E finalmente, dopo che alla
fumetteria era arrivata una copia un po’ malridotta rispedita al mittente, ho
potuto leggermi l’ultimo parto della coppia Azzarello-Risso.
La storia è ambientata tra i redneck, nell’America rurale di fine
anni ’20. Azzarello ci mette dentro tutto quello che ci si può aspettare:
proibizionismo, federali, malavitosi, magia nera, bifolchi cazzutissimi. E ci
aggiunge anche un tocco originale con la licantropia.
Lou “il Bello” viene inviato dal
suo boss di New York a trattare con gli Holt affinché lo riforniscano del
whisky che distillano clandestinamente: “trattare” significa fondamentalmente
che il patriarca Hiram Holt dovrà accettare le condizioni senza fiatare per
evitare ripercussioni. Ma il compito non è per nulla facile: uno solo degli
Holt ha già fatto fuori una squadra di agenti dell’FBI, sbranandoli…
Approfittando dell’alcolismo di
cui soffre Lou e dell’atmosfera sospesa del West Virginia, Azzarello scrive una
storia sincopata che non procede linearmente ma fa qualche balzo in avanti a
causa dei vuoti di memoria del protagonista. I vari “buchi” verranno riempiti o
meno a seconda dell’estro dello sceneggiatore. A questo si uniscono il suo
consueto stile di scrittura fatto di dialoghi allusivi e un sacco di personaggi
secondari, oltre che degli inserti onirici riferiti a un vecchio trauma di Lou,
rendendo il bandolo della matassa un po’ ostico da dipanare. O meglio: la trama
in sé è perfettamente comprensibile, ma bisogna mettersi d’impegno per cogliere
tutti i dettagli e capire alcune delle sequenze parallele. Il finale lascia un
po’ di amaro in bocca, non tanto per la conclusione drammatica quanto perché
Azzarello sembra aver riciclato in fretta e furia un McGuffin dopo essersi dimenticato di averlo introdotto.
I disegni di Risso sono stupendi
come al solito, e stavolta ha anche colorato le sue tavole in prima persona con
risultati fantastici, evocando alla perfezione l’atmosfera di Dixieland e aggiungendo
pathos dove serviva. Paradossalmente, i flashback
realizzati all’acquerello sono un po’ meno efficaci del resto.
L’edizione Oscar Ink non è
proprio economica. Con 22 euro ci portiamo a casa un volume cartonato stampato
su carta non patinata (che un po’ indebolisce i colori di Risso) e che
raccoglie solo 6 comic book originali,
che però in questo caso almeno hanno di solito un paio di tavole in più
rispetto alle canoniche 20.
In appendice l’ormai immancabile selezione di variant cover si esaurisce in due solo
pagine. E il formato è poco più grande del classico 17x26. Altri operatori del
settore che trattano le stesse tipologie di fumetto (Panini, saldaPress, Magic)
avrebbero probabilmente licenziato lo stesso volume a un prezzo più basso, e
probabilmente su carta patinata. Di logica un colosso come la Mondadori
dovrebbe praticare prezzi molto più bassi rispetto a quelli della concorrenza,
ma evidentemente il fumetto è un settore in cui la recente esperienza
dell’editore lo ha spinto a una maggiore cautela.
Cercando di non farmi influenzare
da queste ultime considerazioni, credo di poter dire che Moonshine non è un capolavoro ma sicuramente una lettura piacevole.
Proprio ieri ho sfogliato Moonshine e non ne sono rimasto affascinato. Alla fine ho preso un altro volume Oskar Ink: Trottole di Tillie Walden (titolo originale Spinning, Eisner Award 2018 nella categoria Best Reality-Based Work).
RispondiEliminaper me Risso è sempre Risso!
EliminaNon so se avrò mai il coraggio di leggere quale sia il tocco originale aggiunto dal mio buon amico ed ex allievo Azza. Sono un fan del dinamico duo dal tempo di Hellblazer e 100 bullets e quella storia di Bats che inizia con Killer Croc e con Bats che dubita che la pioggia siano le lacrime di Dio per Gotham e potrei , prima o poi come direbbe Luis Bicco, leggere anche questa storia di rednecks che sbranano la gente anche se colla età sto diventando vegetariano e, soprattutto, amante del b/n e quindi spero che Risso torni al n/n e ci dia una storia, per esempio, di mojados che in realtà sono cartoonists argentini che scappano con la Ultimate Historieta nomata Vertigo Vengeance che è la Prima Parola mai pronunciata dal primo narratore nato da donna e da uom sul nostro pianeta quando tutto era fresco e nuovo e concetto ed insomma una roba essenziale ed in b/n. Azza potrebbe scriverla col suo stile allusivo e primo di balloons di pensiero fastidiosi ed inutili quando il disegnatore fa recitare i suoi personaggi e financo quando non lo fa perchè è affascinante la ambguità di una maschera sfingea colla nuvoletta sopra la zucca che dice una cosa e potrebbe essere emanata da chi la pensa diversamente.
RispondiEliminaCiao.
Azza... Quanti ricordi... Era un'arma della scatola di D&D e si fantasticava su cosa fosse... Semplicemente, era un refuso di "mazza" :D
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