavole orizzontali con una decina di vignette l’una alla settimana, più gli speciali mensili! E anche se ogni tanto un terzo o metà delle tavole erano occupate da pubblicità o raccontini, le proporzioni erano le stesse), così come è probabile la partecipazione di collaboratori meno preparati, ma comunque il risultato non rende giustizia a Solano Lopez: i volti dei personaggi, rigidissimi, sono quasi sempre di profilo o di fronte e le figure intere sono dei blocchi granitici. Le proporzioni originali rendono poi piuttosto traumatico il passaggio a questo formato più piccolo.
Sull’edizione Cosmo non c’è molto da dire visto che dopo la loro versione de L’Eternauta e di Amapola Negra uno potrebbe averci fatto il callo alla bizzarra lettura orizzontale. Mi chiedo però perché non tradurre “Tabano”, l’incredibile aereo atomico con cui si muovono i protagonisti (progettato da Bull Rockett, ça va sans dire).
Trattandosi di un inedito (almeno per me) di Oesterheld e Solano Lopez “dovevo” prenderlo, ma francamente non so se consigliarlo – anche se 6,90 euro sono un prezzo onesto per 176 pagine, Bull Rockett (la maggior parte di queste sei storie, almeno) è un gradino sotto altre produzioni del maestro argentino, e comunque la loro lettura è preclusa ai presbiti.