lunedì 12 novembre 2018

Intervista a Victoria Jamieson

Luca Lorenzon (LL): Puoi presentare il tuo lavoro al pubblico italiano?

Victoria Jamieson (VJ): Mi chiamo Victoria Jamieson e faccio libri a fumetti indirizzati a un pubblico di ragazzi tra i 9 e i 12 anni, tendenzialmente il periodo del Middle Grade [scuole medie, ndr] negli Stati Uniti.
Il mio approccio si basa su quanta più onestà possibile nel rappresentare i protagonisti, solitamente ragazze: non voglio creare l’immagine di una “infanzia dorata”, credo che ognuno di noi ricordi anche delle cose negative di quel periodo. I miei personaggi fanno delle cose buone… ma anche meno buone.

LL: Entrambi i volumi con cui sei presente qui a Lucca sono piuttosto corposi, quanto ti ci vuole per realizzarne uno?

VJ: Per una graphic novel impiego circa due anni.

LL: Quindi fai tutto tu.

VJ: In Roller Girl ho fatto tutto io, per Angelica alla scuola media! un colorista ha fatto le campiture di base su cui poi ho lavorato. Il font del lettering l’ho elaborato io a partire dalla mia grafia.

LL: C’è qualche messaggio in particolare che vuoi trasmettere con i tuoi fumetti, anche considerando il pubblico giovane a cui ti rivolgi principalmente?

VJ: Nessun messaggio in particolare, parlo delle cose attraverso cui siamo passati tutti: il rapporto con la famiglia, gli amici, crescere insomma.

LL: C’è qualcosa di autobiografico nei tuoi libri?

VJ: Tutti i miei fumetti sono un po’ autobiografici. Ho anche lavorato in un festival medievale come Angelica! In Roller Girl c’era la situazione della perdita della mia amica del cuore a 12 anni, e anche io pratico il roller derby. È uno sport che può essere una metafora della vita: si cade e poi ci si rialza.

LL: A proposito di roller derby, mi ricordo di aver visto un film con Juliette Lewis ambientato in quel mondo, ma adesso non mi viene il titolo. Non so se lo conosci: era una rappresentazione realistica dello sport? Mi ricordo che le ragazze erano un po’ cattivelle…

VJ: Certo, lo conosco: si intitola Whip it!; il film è ovviamente esagerato in certe sue parti ma riflette abbastanza realisticamente la scena del roller derby.

LL: C’è qualche autore o fumetto che ti è servito da ispirazione?

VJ: Non i comic book tradizionali, quelli di supereroi. Mi piacciono le strisce di Calvin & Hobbes e For Better or Worse. Ma un po’ d’ispirazione probabilmente viene anche dai libri come quelli di Ramona Quimby, la sua autrice Beverly Cleary parla di come sono veramente i bambini.
Ma l’ispirazione maggiore è stata sicuramente Raina Telgemeier [ospite a Lucca 2017, ndr], che con il suo Smile ha riscosso un enorme successo in America e ha ispirato un sacco di altri autori.

LL: Che rapporto hai con i social network, li usi per promuovere il tuo lavoro?

VJ: odio Facebook e Twitter [ride], ma mi sono commossa quando ho visto su Twitter una ragazza che per Halloween si era fatta un costume ispirato ad Astrid, la protagonista di Roller Girl. Tramite la scuola le ho fatto pervenire una lettera e lei l’ha letta davanti a tutta la classe. È stato emozionante!

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