domenica 1 maggio 2022

Noir Burlesque 1

Per estinguere un cospicuo debito del cognato, Terry B. Dole detto Slick lavora di malavoglia (cioè fa il rapinatore) per il boss Rex. Il suo scontento è esacerbato dal fatto che la sua ex di cui è ancora innamorato adesso è la donna di Rex e presto lo sposerà. Debbie, che col nome d’arte di Caprice si esibisce in spettacoli di burlesque nel locale di Rex, ha a sua volta dei sentimenti contrastanti verso Terry, e a suo tempo cedette a Rex perché Terry era lontano a combattere in guerra. Impossibile dire quale guerra, se la Prima o la Seconda Mondiale: l’unico riferimento temporale è la citazione di Lucky Luciano, che è morto negli anni ’60.

La situazione precipita e per pura fortuna Terry si salva dai sicari di Rex, che scopre anche di una scappatella tra i due. Ma invece di ammazzarlo Rex gli propone un lavoro con cui potrà vendicarsi di qualcosa successo in passato, che scopriremo nel prossimo volume. A completare il quadro, oltre ai pittoreschi sgherri di Rex, c’è un poliziotto di origini irlandesi che sta col fiato sul collo di Terry, con cui ha tracorso l’infanzia. Il flusso della narrazione è un po’ movimentato da un incipit che potrebbe essere un flashback o un flashforward.

Come si conviene al genere, lo stile dei dialoghi è sopra le righe e a tratti tanto innaturale da suscitare un sorriso, e forse era proprio quello che voleva Marini. I disegni sono ovviamente stupendi. Le tavole sono realizzate a mezzatinta e l’unico colore che affiora occasionalmente è il rosso di capelli, abiti, automobili, boccette di ketchup, sangue, ecc. Purtroppo la struttura delle tavole fa quasi sospettare che in origine Noir Burlesque fosse pensato per un formato più piccolo visto che a volte ci sono solo quattro o addirittura tre vignette per pagina. E si tratta spesso di primi piani e mezze figure, con sfondi risolti a volte senza eccessivi dettagli. A tratti mi è sembrato un fumetto Bonelli ingrandito visto che affiora anche la gabbia a sei vignette. Ottimo per lettori presbiti, ma nonostante vanti un centinaio di tavole alla fine questo volume si legge piuttosto rapidamente. E inevitabilmente risaltano di più quelle piccole deroghe all’anatomia che è fisiologico che un disegnatore adotti per necessità espressive, di spazio, composizione, ecc. Mi si potrebbe ribattere che essendo un fumetto francese prima lo si legge e poi si gustano con calma i disegni per coglierne i particolari, ma Marini non ha messo nulla di più di quanto servisse alla narrazione, e non lo si può certo definire pigro e men che meno incapace. Ah, le gioie dello storytelling!

Se questo fosse il canto del cigno dell’esperienza Panini con la BéDé non sarebbe proprio un finale glorioso, per quanto Noir Burlesque abbia senz’altro i suoi pregi.

4 commenti:

  1. Scommetterei sulla WW2 visto che si cita Lucky Luciano.
    La trama sembra scritta da un algoritmo che ha raccolto tutti i cliché del noir americano dalla dalia azzurra in poi.
    E' parecchio che da queste parti non si vedono algoritmi.

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    1. Boh, Lucky Luciano era attivo già negli anni '20, mi pare. In una prima stesura avevo incluso tra le papabili anche la Guerra di Corea, ma Debbie dice espressamente che Terry era andato in Europa.
      Eh, sì, tanti stereotipi ma con un fumetto di genere è difficile non cascarci.
      Ah, non "da queste parti": "a queste latitudini".
      Comunque avrei in programma anche qualche recensione di robaccia americana, vedrai che i logaritmi torneranno come mosche sul Kirby.

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    2. Bisognerebbe vedere com'è la citazione. Negli anni 20 lo conoscevano in pochi, relativamente. Dopo la WW2 gli americani che erano sbarcati in Sicilia sapevano più o meno che zio Luciano ti da' una mano.
      Ho notato il raffinato paragone, sì per noi veri intenditori Kirby è come il "miele"... A meno che tu non intendessi un'altra "cosa" nel qual caso saresti un irriverente e meschino bedòmane.

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    3. Lo sai che per me era un grande (Lucky Luciano, intendo).

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