Continua la saga dell’Anello dei Nibelunghi anche dopo quella che ritenevo
la sua irrevocabile conclusione naturale. Evidentemente la serie in Francia
deve aver riscosso un buon successo se sono arrivati a inventarsi delle nuove
situazioni per farla continuare (o forse Jarry per scrivere questo seguito si è
basato su fonti apocrife post-Wagneriane che non conosco). In effetti, ne
valeva la pena.
L’Impero Romano d’Occidente non esiste praticamente più e Bisanzio è l’ultimo
baluardo contro il caos che si sta abbattendo su tutta l’Europa e che si
manifesta con un inverno innaturale e i mostri che porta con sé, i Winterdrags. Il Grande Inverno si concentra su tre storyline principali, che immagino finiranno per incrociarsi:
presso una eccessivamente tolkieniana Corte degli Elfi i fratellini Lif e Lifthrasir,
discendenti di Sigfrido e Crimilde, stanno completando la loro formazione per
padroneggiare il potere di fermare il Fimbulvetr
(cioè il Grande Inverno) con il divieto tassativo di toccarsi l’un l’altra per
non sprigionare le potenti forze che risiedono in loro.
Nel mondo terreno, il «Mannheim», il centurione Foca si trova coinvolto in
una caccia a dei misteriosi assalitori che si rivelano mostri, ma deve anche
far fronte alla cupidigia dell’imperatore Maurizio; e sarebbe sicuramente
meglio se non si prendesse troppe libertà con le mogli degli uomini (potenti)
sbagliati.
Frattanto in Norvegia la maga guaritrice Yngvild e il suo burbero compagno Bjarnulf
custodiscono una durlindana dai poteri divini che desta l’interesse di un
potentissimo stregone non-morto capace di controllare magicamente l’intera
popolazione di un villaggio. Gli Dèi osservano ma il decaduto Wotan dichiara di
voler tornare nella mischia per quel poco che potrà: tecnicamente già morto nel
Ragnarok, si indebolirà ancora di più per ogni intervento nelle sorti umane.
Di carne sul fuoco ce n’è tanta e nonostante la necessità di dar seguito a ciascuna
delle trame in cui è divisa questa puntata la narrazione risulta ben calibrata
e pienamente soddisfacente per il lettore. È chiaramente solo l’antipasto di
una saga che immagino sarà anch’essa bella lunga come la prima, ma non ho avuto
l’impressione che lasciano altri numeri 1 franco-belgi per cui si resta a bocca
asciutta in attesa della vera azione.
È stato piacevole constatare l’evoluzione che ha finalmente avuto Djief,
secondo me decisamente maturato rispetto a quanto visto in precedenza.
È vero che gli elfi col naso da pugile non sono molto elfici, però le figure
efebiche e a volte solo accennate sono state quasi del tutto abbandonate in
favore di uno stile più corposo e dettagliato. I colori di Héban contribuiscono
come al solito a rendere suggestive le tavole.
In quarta di copertina campeggia l’annuncio del prossimo numero della saga
in uscita tra due mesi, ultima vestigia delle gloriose collane Cosmo Color.
Godiamocela finché dura.
!Muy bueno tu trabajo en general!!!Saludos martha
RispondiEliminaMuchas Gracias!
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