venerdì 29 luglio 2022

Il Fumetto. Le sue origini e la sua diffusione in Italia

A dispetto del titolo questo volume si occupa sì precipuamente di fumetto ma è anche un po’ un memoir dell’autore e offre in controluce una storia dell’Italia e di Trieste.

Le dimensioni ciclopiche non devono spaventare: oltre allo stile di scrittura molto accattivante e spigliato, il libro è caratterizzato da una struttura frammentaria costituita da 151 capitoli di breve durata (eccezionalmente una dozzina di pagine al massimo, più spesso anche poco più di mezza facciata) con bene in evidenza l’argomento trattato: in questa maniera il lettore può tranquillamente cominciare la lettura dalla parte che più gli interessa per poi passare a un’altra o leggere il libro dall’inizio alla fine. La genesi dell’opera è piuttosto singolare: nasce come regalo da fare agli amici ma si sviluppa e si arricchisce fino ad assumere le dimensioni attuali. Visto che per questo motivo certe parti sono state riprese o redatte a distanza di anni (immagino) sono inevitabili delle ripetizioni, di cui comunque lo stesso autore dà conto.

La parte teorica (cos’è il “linguaggio” fumetto) viene presto risolta nei primissimi capitoli, per dedicarsi poi alla storia del medium nei vari Paesi con particolare riguardo all’Italia. Nelle sue oltre 500 pagine il volume inanella molte curiosità e dietro le quinte del mondo del fumetto, e meriterebbe di essere preso solo per quelle. Certo, è vero che molte cose sono state riprese da altre fonti (che peraltro Fontana segnala rigorosamente, con puntiglio addirittura esagerato) ma mai prima d’ora erano state collegate tutte in un’unica soluzione. Volete finalmente scoprire come me chi era il copertinista del primo numero di Comic Art oppure quale fu l’involontario stratagemma con cui i Kappa Boys ottennero credibilità presso la Shueisha o chi per primo usò il termine «fumetto» (e cosa si usava prima) o quanto vendeva Frigidaire nel periodo d’oro (ma per me è troppo: o Fontana si è confuso con Il Male o è scappato uno 0 di troppo) o se il fantomatico albo 59 del Settimanale dell’Uomo Ragno esiste veramente o quale fu il primo manga a vedere la luce in Italia nel lontano 1962 o quale era la filosofia produttiva dei “pornetti” o dove e come comparvero in prima battuta alcuni degli episodi di Pratt della collana Un Uomo Un’Avventura? Qui trovate tutte le risposte. E molto, moltissimo altro: ho scoperto ad esempio che prima della Corno Max Bunker e suo cognato avevano già tentato una sortita in edicola assai effimera e quasi vergognosa (e che oltretutto è esistito un altro Alan Ford prima di quello che conosciamo) e che Antonio Vianovi aveva una capacità diabolica nel farsi fare i disegni per le sue edizioni e che Manara inscenò una mezza polemica al momento della sua premiazione a Lucca 1980 e che il classico formato 17x24 si chiamerebbe formato Albo d’Oro.

Aneddoti e curiosità non mancano, insomma, e molto spazio viene dedicato anche ad argomenti poco trattati come la stampa amatoriale (quella che ristampava i fumetti dell’anteguerra in maniera cronologica o anastatica), le fiere di settore e le autoproduzioni. Ma non mancano, come anticipato, nemmeno informazioni sulla società italiana e mondiale per inquadrare meglio certi fenomeni. Particolarmente interessante è la ricostruzione del secondo dopoguerra, non solo dal punto di vista dei “giornalini” ma anche della società e dell’economia che inevitabilmente influirono sulla stampa periodica. Non sapevo ad esempio che i prezzi delle riviste variassero da nord a sud a causa delle difficoltà nel trasportarle materialmente, tanto che addirittura ci furono casi di copertine che presentavano un bollino vuoto senza il prezzo, che sarebbe stato aggiunto con un timbro a seconda del luogo di diffusione.

Inevitabilmente ci sono alcune cose che avrebbero meritato maggiore spazio o almeno la citazione (nei capitoli sulle riviste d’Autore non si parla di Corto Maltese) ma il tomo non vuole essere “una” storia del fumetto in Italia, ma la storia del fumetto vista attraverso gli occhi dell’autore, che se da una parte spara a zero su Il Corriere dei Piccoli, reo di non aver importato in Italia il “vero” fumetto (tesi condivisibile) dall’altra non nasconde nemmeno le sue simpatie, come quella peraltro dichiarata per Treviso Comics.

Date le dimensioni del volume è fisiologico che siano presenti alcuni errori. Una volta un testo del genere avrebbe avuto almeno tre correttori di bozze (tra cui un cultore della materia), cosa che nemmeno la Mondadori penso possa più permettersi. Nella maggior parte dei casi si tratta di lapsus calami o come diavolo si chiamano gli errori dovuti al correttore automatico di Word, ma probabilmente anche una formattazione diversa del testo al momento della consegna all’editore ha determinato qualche errore: il numero 1980 ritorna piuttosto spesso a sproposito, ad esempio come anno di pubblicazione del primo saggio su Dylan Dog che però uscì solo nel 1986, e non ci sono dubbi sul fatto che Fontana lo sapesse benissimo.

A causa dei capricci di Windows ecco quindi che Harvey Pekar diventa «Parker», Vicente Segrelles diventa «Vincente», i Georges francesi (Pichard, Wolinski, ecc.) vengono inglesizzati in «George», ecc. Detto questo, se fossi l’autore mi terrei bene alla larga dai circoli texiani per non finire ricoperto di pece, piume e fatto sfilare con un cartello con su scritto GALLEPPINI SI SCRIVE CON DUE L.

Il volume, che penso sia riduttivo definire manuale o storia del fumetto, beneficia di un formato A4 e di un’impaginazione semplice ma elegante e funzionale su due colonne, con un discreto apparato iconografico che presenta anche qualche chicca. Come detto le pagine sono oltre 500, tutte su carta patinata: 40 euro più che giustificati, insomma.

17 commenti:

  1. Eh, ora però mi devi dire almeno chi è il copertinista del primo Comic Art, se no stanotte non dormo.
    Le curiosità sono divertenti. Io navigando in rete ho scoperto che gli americani, quando scrivono "Italian Fumetti" vogliono dire i fotoromanzi. Una volta l'ho anche visto scritto "Funnetti", con un gioco di parole che fa molto Broccolino.

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    1. Su una rivista francese davano del "fumattore" a Manara, probabilmente trascrivendo male fumettaro.
      Chi era il copertinista del primo numero di Comic Art? 40 euro e potrai tornare a dormire il sonno del giusto.

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    2. Non sapevo neppure che esistesse il mistero della copertina, ma continuo a dormire bene!

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    3. Quindi tu sapevi chi era l'autore dell'illustrazione E IN TUTTI QUESTI ANNI NON ME L'HAI MAI DETTO!

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    4. No, non hai capito: io NON lo so tutt'ora. Oggi ho consultato il numero in questione ed il Peruzzo, senza risultati. Mi è rimasto il Boschi...

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    5. Eh eh... ti ho messo il tarlo, eh?

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    6. 40 euri ... 40 gocce del mio sangue ... (cit. Scrooge Mc Duck italian sytle)... ma in fondo fra 5-10 anni, con questo caldo in progressione geometrica, saremo tutti morti. Ci penserò.
      Stavo addirittura pensando di comperare il biglietto globale-totale (previo mutuo) per la prossima Lucca, in modo da starvi tutto il tempo attaccato ai cabbasisi... l'unica cosa che mi frena è il rischio Covid/vaiolo delle Simmie/malattia di Lyme etc. ... Meglio bruciare subito che spegnersi lentamente? ci penserò.

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    7. Se proprio devi spendere, entro il 4 agosto i prezzi sono ridotti. Poi la biglietteria chiude e a settembre la mazzata.

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  2. I fumetti di Pratt per Un uomo un'avventura sono tutti ricicli di storie pubblicate in Francia, come immagino sia scritto nel saggio. Addirittura, L'uomo della Somalia (uscito prima in Francia, comunque), nella stessa Italia fu proposto dapprima sul quotidiano Paese Sera e solo dopo su UUUA (alla faccia dell'anteprima!).

    Solo L'uomo del grande Nord uscì effettivamente per la collana di Bonelli, ma la pre-pubblicazione sulla Pilote francese, iniziata appena un mese dopo, mi ha sempre fatto pensare che sia stato più che altro un caso fortuito.

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    1. Viene anche detto che La Macumba du Gringo venne serializzato su un giornale (Paese Sera o Il Giorno o un altro) ma in bianco e nero, con qualche tavola in meno e soprattutto senza censure!

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    2. In spagnolo, c'è un albo della Nuova Frontera del 1979

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    3. Sì, era già apparsa in quella versione sulla Pilote francese.

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    4. Di censure, però, non ne ero a conoscenza. In cosa consisterebbero, poi? Capezzoli e sangue in bella vista ce ne sono anche nell'edizione CEPIM.

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    5. Rapporto orale tra due donne e un'inquadratura alla Kismet morente (se non confondo col nome di un'altra) di Vanghe Dancale.

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  3. #noiboomerabbiamovistocose negli anni '70 erano in molti a sbagliare a scrivere Galleppini, venivano ingannati dalla firma "Galep" con una L sola.

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  4. In tema di storia del fumetto italiano, segnalo un'interessante intervista a Paolo Telloli, uscita oggi su YouTube.

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