giovedì 21 ottobre 2021

Blacksad 6: E poi non resta niente - prima parte

Ritorna il gatto detective in una storia che da alcuni dettagli intuiamo essere ambientata sul finire degli anni ’60. L’indagine prende avvio dalla richiesta di protezione di un pipistrello sindacalista, mentre un urbanista di chiara fama sta riprogettando la città scontentando la fauna che lavora nel sottosuolo, visto che le nuove strutture aeree progettate rischiano di rendere obsoleta la metropolitana. C’è di mezzo anche un gabbiano col figlio costretto in un polmone d’acciaio, e non è difficile intuire che in questo mondo dilaga la corruzione a tutti i livelli.

Su questa struttura di base si innesta poi la vicenda di Iris Allen e della sua compagnia di teatro che rappresenta Shakespeare nei parchi, che vanta vari legami con gli altri personaggi in gioco. Weekly (che da un dialogo parrebbe essere più maturo di come viene disegnato) si prende una bella cotta per una delle attrici di Iris, Rachel Zucco, e la introduce al “vero giornalismo” proprio adesso che la redazione ha cambiato direttore.

Nelle 56 Pagine di questo primo capitolo non mancano colpi di scena, azione e già qualche rivelazione, ma siamo ovviamente ancora alla fase del posizionamento dei pezzi sulla scacchiera e tutto si capirà meglio con i prossimi episodi. Anche se visti i ritmi di produzione della coppia Díaz Canales-Guarnido chissà quando vedremo il seguito – oltretutto questa prima parte si chiude con una grande rentrée; non dico un cliffhanger ma quasi. Poco male: per il momento, al di là della suggestione della detective story, possiamo goderci gli splendidi disegni e colori di Juanjo Guarnido. Quasi ogni vignetta è un mondo, ricco di dettagli e particolari: si possono passare ore ad ammirarli, anche se gli elementi salienti di ogni tavola sono sempre in evidenza. Oltretutto questo volume rigurgita di una pletora di citazioni (non solo visive, come si sarà intuito dai nomi dei nuovi personaggi) da molte fonti diverse. E l’espressività dei personaggi è fantastica. Non mi sembra insomma che si sia proceduti su quel processo di semplificazione che mi era sembrato di scorgere leggendo gli ultimi volumi nell’Integrale.

Un volume molto piacevole, per non dire ottimo, che sconta però il peccato di non essere autoconclusivo come i precedenti.

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