Il Coronavirus non risparmia proprio nessuno.
giovedì 30 aprile 2020
mercoledì 29 aprile 2020
Nomi eccellenti su riviste impensabili (o nomi impensabili su riviste eccellenti)
martedì 28 aprile 2020
Premio Giacomo Pueroni 2020
COMUNICATO
“Premio Giacomo Pueroni” IV edizione, 2020
La
quarta edizione del Premio Giacomo
Pueroni è stata vinta dal disegnatore Lorenzo
Pastrovicchio.
Il Premio a cadenza
annuale, è destinato al “Miglior disegnatore di fantascienza” ed è intitolato
al fumettista italiano Giacomo Pueroni, scomparso nel 2017 all’età di 53 anni,
disegnatore di storie sci-fi per Sergio Bonelli Editore (Jonathan Steele, Zona X, Nathan Never).
Lorenzo Pastrovicchio nasce a Trieste nel 1971. Diplomatosi all’Istituto
d’Arte, frequenta nel 1993 l’Accademia Disney di Milano, diretta da Giovan
Battista Carpi. Inizia nel 1994 la sua collaborazione con Walt Disney Co.
Italia, con i primi lavori di merchandising e licensing e quindi dal 1995 la
sua attività di disegnatore per “Topolino” (storie a fumetti), “Grandi
Classici” (copertine), “Paperinik” (copertine e fumetti), “GM Giovani Marmotte”
(copertine e fumetti), “Minni & Co.” (fumetti). Nel 1997 inizia la
fortunata collaborazione con la testata “PK New Adventures”, che durerà sino alla
chiusura della serie e dei suoi sequel nel 2005. Collabora inoltre con Fiat
Auto per il lancio della Fiat Multipla e con la rivista “Max” . Nel 2001
frequenta un corso di sceneggiatura presso la Walt Disney Italia. Nel 2003
riceve il premio “Topolino d’Oro” per il miglior progetto libri nella stagione
2002/2003. Collabora come disegnatore, sempre per la testata “Topolino”, a vari
progetti di successo, quali Wizard of
Mickey (dal 2005), Q Galaxy
(2008), Topolina 20802 (dal 2009),
specializzandosi in tematiche fantasy e sci-fi nello speciale contesto
disneyano. Nel 2010 collabora anche al progetto DoubleDuck (2009). Nel 2012, sul n. 2940 di “Topolino” fa la sua
apparizione Darkenblot, miniserie dal
gusto fantascientifico, progettata in collaborazione con lo sceneggiatore
Andrea Castellan (Casty), che vede come protagonista un Macchianera in versione
dark e hi tech. Alla prima uscita seguirà: Darkenblot
2 (2013), Darkenblot 2.1, Darkenblot 3. Nemesis (2017). Nel 2014
disegna l’atteso ritorno di PK, firmando Potere e Potenza, volume di grande
successo. Sempre con i suoi disegni vengono pubblicati PK - Raggio Nero (2015) , PK-
Il Marchio di Moldrock (2017), PK-
L’orizzonte degli eventi (2018). Nel 2016 collabora con Panini Comics e
Marvel per realizzazione di 3 variant cover degli Avengers. A riprendere i toni
futuristici e steampunk de Il Giro dei
Mondi in 80 giorni (siderali) del 2018 (testi di Fausto Vitaliano), nel
marzo 2020, con testi di Francesco Artibani, esce sempre “Topolino” la storia 19999 leghe sotto i mari, parodia del
romanzo fantascientifico di Jules Verne.
Il Premio ha,
quest’anno, una dedica particolare, destinata a Federico Memola, sceneggiatore
scomparso nel novembre 2019, sui cui testi Pueroni si è molte volte cimentato.
Memola è stato negli anni passati tra i promotori del Premio e membro del comitato
scientifico selezionatore.
Il Premio ha
l’obiettivo di evidenziare il lavoro di un autore in attività, italiano o
straniero, riconosciuto dalla comunità professionale internazionale e dai lettori,
tramite il ricordo del fumettista scomparso. In precedenza è stato assegnato a
Mario Alberti (2017), Massimo Dall’Oglio (2018), Matteo Scalera (2019).
L’iniziativa è promossa
da “Collettivo ETRA” di Monfalcone (GO) in collaborazione con ”Associazione
culturale Novaludica” di Palmanova (UD). Il comitato scientifico è composto da Giuseppe
Palumbo, Sergio Ponchione, Matteo Stefanelli, Bepi Vigna, Luca Lorenzon,
Roberto Franco.
La consegna del Premio,
prevista nelle prossime settimane, non ha al momento una data confermata a causa
delle problematiche correlate all’emergenza sanitaria COVD-19 (informazioni: www.culturaeticaetra.com,
sezione afumetti.blogspot.com; per contatti: culturaeticaetra@gmail.com)
lunedì 27 aprile 2020
Historica 90: Roma Antica - Alix Senator 3: La città dei veleni
Arrivati all’ottavo episodio
originale la serrata continuity della
saga si fa decisamente sentire. C’era ovviamente anche nel primo dei volumi dedicati da Historica ad Alix Senator,
ma all’epoca (che ingenuo!) ci avevo fatto meno caso. Qui risulta invece palese
quanto i protagonisti facciano riferimento ad avvenimenti e personaggi degli
episodi precedenti, non ricordandosi i quali (o peggio ancora non conoscendoli)
si perde un po’ del gusto della lettura tanto è fitta e intrecciata la
relazione tra tutti gli elementi in gioco. Forse è solo una mia supposizione,
ma immagino quante note a piè di vignetta con i rimandi ad altri episodi siano
state eliminate, sulla scorta di quanto fatto dalla Mondadori con la sua collana da edicola.
D’altra parte la Mangin è stata bravissima nel cogliere anche lo spirito di
Jacques Martin, e come nella serie principale anche qui l’autoconclusività
degli episodi è solo illusoria quando in realtà saltando un episodio si perde
il quadro complessivo della storia. Se non avessi letto l’ottavo episodio
subito prima del nono, in quest’ultimo Syllaeus alla corte di Augusto sarebbe
sembrato uno stronzo qualsiasi mentre invece è il personaggio più sfaccettato
che viene introdotto poco prima, e ha delle ragioni precise per essere a Roma.
Tra flashback e resoconti viene
spesso il sospetto che si faccia riferimento a sequenze già viste e che ci sia
sempre qualcosina, per quanto secondaria, che sfugge. Un po’ dispiace di non
cogliere il tutto nella sua complessità, ma si rimane comunque ammirati dalla
capacità della sceneggiatrice di creare un mosaico così dettagliato. O almeno
voglio pensarlo per consolarmi.
Il primo dei due capitoli qui
raccolti è un po’ interlocutorio: Alix e compagnia si trovano nella città di
Petra (sicuramente per motivi abbondantemente spiegati nello scorso numero, ma
vatteli a ricordare) dove rimangono invischiati nella turbolenta scena politica
locale. La regina Hagiru è molto preoccupata per le manovre del consigliere
Syllaeus, che potrebbe voler prendere il potere in città e dal canto suo vuole
muovere guerra contro la Giudea. Alix deve quindi districarsi in questa matassa
di complotti e ambizioni mentre gli altri coprotagonisti perseguono i loro
piani, facendo fede al titolo del volume che è anche il nomignolo di Petra: La città dei veleni – e, per estensione,
delle pozioni magiche. Enak si rivolge infatti a una fattucchiera che gli
fornisce un sistema per entrare in contatto con il figlio morto in un episodio
precedente, mentre Tito si procura un filtro d’amore che preservi la sua amata
Camma dalle attenzioni di Alessandro, figlio di Syllaeus. Questa trasferta nabatea
è suggestiva, certo, ma più che altro introduce qualche nuovo elemento alla
saga.
Il nono episodio, Gli spettri di Roma, è invece
decisamente risolutivo e molte sottotrame arrivano alla loro conclusione: muore
addirittura un personaggio fondamentale della saga. In realtà più di uno, ma
questo è particolarmente importante vista la sua presenza (immagino) sin dal
primo numero. L’Urbe è infestata da fantasmi lebbrosi che brillano al buio e si
dice si nutrano di sangue umano; hanno inoltre l’abilità sovrumana di
scomparire nel nulla. Nel mentre la “povera” Lidia sta vivendo gli ultimi
atroci giorni di sofferenza a causa del contatto con la statua della dea Cibele.
Con maestria, anche se con una certa prevedibilità, tutti gli elementi
sovrannaturali confluiranno in un’unica spiegazione coerente e scientifica (o
pseudoscientifica) che coinvolge un sacco di volti noti già apparsi negli
episodi precedenti e, appunto, chiude alcune sottotrame. Curiosamente,
nonostante si arrivi a un punto fermo, il volume termina con la dicitura «fine
prima parte».
I disegni di Thierry Démarez sono
eccezionali: il suo stile è rigoroso e dettagliato come al solito e fa recitare
splendidamente i personaggi. Non mi stupirei se scoprissi che ha costretto
amici e parenti a estenuanti sedute di pose per trovare le posture giuste.
Fortunatamente la qualità di stampa è buona e non si è verificato quel fastidioso fenomeno che ha rovinato l’ultimo numero.
I colori digitali di Jean-Jacques Chagnaud non fanno rimpiangere troppo gli
acquerelli dei primi capitoli. No, vabbè, per quanto possa sforzarmi di questo non
riuscirò mai a convincermi.
In appendice i consueti
approfondimenti sugli argomenti trattati nel fumetto, riccamente illustrati da
Démarez: l’affascinante città di Petra (tappa obbligata per il transito delle
spezie dall’oriente) e gli acquedotti di Roma, ma più in generale il rapporto
della Città Eterna con l’acqua.
Nel concludere questa recensione
mi sono chiesto che senso abbia avuto farla, visto che per Historica mi sono sempre imposto di recensire un volume appena
uscito, o anche subito prima se i capricci dei distributori lo consentivano (le
eccezioni sono quasi inesistenti e giustificate). Alix Senator 3 è uscito ufficialmente addirittura il 3 aprile, e
non avrebbe tanto senso pubblicarla con questo ritardo. Ma magari con il
Coronavirus di mezzo qualcuno se l’è lasciato sfuggire e così potrà decidere se
recuperarlo o no in futuro. O così voglio credere.
sabato 25 aprile 2020
Historica Biografie (I Grandi Pittori) 36: Leonardo da Vinci
Non inizia nel migliore dei modi
questa continuazione “apocrifa” di Historica
Biografie. Sul mio umore durante la lettura avrà forse influito il fastidio
per essermi perso il numero 35,
ma di certo le aspettative (poi disattese) della quarta di copertina, con
quelle immagini che ricordano Milo Manara, hanno avuto il loro peso.
Leonardo da Vinci non è esattamente un fumetto storico quanto
un’opera di fiction che si sbilancia a dare un messaggio sull’arte e sulla
vita. Nel 1516 il protagonista giunge alla corte del Re di Francia portandosi appresso
il servitore Francesco e la già celeberrima Gioconda che in molti, re compreso,
sono ansiosi di ammirare. A Leonardo viene affidato come paggio il giovane
Tristan, aspirante pittore che alimenta le invidie di Francesco. In sostanza il
vero protagonista è proprio Tristan, tanto che gli viene dedicata una
sottotrama, mentre Leonardo funge da catalizzatore delle ipotesi sull’identità
del soggetto raffigurato nel suo quadro più celebre. Per quattro volte (con un
interlocutore ma occasionalmente anche con un relatore diverso, non sempre è
Leonardo che racconta la sua vita) vengono avanzate delle ipotesi in merito.
Nessuna viene riconosciuta come vera, e d’altra parte il bello dell’arte e
della vita è che non bisogna affidarsi alle apparenze e che la realtà è solo
una questione di punti di vista. O così vuole la morale conclusiva.
La struttura imbastita da Patrick
Weber è semplice e programmaticamente ripetitiva, con qualche sprazzo
postmoderno quando fa rivolgere direttamente al lettore le quattro figure
chiamate in causa nei racconti. Con le opportune modifiche, cioè eliminando i
riferimenti alle accuse di sodomia, Leonardo
da Vinci potrebbe benissimo transitare su Il Giornalino. La blanda trama di detection (Francesco invidioso ha messo nella camera di Tristan una
borsa che ha rubato al maestro) viene risolta rapidamente e in maniera un po’
inverosimile.
I disegni di Olivier Pȃques, come
ho anticipato, si sono rivelati deludenti. In quarta di copertina si intuiva
l’ispirazione al Manara morbido e sintetico del periodo post-Estate Indiana, alcune posture
sembravano quasi ricalcate da quello, ma poi in concreto le tavole sono realizzate
con un piglio più frettoloso e quasi caricaturale. Le mani si contorcono in
posture impossibili, gli sfondi sono a volte quasi solo abbozzati e gli uomini
praticamente sono tutti uguali. A distinguerli ci sono per fortuna i colori di Véronique
Gourdin, che però sono piuttosto lividi, anche nelle scene che non sono flashback.
In appendice il breve dossier su
Leonardo da Vinci si riappropria dell’identità storico-biografica della collana
di partenza, ma solo in parte: riporta le tappe fondamentali della sua vita
dedicando maggior attenzione alla sua arte.
venerdì 24 aprile 2020
Acc... dannaz... malediz...
Cosa manca in questa immagine? |
Siccome mi scadeva la polizza
auto, stamattina sono dovuto andare in un altro comune a rinnovarla (sì, la
copertura danni è estesa oltre i 15 giorni canonici, ma se le forze dell’ordine
ti fermano senza assicurazione pagata c’è comunque la multa). Vista l’emergenza
in corso hanno liberalizzato tutti i parcheggi a pagamento, ma nonostante (o
forse proprio a causa di) questo giro senza esito finché mi rassegno a metterla
in culo al mondo rispetto alla sede dell’agenzia. “In culo al mondo” è però
praticamente davanti alla mia edicola di fiducia dove mi faccio mettere da
parte Historica e altro. Colgo
l’occasione per un saluto e per recuperare la roba che avevo chiesto di
tenermi, magari è pure uscito un nuovo Fumo
di China. Di Historica 35 non c’è
traccia.
«Ah, sì, l’ho reso proprio ieri!
Siccome di quello nuovo mi hanno mandato due copie e di Cleopatra ne avevo una sola pensavo che l’avessi già preso.»
E vabbè, ridiamoci sopra. Coi
problemi distributivi che le fumetterie mi dicono abbia avuto Historica nell’ultimo anno mi sa che
quel volume non lo vedrò tanto presto…
mercoledì 22 aprile 2020
Jupiter's Circle
Mah, alla fine è meglio lo spin
off della serie-madre, almeno della sua seconda (forse conclusiva) parte.
Secondo uno schema già visto e stravisto negli ultimi anni, Jupiter’s Circle si concentra sulla
Golden Age di questo universo supereroistico, sugli anni in cui sono avvenute alcune
cose eventualmente solo accennate nella serie portante. Mark Millar ha diviso
gli archi narrativi della prima miniserie in tre blocchi da due e si è
concentrato su argomenti scomodi come l’omosessualità e l’adulterio per mettere
alla berlina il mondo bigotto dell’America anni ’50.
Il gioco funziona bene, perché
Millar tesse delle belle trame in cui la risoluzione dei rovelli in cui si
trovano coinvolti i protagonisti sono importanti tanto e più degli argomenti “sensibili”.
I personaggi sono molto ben caratterizzati e le battute piacevolmente pungenti
senza scadere nella facile provocazione caratteristica dello sceneggiatore
scozzese («Lo sanno tutti che Liberace è un dongiovanni!»).
I disegni sono lontani dallo
standard di Quitely, più stilisticamente che a livello qualitativo: laddove
Quitely è modernissimo, Wilfredo Torres disegna con quello stile tipico di
Darwyn Cooke e degli altri disegnatori che si rifanno ai comic book anni ’50 e ’60 (ma veramente i fumetti si disegnavano
così in quegli anni?). Non lo conosco e non so se sia il suo stile abituale,
sicuramente è stata una scelta redazionale per catturare l’atmosfera
desiderata, insomma viste certe forzature anatomiche penso che sia stato
costretto a farlo. Così come il suo sostituto (ma quasi titolare: su sei numeri
ne ha disegnati due e mezzo!) Davide Gianfelice, che ha prodotto delle tavole
molto scarne e abbozzate dopo aver fatto un figurone sul numero 3, dove i suoi
inserti si staccavano nettamente per qualità dalle parti di Torres. Ma è
probabile che ci siano state di mezzo delle scadenze impellenti e quindi la
necessità di consegnare le tavole (impossibilitato Torres a farlo) nel minor
tempo possibile.
Il secondo arco di storie di Jupiter’s Circle è un po’ più canonico,
incentrato maggiormente sui protagonisti di questo affresco supereroistico che
non sulla società che li circonda (ma comunque ci sono molteplici riferimenti
alla seconda metà degli anni ’60, con svariate comparsate di persone realmente
esistite, tra cui un Rockfeller che vorrebbe Utopian come padre surrogato). La
scrittura è densa e coinvolgente, i personaggi molto approfonditi e alcuni
elementi della trama di Jupiter’s Legacy[link] abbondantemente sviscerati in modo da
far capire che tout se tient. Tutto
sommato una buona prova da parte di Millar, per quanto navighi (ottimamente) su
acque già battute e non scriva nulla di rivoluzionario: ma va benissimo così, e
magari tutti i suoi fumetti fossero come questo.
I disegni rimangono il punto
debole di Jupiter’s Legacy anche nel volume 2 (uscito due mesi dopo il primo:
che senso ha avuto distinguere due “stagioni”?): non che siano “brutti”, ma mi
pare che i vari disegnatori siano stati costretti ad adottare forzatamente quello
stile vintage, e soprattutto anche
stavolta c’è stato un avvicendamento frenetico nel comparto grafico che lascia
intendere una scarsa avvedutezza produttiva, o forse poca serietà da parte dei
disegnatori titolari che hanno abbandonato il progetto per lidi più
remunerativi o hanno demandato la realizzazione finale ai loro collaboratori. Wilfredo
Torres riesce a disegnare da solo tutto il primo numero ma ecco che già dal
secondo gli tocca farsi aiutare dal “solito” Gianfelice e da Rick Burchett; l’arrivo
dell’elegante Chris Sprouse alle matite con numero 3 lascerebbe sperare in una
certa stabilità (oltre che nel prestigio del suo nome) ma non è affatto così:
oltre tre quarti dell’albo sono solo abbozzati da lui e rifiniti da Walden Wong
che fraintende le sue matite e sottolinea esageratamente il mento di tutti i
personaggi! Questo andazzo si protrae per qualche numero e il 5 deve finirlo Ty
Templeton, a conti fatti il disegnatore che mi è piaciuto di più, mentre il
figliol prodigo Wilfredo Torres torna per il finale! Un discreto casino che fa
pensare a una certa improvvisazione da parte della Image Comics (o di chi per
essa) e di cui forse i disegnatori non hanno responsabilità.
Anche le copertine di Bill
Sienkewicz (nel primo arco di sei erano di Quitely) mi sono sembrate a volte un
po’ generiche e poco rappresentative dei contenuti, per quanto belle.
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domenica 19 aprile 2020
Sfogliando e rileggendo
Approfittando della clausura
forzata imposta dal Coronavirus mi sto rileggendo Detective Abbeyard/Nebbia
Rossa di Viviana Centol e Carlos Vogt. E visto che c’ero ho anche ripreso
in mano le poche riviste argentine della Columba che possiedo.
È impressionante: spesso sono
veramente solo quattro segni messi in croce, eppure le tavole di Vogt erano
incredibilmente espressive e dinamiche.
venerdì 17 aprile 2020
Sharkey The Bounty Hunter
Stavolta niente supereroi ma
fantascienza, che d’altra parte è uno dei filoni su cui mi sembra che
recentemente Mark Millar abbia deciso di concentrarsi. Come si evince dal
titolo, il protagonista è tal Sharkey che fa il cacciatore di taglie in giro
per l’universo. Il primo capitolo promette piuttosto bene, con un protagonista male
in arnese e quindi abbastanza simpatico, una vaga atmosfera on the road di certi film anni ’70 (che
Sharkey sia un po’ ispirato a Burt Reynolds?), certe trovate simpatiche come la
ragazza che vuole diventare un mezzo meccanico di sorveglianza e una trama che
si preannuncia movimentata. Sharkey accetta l’incarico della vita con cui
potrebbe finalmente sistemarsi: catturare la terrorista Edra Deering; ma deve
anche riportare a casa un ragazzino alieno di cui ha appena fatto arrestare lo
zio.
Le promesse però non vengono
mantenute e il fumetto si incanala in una serie di situazioni prevedibili o
comunque poco appassionanti. Alcuni concorrenti di Sharkey gli mettono i
bastoni tra le ruote con le loro astronavi iperaccessoriate (mentre lui guida
un vecchio furgoncino dei gelati…) e ricompare la sua ex-moglie Juda con cui ha
prestato servizio nell’esercito. Si scopre inoltre che la preda non è veramente una terrorista ma una rivoluzionaria che ha
ucciso solo dittatori, e per questo è stata messa una taglia stratosferica
sulla sua testa dall’organizzazione dei Pianeti Uniti che è retta in realtà da
una masnada di criminali che si mascherano con degli ologrammi…
Non si tratta proprio di una minchiata,
ma oltre allo scarso appeal c’è anche
qualche problema di ritmo: i soliti cliffhanger
esasperati di Millar che poi vengono sgonfiati all’inizio dell’episodio
successivo, azione a non finire a coprire la pochezza di idee e un ultimo
episodio che si trascina troppo a lungo. Aleggia inoltre, anzi è proprio reso
manifesto, il classico moralismo dello sceneggiatore che porta il protagonista
apparentemente cinico e stronzo ad abbracciare le cause giuste.
Il sottotesto vagamente critico verso
la politica capitalista è poi troppo vago e “fumettistico” per avere un minimo
di valore, anche se la destinazione finale di Edra Deering è una bella
sorpresa.
La lettura scorre rapida senza
sorprese e per lo meno non è irritante, ma Sharkey
the Bounty Hunter si fa apprezzare molto di più per i disegni di Simone
Bianchi (occasionalmente supportato ai colori da Simone Peruzzi e Matteo
Vattani) che per i testi.
mercoledì 15 aprile 2020
Fumettisti d'invenzione! - 148 (speciale Weird Fantasy)
Mi permetto di integrare il
divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti
d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui
ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo
originale.
Puntata monografica, stavolta,
dedicata alla testata Weird Fantasy
edita dalla EC Comics. Come la gemella Weird
Science (che a sua volta fornisce un po’ di materiale per i Fumettisti
d’Invenzione) questo comic book antologico bimestrale durò 22 numeri, dal 1950
al 1953. Tendenzialmente il genere principale ospitato sulle sue pagine era la
fantascienza, ma ci furono frequenti incursioni nell’horror, nel giallo, nello
spionistico e nel fantastico puro. Confezionata dall’autore/editore Bill Gaines
e dal disegnatore/supervisore Al Feldstein, come Weird Science venne chiusa forse a causa della caccia alla streghe degli
anni ’50 contro i fumetti “corruttori” o forse per le scarse vendite lamentate
nell’ultimo numero (l’annunciata testata Weird
Science-Fantasy ottenuta dalla fusione delle due e venduta a un prezzo
maggiorato non venne mai realizzata) o forse dalla concausa dei due fattori.
In Italia le Edizioni 001
dovrebbero aver pubblicato tutto il materiale citato di seguito.
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)
7 YEAR OLD GENIUS!
(Stati Uniti 1951, in Weird Fantasy 7, © E. C. Publications,
Inc., fantascienza)
Bill [William Maxwell]
Gaines e Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Al [Albert
Bernard] Feldstein (D)
Rufus Tatum è un genio della
scienza nonostante provenga da una famiglia di rozzi hillbillies (il suo codice genetico è stato modificato quando il
padre analfabeta ha fatto le pulizie nell’alloggiamento di una pila atomica
radioattiva). Siccome ha solo sette anni le sue pretese di parlare con il
presidente USA non vengono inizialmente soddisfatte ma quando dimostrerà il suo
valore verrà finalmente preso sul serio e messo a lavorare sul progetto della
bomba all’idrogeno. Consapevole che un’arma del genere porterebbe
all’estinzione umana, sabota il progetto sbagliando volutamente delle
misurazioni e viene tacciato di antipatriottismo. Per riscattarsi e
sensibilizzare le persone sul tema degli armamenti, racconterà la sua storia ai
supervisori di Weird Fantasy che la
pubblicheranno come monito.
CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)
(Stati Uniti 1952, in Weird Fantasy 14, © E. C. Publications,
Inc., umorismo)
Bill [William Maxwell]
Gaines e Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Joe [Joseph]
Orlando (D)
Alla ricerca di nuovi spunti per i
suoi fumetti, dopo aver distrutto la Terra in 17 modi diversi, Gaines propone a
Feldstein di fare un documentario sull’atterraggio su Marte, chiamando un
sedicente esperto che si rivelerà diverso da quello che si sarebbe pensato.
Prima delle “quickies”, una sorta
di serie autonoma all’interno di Weird
Fantasy, che si risolvevano in 3 o 4 pagine invece delle consuete 7/8 canoniche
degli altri fumetti. Il formato sarebbe stato replicato ancora solo nel numero
successivo.
CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)
(Stati Uniti 1952, in Weird Fantasy 14, © E. C. Publications,
Inc., umorismo)
Bill [William Maxwell]
Gaines e Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Joe [Joseph]
Orlando (D)
Seconda “sveltina” ospitata nel
numero 14: stavolta Bill Gaines deve vedersela con la cancellazione di un
annuncio pubblicitario per il numero 69 di Weird
Space-Operas (rivista d’invenzione): insieme a Feldstein si inventano una
finta reclame per tour marziani, che inaspettatamente cambierà la vita di un
loro devoto lettore.
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI
ANTOLOGICHE (pag. 56)
COSMIC RAY BOMB EXPLOSION!
(Stati Uniti 1952, in Weird Fantasy 15, © E. C. Publications,
Inc., fantastico, umorismo)
Bill [William Maxwell]
Gaines e Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Al [Albert
Bernard] Feldstein (D)
Bill Gaines e Al Feldstein sono
in ambasce perché non hanno del materiale per il nuovo numero di Weird Fantasy e la consegna è prossima.
In un’escalation di idee già usate o poco originali Gaines se ne esce con la
storia di una bomba a raggi cosmici. Dopo aver consultato una caterva di testi
scientifici, si inventa la storia di due scienziati che creano un nuovo
elemento della tavola periodica, il 105 (che in realtà è il dubnio, scoperto
solo nel 1968 e che ovviamente non ha le proprietà descritte), reattivo ai
raggi cosmici e quindi potenzialmente micidiale visto che la terra ne viene costantemente
colpita.
Ma a loro insaputa l’esercito
americano stava già lavorando al medesimo progetto, e leggendo quel numero di Weird Fantasy i russi sono in grado di
costruire la bomba e di portare un finale apocalittico come quello predetto dal
fumetto!
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
THE ALIENS
(Stati Uniti 1953, in Weird Fantasy 17, © E. C. Publications,
Inc., umorismo)
Bill [William Maxwell]
Gaines e Al [Albert Bernard] Feldstein (T), Al
[Alfonso] Williamson e Roy [Gerald] Krenkel (D)
Degli alieni rettiliformi
giungono sulla Terra, o meglio su ciò che ne resta dopo un’esplosione atomica che
avrebbero voluto impedire avvisando per tempo i terrestri. Cercando tracce
della popolazione nativa rinvengono lo stesso numero di Weird Fantasy dove viene ospitata la loro storia e come l’Aureliano
Babilonia Buendía alla fine di Cent’anni
di solitudine vivono la loro storia proprio mentre la stanno leggendo, nel
loro caso finendo in un infinito circolo vizioso.
domenica 12 aprile 2020
venerdì 10 aprile 2020
A chi niente e a chi troppo
Conosco alcune persone che si
lamentano ancora oggi perché a suo tempo avevano scritto alla posta di Comic Art ma non erano mai stati
considerati, oppure le loro lettere erano state sì pubblicate, ma espunte delle
parti che più interessavano agli interessati oppure avevano ricevuto una
risposta evasiva.
Di certo Massimiliano Brighel non
poté lamentarsi, visto che la stessa identica lettera venne pubblicata su due
numeri diversi di Comic Art:
dal numero 54 dell'aprile | 1989 |
due mesi dopo |
Non escludo che gli abbiano risposto anche qualche numero dopo, me ne sono accorto perché quei numeri li ho nella stessa raccolta. Controllerò.
giovedì 9 aprile 2020
R.I.P.
In questi giorni il mondo del fumetto mondiale ha assistito a delle morti eccellenti. Oggi mi hanno informato della scomparsa di un autore molto meno famoso ma che sicuramente merita di essere ricordato.
https://www.facebook.com/ARivistaAnarchica
http://www.arivista.org/faro-del-mio-peggio
http://www.arivista.org/riviste/Arivista/305/anarchik.htm
Da A rivista:
RICORDANDO ROBERTO AMBROSOLI,
PADRE DI ANARCHIK
Roberto Ambrosoli (Milano 1942 - Torino 2020) si avvicina all'anarchismo ai tempi del liceo, a Milano, insieme al grande amico della sua vita Amedeo Bertolo. La prima manifestazione pubblica cui partecipano è davanti al consolato milanese dell'Ungheria, in solidarietà con i rivoltosi del 1956.
Intorno al '68, Roberto partecipa alla ripresa internazionale delle idee e dei movimenti anarchici e in questo contesto alla "nascita" di Anarchik.
Per un quarto di secolo, da allora, è un attivo militante anarchico a Torino, dove nel frattempo si è trasferito e insegna microbiologia agraria all'università.
Contribuisce al libro collettaneo "Anarchismo '70: un'analisi nuova per la strategia di sempre" (Edizioni de l'Antistato, 1973), scrive numerosi articoli su "A", "Volontà", "Interrogations", "Libertaria" e traduce alcuni libri per le edizioni Elèuthera.
Dai primi anni '90 si ritira a vita privata, mantenendo sempre rapporti con i vecchi compagni/e e continuando, su "A", la carsica pubblicazione delle vignette di Anarchik.
Lo scorso anno, in co-edizione con Hazard Edizioni, esce "Anarchik - Farò del mio peggio", la raccolta del meglio (o peggio) delle sue tavole (disponibile sul nostro sito). Mentre esce il libro, una trombosi oculare lo rende quasi cieco ed è costretto a interrompere la sua striscia.
Roberto rifiutava qualsiasi ipotesi di copyright per il "suo" personaggio e gioiva ogni volta che lo sapeva o vedeva riprodotto, anche con altre caratteristiche grafiche.
Da vero libertario, gli interessava solo che il personaggio, comunque interpretato, contribuisse a diffondere le nostre idee e la critica del potere. Senza alcuna vanità personale.
La redazione di "A" lo ricorda con simpatia e affetto, come una persona allegra e dissacrante, un vero "compagnone" di lucide analisi e di grandi risate.
Anarchik rimane sicuramente orfano, ma non essendo ambrosoli-dipendente continuerà nel tempo a fare del proprio peggio. Per questo il nostro grazie collettivo a Roberto è ancora più sentito.
http://www.arivista.org/faro-del-mio-peggio
http://www.arivista.org/riviste/Arivista/305/anarchik.htm
Da A rivista:
RICORDANDO ROBERTO AMBROSOLI,
PADRE DI ANARCHIK
Roberto Ambrosoli (Milano 1942 - Torino 2020) si avvicina all'anarchismo ai tempi del liceo, a Milano, insieme al grande amico della sua vita Amedeo Bertolo. La prima manifestazione pubblica cui partecipano è davanti al consolato milanese dell'Ungheria, in solidarietà con i rivoltosi del 1956.
Intorno al '68, Roberto partecipa alla ripresa internazionale delle idee e dei movimenti anarchici e in questo contesto alla "nascita" di Anarchik.
Per un quarto di secolo, da allora, è un attivo militante anarchico a Torino, dove nel frattempo si è trasferito e insegna microbiologia agraria all'università.
Contribuisce al libro collettaneo "Anarchismo '70: un'analisi nuova per la strategia di sempre" (Edizioni de l'Antistato, 1973), scrive numerosi articoli su "A", "Volontà", "Interrogations", "Libertaria" e traduce alcuni libri per le edizioni Elèuthera.
Dai primi anni '90 si ritira a vita privata, mantenendo sempre rapporti con i vecchi compagni/e e continuando, su "A", la carsica pubblicazione delle vignette di Anarchik.
Lo scorso anno, in co-edizione con Hazard Edizioni, esce "Anarchik - Farò del mio peggio", la raccolta del meglio (o peggio) delle sue tavole (disponibile sul nostro sito). Mentre esce il libro, una trombosi oculare lo rende quasi cieco ed è costretto a interrompere la sua striscia.
Roberto rifiutava qualsiasi ipotesi di copyright per il "suo" personaggio e gioiva ogni volta che lo sapeva o vedeva riprodotto, anche con altre caratteristiche grafiche.
Da vero libertario, gli interessava solo che il personaggio, comunque interpretato, contribuisse a diffondere le nostre idee e la critica del potere. Senza alcuna vanità personale.
La redazione di "A" lo ricorda con simpatia e affetto, come una persona allegra e dissacrante, un vero "compagnone" di lucide analisi e di grandi risate.
Anarchik rimane sicuramente orfano, ma non essendo ambrosoli-dipendente continuerà nel tempo a fare del proprio peggio. Per questo il nostro grazie collettivo a Roberto è ancora più sentito.
martedì 7 aprile 2020
sabato 4 aprile 2020
Ti conosco mascherina (neanche tanto in realtà)
Fino a poco fa pensavo che i
lacci si agganciassero dietro le orecchie, e quindi la gommapiuma nera si
posizionava lateralmente rispetto alla bocca. Ovviamente non è così, bisogna
mettere i lacci orizzontalmente sopra e sotto la nuca, e la gommapiuma serve a
proteggere il naso…
E poi mi lamentavo che questa
mascherina era scomodissima! Non che adesso lo sia poi tanto di meno.
venerdì 3 aprile 2020
giovedì 2 aprile 2020
Un altro mondo
Conosco praticamente a memoria Persone di nuvola, il documentatissimo
saggio di Giuseppe Peruzzo sulle riviste di fumetto d’Autore: spesso ne rileggo
qualche brano, visto che oltre a essere molto interessante è scritto in maniera
accattivante. E forse dovrò comprarne un’altra copia visto che quella che ho è infatti
un po’ rovinata. Curiosamente solo in questi giorni di quarantena mi sono
soffermato su una delle appendici, quella in cui vengono citati i dati di
vendita precisi all’unità di alcune (pochissime) riviste che prevedevano il
rilevamento dell’ADS.
Orbene, Corto Maltese nei suoi primi 15 mesi di vita vendeva circa 50.000
copie al mese! Un dato già sussurrato sui vecchi Fumo di China, quelli “bianchi” prima del passaggio ad Alessandro
Distribuzione, ma che pensavo fosse dovuto a un fraintendimento tra tiratura e
venduto.
Il dato non si mantenne costante
e da subito precipitò, rendendo le vendite insufficienti a generare utili negli
anni immediatamente successivi al 1983 (in cui uscirono solo tre numeri). Nel
1989 ci fu però un’impennata con quasi 30.000 copie vendute di media: a seconda
dei propri gusti e delle proprie convinzioni, la cosa può essere attribuita allo
sbarco su quelle pagine dei supereroi della DC Comics o alla pubblicazione di Mu. Ma lo slancio non durò e nel primo
semestre del 1992, ultimo preso in considerazione, Corto Maltese si ridusse a vendere “solo” 19.612 copie.
Quelli sì che erano tempi.
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