sabato 23 luglio 2022

Not All Robots: I migliori amici dell'uomo

Presentato come thriller (o così lo avevo interpretato io) si è rivelato invece un fumetto satirico, ed è stato molto meglio così. Lo scenario è quello di un mondo prossimo venturo in cui gli uomini sono costretti a vivere all’interno di bolle cittadine che li preservano dalle condizioni climatiche mortifere esterne. Non solo: a ogni famiglia è assegnato un robot, che in quanto tale (non può stancarsi, è più produttivo, ecc.) lavora per lei mantenendola mentre gli umani oziano a casa oppure vanno a scuola per imparare cose che poi non metteranno mai in pratica. Solo poche categorie, anzi sembrerebbe solo i parrucchieri, continuano una vita lavorativa normale. Anche le forze di polizia e la giustizia sono gestite da robot, ma comunque queste macchine dimostrano una certa emotività (e anche una certa ironia) grazie al chip dell’empatia con cui possono relazionarsi più “naturalmente” con gli umani. Ma non è una cosa necessariamente positiva visto che alcuni si sentono sfruttati o disprezzati dalla loro famiglia. Ed esiste sempre una possibilità che un errore di sistema li trasformi in assassini. Ma a breve dovrebbero entrare in produzione i mandroidi, robot dalle fattezze umanoidi che per questo dovrebbero essere accettati con più facilità dagli umani.

I riflettori sono puntati principalmente sugli Walters, il cui robot frustrato dal lavoro e dal clima familiare passa degli inquietanti momenti a lavorare in garage a qualcosa di misterioso.

La situazione precipita quando a Orlando un errore del robot cui spetta di erogare l’ossigeno nella bolla porta allo sterminio di 200.000 umani. Giudicato innocente, scoppia la rivolta contro i robot, che dal canto loro aspettavano solo un pretesto per scendere in piazza contro gli umani anche per sfogare la frustrazione di essere prossimi alla sostituzione con i mandroidi.

La storia finisce con un ottimo colpo di scena, rivelando che in realtà al di fuori delle bolle cittadine c’è una qualche forma di vita umana, cosa che offre il destro a Mark Russell per prendere di mira anche i suprematisti bianchi – o almeno credo. Questo purtroppo porta anche allo sviluppo di una trama che sembra orientarsi verso una storia di fantascienza più canonica rispetto alla parabola sarcastica che avrebbe potuto essere se si fosse conclusa con questo volume, che in realtà è solo il primo di una serie o miniserie.

Lo sceneggiatore scrive in maniera brillante, potrebbe essere nuovo del mondo dei fumetti e infatti a frasi a effetto, stacchi arditi e ritmo sostenuto preferisce un fluire più scorrevole e dei dialoghi quasi teatrali. Sotto la sua scure caustica passano sia il razzismo e il classismo che l’ipocrisia del politically correct e della cancel culture: per rendere meno minacciosi i robot domestici basta cambiare i loro nomi con qualcosa di più rassicurante… Le situazioni paradossali in cui cala i personaggi sono esilaranti anche in virtù della naturalezza con cui vengono accettate. A scandire il tutto il talk show Talkin’ BOT, che contrappone un robot a un’umana e fa da contrappunto sarcastico alle varie situazioni in cui si trovano coinvolti i personaggi.

Ahinoi, Mike Deodato Jr. non è quello di una volta. Quasi volesse a sua volta sottolineare la pericolosità della meccanizzazione e l’insostituibilità della manualità umana per certi settori, usa in maniera esagerata il digitale. I suoi umani, evidentemente “disegnati” con qualche programma, sembrano più imbalsamati e artificiali dei robot stessi. È evidente che per alcuni primi piani sia partito da fotografie (forse il capofamiglia degli Walters è Michael Douglas) ma comunque l’espressività latita. Il colorista Lee Loughridge ci mette del suo sbagliando mira e non imbroccando ad esempio i contorni di un naso o delle labbra. Inoltre non capisco perché Deodato Jr. debba strutturare le tavole con delle vignette che escono dai margini di quelle già sufficienti per seguire il filo della narrazione: non aggiungono nulla e confondono un po’ la lettura.

Una lettura che rimane comunque molto divertente e originale, che oltre ai limiti della parte grafica fa rimpiangere solo che non sia stata iniziata a conclusa in un unico volume-parabola.

11 commenti:

  1. Scenario da vecchia fantascienza anni 70, sennonché temo che l'idea delle "bolle climatiche" si collochi più nella narrativa d'anticipazione (nel senso che ci arriveremo presto).
    E' sorprendente quanto sia stata utilizzata la parola "mandroide". Io mi ricordavo quelli Marvel, ma ho visto che è stata usata davvero molto per film, fumetti e videogiochi. Tanto più strano in quanto è una parola inutile, infatti per significare "robot con fattezze umane" basta dire "androide".

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  2. Guardato in rete - non sapevo della traduzione - e direi che non è tanto Mike Douglas quanto Kurt Russell. Un primo piano nel numero tre, mi pare. Mike Deo jr usava ogni tanto un riferimento fotografico anche negli anni novanta. Il vecchio del motore del mondo di Thor e forse anche il pulotto biondo. Una signora nel suo anno di Wonder Woman. Nel 21mo secolo è andato progressivamente portandosi allo stile per cui nei suoi Thunderbolts abbiamo Tommy Lee Jones e Ed Norton. Il suo pubblico apprezza. Dubito che tornerà alla rielaborazione dello stile Image di Elektra o Glory. La strada è tracciata. A meno che passi ad un fumetto con soli robot non antropomorfi, ma nell'editoriale del primo numero mi pare abbia notato come non abbia mai disegnato tanti robot, il che mi pare un segnale chhe andrà altrove, se potrà...

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    1. Io mi ricordo un episodio di Dylan Dog con protagonista un Mickey Rourke assassino. Forse era di Casertano non ricordo. Comunque gli italiani sono inarrivabili in questo tipo di bischerate, si è visto di tutto, da Alain Delon a Bogart, a Franco Franchi... al di là del giochino "lo riconosco", a che serve?

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    2. E' dopo mezzanotte, cioè la rilettura di Sclavi/Casertano di Fuori Orario di Scorsese con Dyd al posto di Griffin Dunne.

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  3. Naturalmente un protagonista o un personaggio di contorno con i tratti di un attore/personaggio famoso aiuta sul versante delle references da dare al disegnatore.

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  4. Nel tempo il personaggio tende ad emanciparsi man mano che il disegnatore ci lavora. Zagor e Diabolik partono dal viso di Robert Taylor, ma non si assomigliano così tanto...

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    1. Sì ma è diverso. A partire dagli anni 80 soprattutto con Dylan Dog. Sclavi inaugura un citazionismo alla Tarantino, divertente ma fine a se stesso. Dylan come Zagor somiglia un po' al suo referente filmico (quell'inglese un po' Frù-Frù di cui ora non mi sovviene il nome), Groucho invece, comprimario, nasce sputato al fratello scemo di Karl Marx e tale rimane. Stesso discorso per Nick Raider, lui "somiglia" a Robert Mitchum con un po' di Tex ma l'amico nero è Eddie Murphy sputato. L'unico caso di protagonista "ricalcato" che mi ricordi è Sorrow su l'intrepido, che aveva la faccia di Bogart (o forse di Robert Sacchi). E naturalmente Alamo Kid, ma conta poco perché Delon lo trovavi dappertutto. Pensandoci bene anche Ken & Dan, ma era più arduo riconoscerli (Franco Gasparri e quell'altro bischero del suo collega biondo, che invece io da piccolo credevo ispirato a Gil Cagné). Invece per le "apparizioni" da una o due vignette si è visto davvero di tutto, probabilmente ritraevano anche i loro parenti.

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    2. Voglio dire che negli anni 70, se ti capitava di trovare Franco e Ciccio o il comandante Straker di Ufo in 2 o 3 vignette di un fumetto, se li riconoscevi, bene, sennò finiva lì, ma la citazione non continuava a livello testuale come usò fare Sclavi. Ora non so se i personaggi di Not all Robots siano solo "facce" o se il riferimento all'attore sia più insistito. Poi sono tutte mie impressioni.

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    3. Dyd è Rupert Everett. Il primo Dylan era Antonio Gades ed al posto di Grouchio era Marty Feldman. E New York al posto di Londra. Poi Sclavi ha visto Another Country e ha mandato Villa e Stano al cinema armati di taccuino. Nick Raider è ispirato al Ryan O'Neal di Driver l'imprendibile, ma "diventa" Mitchum dopo i due numeri di Milazzo ( cosa che balza all'occhio nel passaggio dalle covers di Casertano a quelle di Ramella).

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