venerdì 5 dicembre 2014

Historica 26 - La Grande Guerra: Scontro tra Imperi



Sotto il titolo legittimamente paraculo (visto il centenario) di La Grande Guerra il nuovo numero della collana Historica presenta la serie francese in tre volumi Le Temps du Rêve. È una storia di guerra, ma con molti margini di originalità. Al fronte di Gallipoli, e poi sempre più in profondità nell’Europa continentale, si ritrova lo spaesato Thomas Freeman, uno di quei giovani aborigeni che agli inizi del XX secolo vennero strappati alle loro famiglie per essere “civilizzati” dai coloni inglesi (illuminante in tal senso la puntualissima introduzione di Sergio Brancato, ma se vi interessa l’argomento guardatevi anche il film La Generazione Rubata di Phillip Noyce).
Freeman riesce a sopravvivere alle brutture della guerra grazie al suo contatto con il Tempo del Sogno, il “vero mondo” che secondo gli aborigeni (almeno, quelli della tribù Aranda di cui fa parte) genera il nostro. E sopravvive non solo perché con la valvola di sfogo dello straniamento dall’orrore bellico riesce a non farsene influenzare, ma anche perché i consigli che le sue visioni gli mandano gli salvano la vita in più di un’occasione.
Grazie al suo carisma e al suo valore riuscirà addirittura a convertire ai riti aborigeni gli altri commilitoni sempre più precipitati nella disperazione e nella barbarie.
Come è giusto che sia, e nonostante il canovaccio riportato qui sopra, in La Grande Guerra sono presenti gli inevitabili stereotipi del genere (l’ufficiale incompetente e stronzo, quello anacronisticamente “illuminato”, ecc.) ma viene dato spazio anche allo sviluppo di personaggi secondari che risaltano per la loro complessità e per il percorso di maturazione che compiono. Penso ad esempio al tenente Upfield, ma non solo. Molto buona la parte conclusiva, quando la guerra è ormai finita e i personaggi si trascinano a cercare un loro posto nel mondo: il cinismo e la disperazione, ancora una volta calati in un contesto documentatissimo rievocato alla perfezione, riscattano tutta la sequenza consolatoria new age del finale.
In sostanza si tratta di un trittico appassionante, originale e documentatissimo. Purtroppo l’aspetto grafico non è alla stessa altezza di quello testuale. Olivier Ormière avrebbe (suppongo) anche un tratto piacevole e un buon senso della composizione della tavola, ma le sue doti si intravedono appena sotterrate dall’uso smodato del computer. Imbalsamati in quella resa asettica anche i volti più espressivi sembrano rigidi, così come le scene più movimentate sembrano fermi-immagine. Quando poi un personaggio risulta essere palesemente ricalcato sulle fattezze di Michael Douglas allora mi cadono proprio le braccia. Per non parlare delle scene di massa risolte copiaincollando due o tre figure fino a ottenere una folla legnosa e poco credibile. Disgustoso. I colori dati con l’accetta da Virginie Blancher non aiutano. Per fortuna la nuova grafica scelta dalla Mondadori ci ha offerto una copertina molto più interessante di quelle glaciali pseudo-iperrealiste dei volumi originali.
In definitiva un fumetto quantomeno interessante, con più di uno spunto originale e coinvolgente ma purtroppo penalizzato secondo me da un comparto grafico non all’altezza.

PS: niente marchio di fabbrica della collana Historica, stavolta, ovvero niente balloon invertiti. In compenso a pagina 121 si sono dimenticati il testo di una nuvoletta. Poco male, dallo spazio ridotto si capisce che non c’era molto testo.

Nessun commento:

Posta un commento