Una ragazzina fugge da un
incendio e si ritrova in un villaggio di pacifiche creature silvane. Non
ricorda chi è né da dove viene, ma sulla sua testa danzano delle scintille
colorate. Quando una strega annuncia al popolo fatato che la ragazza senza nome
scatenerà l’interesse dei Cacciatori di Ombre, i folletti abbandonano il
villaggio lasciandola sola. Costretta ad affrontare i pericoli del bosco
circostante, incontra un lupo (che però a me ricorda più una volpe) che le farà
da cicerone e da scorta. Nel frattempo tre streghe attivano un’orda di creature
demoniache al suo inseguimento, facendo anche eruttare lava sul mondo, e nemmeno
un improvvisato aiuto ne rallenta l’avanzata. Qualche immagine si fa spazio
nella mente della giovane Brindille (leggera come la brina e con la testa che
fa scintille: Brindille, quindi, la battezza il Lupo) ma ovviamente tutti i
nodi della trama verranno al pettine solo nel prossimo conclusivo volume.
Ci troviamo insomma tra i luoghi
più comuni del genere fantasy, come si conviene a una storia indirizzata
(immagino) a un pubblico jeunesse e
come sempre in questi casi il primo capitolo, per quanto molto lungo, funge più
che altro da introduzione alla vicenda sollevando solo parzialmente il velo sui
retroscena della storia. D’altra parte il punto forte di Brindille è la parte grafica, l’atmosfera che Bertolucci ha saputo
evocare. I suoi disegni sono effettivamente bellissimi, molto dinamici ed
espressivi, tanto che alcune sequenze non hanno bisogno di testo anche se
mostrano delle creature inumane all’opera. Le caricature di cui si serve spesse
volte sono sempre funzionali a far recitare e muovere i personaggi nella
maniera migliore. Il lavoro sul colore è anch’esso molto ragionato e funzionale
alla narrazione, oltre che ovviamente affascinante da ammirare. Nel popolare il
villaggio dei folletti ha saputo inventarsi un sacco di anatomie differenti,
con le quali credo abbia anche voluto omaggiare Bone e forse persino Disney.
Non è proprio tutto oro quello
che luccica, però: il ricorso alla tavoletta grafica (che Bertolucci
addirittura cita nei ringraziamenti!) fa venire il sospetto che nelle scene di
massa con l’orda vista in lontananza ci sia stato il ricorso a qualche funzione
che copia e incolla degli elementi disegnati a parte, che in alcuni casi risultano
in effetti un po’ freddini. Anche le chiome degli alberi in alcuni punti hanno
un che di sintetico. Inoltre, per quanto il volume non sia affatto stampato
male, le tavole hanno un aspetto un pochino sbiadito. Forse questa impressione
è dovuta alla scelta di non usare il nero per i contorni delle figure ma dei
colori un po’ più tenui, o forse al vezzo del disegnatore di colorare i balloon
in maniera tale che a volte si staccano poco dal resto delle vignette. Poco
male, comunque: il risultato finale è molto buono. E solo un volume ci separa
dal leggere la conclusione di questa storia che per il momento, al di là del
fascino di una protagonista volitiva ed energica, non ha offerto più di un
canovaccio già visto moltissime altre volte.
Le tavole a fumetti sono
un’ottantina e in appendice al volume della saldaPress vengono presentati studi
preliminari, schizzi e layout di tavole, tutti molto belli – in particolare i
primi. Non so quali siano le dimensioni originali de I cacciatori di ombre, probabilmente sono più grandi mentre questa
edizione italiana si presenta con una diagonale più inclinata verso l’alto, e
di conseguenza con un passepartout
nero a contornare le tavole: il risultato finale non è però affatto male. Come
nel caso di Skybourne
la carta è una bella patinata opaca a prova di ditate.
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