domenica 30 agosto 2020
venerdì 28 agosto 2020
Fumettisti d'invenzione! - 153 (speciale Stan Lee Meets...)
Mi permetto di integrare il
divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti
d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui
ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo
originale.
Puntata monografica, oggi:
parliamo di Stan Lee Meets…, iniziativa editoriale che nasce per
celebrare quello che dovrebbe essere il 65° anno di lavoro presso la Marvel di
Stan Lee: si tratta di una miniserie di cinque “numeri 1” usciti tra novembre 2006 e
gennaio 2007, conosciuta collettivamente anche con il titolo Stan Lee Meets The Marvel Universe. Ogni
uscita include una storia breve scritta da Stan Lee in persona e disegnata ogni
volta da un artista diverso più un’altra storia breve affidata ad autori
ospiti. A completare il sommario ci sono la ristampa di un episodio classico
del personaggio titolare e una storia umoristica di due tavole, anche questa
affidata ad autori diversi.
Sostanzialmente, Stan Lee interagisce
ogni volta con le sue creazioni (che secondo il canone esistono davvero e le
loro gesta vengono narrate dalla casa editrice), per cui tutti questi fumetti
rientrano nella categoria Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61),
anche in quei casi (la storia di Jenkins, molte delle umoristiche brevi) in cui
il protagonista non è Stan Lee. Le storielle umoristiche sono opera di Fred
Hembeck, Chris Giarrusso, Johnny Ryan, Tom Beland e Jacob Chabot.
(Stati Uniti 2006, nel comic book
omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Olivier Coipel e Mark Morales (D)
Depresso e stanco della sua vita
senza soddisfazioni, l’Uomo Ragno chiede consiglio a Stan Lee che gli dà le
motivazioni giuste per continuare la sua carriera di supereroe (ma non si
tratta affatto di motivazioni nobili).
WELCOME
TO THE SECOND INTERDIMENSIONAL COMICON
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets the Amazing Spider-Man, ©
Marvel, supereroi)
Joss [Hill] Whedon (T), Michael Gaydos (D)
Alla convention interdimensionale
di fumetti del titolo si incontrano tre versioni dell’appassionato (e in un
caso espositore) Steve Rennitz. Quello del nostro mondo rimane deluso
nell’apprendere che nei mondi alternativi i fumetti sono diversi dalle versioni
che conosce lui e che Stan Lee esiste solo nella sua realtà – ma almeno fa una
comparsata in questa.
Pseudofumetti: Normal Four,
Amazing Reality, The Incredible Dr. Banner in a Bad Mood, Uncanny Oppressed People e una versione molto diversa del Punitore.
Sono fumetti che narrano le versioni realistiche e quotidiane di quelli che nel
mondo Marvel sono supereroi.
STAN LEE
MEETS DOCTOR STRANGE
(Stati Uniti 2006, nel comic book
omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber]
(T), Alan Davis e Mark Farmer (D)
Stan Lee decide di passare a
trovare il suo vecchio amico Dottor Strange solo per scoprire che le cose sono
cambiate da come se le ricordava e il Signore delle Arti Mistiche è oberato dai
costi della sua “professione”.
IMPY…
THE IMPOSSIBLE MAN!
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Doctor Strange, © Marvel,
supereroi)
Brian Michael Bendis
(T), Mark Bagley e Drew Hennessy (D)
L’Uomo Impossibile, un alieno
ridicolo per la cui creazione su Fantastic
Four 11 Stan Lee chiese pubblicamente scusa, si materializza nel mondo
Marvel di metà anni 2000, quando tra Guerre Civile, Mondi di X, Vendicatori
Divisi e quant’altro il tenore delle storie è molto più cupo di quello dei suoi
tempi. Decide pertanto di andare a protestare negli uffici della Marvel
credendo che Stan Lee sia ancora lì, ma riuscirà a parlarci solo a Hollywood.
(Stati Uniti 2006, nel comic book
omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Lee Weeks e Nelson [?] (D)
Aggirandosi in bici per New York
Stan Lee finisce nella turbolenta Yancy Street dove incontra la Cosa: credendo
che la sua vita sia triste a causa del suo aspetto gli propone di scrivere una
storia in cui torna normale, ma Lee scoprirà che la vita della Cosa è
tutt’altro che drammatica.
“SO YOU
WANNA PLAY, EH?”
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee Meets The Thing, © Marvel,
supereroi)
Roy Thomas [Roy
William Thomas Jr.] (T), Scott
Kolins (D)
Durante la Seconda Guerra
Mondiale Stan Lee svolge il proprio servizio nel reparto comunicazioni
dell’esercito dove produce manifesti e filmati ma ha ancora il tempo di
scrivere sceneggiature per i fumetti della Timely. Il capitano della sua
divisione gli chiede con urgenza un nuovo filmato e così Lee contatta il
supervisore che temporaneamente ha preso il suo posto, Vince Fago, per farsi
mandare tre dei loro supereroi che, come ricordato nell’introduzione, sono
reali e raccontano le loro vicende agli autori della Marvel che poi le
traducono in fumetti. Purtroppo non gli vengono recapitati quelli che ha
chiesto ma tre eroi misconosciuti che conoscendo le manie filologiche di Roy Thomas
sicuramente sono veramente esistiti. Come se non bastasse, Stan Lee ha un
incontro ravvicinato con il Teschio Rosso e a seguito dello scarso gradimento
del suo filmato si chiede se riuscirà mai a creare dei personaggi memorabili.
STAN LEE
MEETS DOCTOR DOOM
(Stati Uniti 2006, nel comic book
omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Salvador Larroca (D)
Stan Lee viene convocato
forzatamente in Latveria dove il Dottor Doom si lamenta di come viene ritratto
nei fumetti Marvel e gli chiede lumi su come potrebbe migliorare la sua immagine.
Ma quando si accorge che lo stesso Stan Lee viene raffigurato nei suoi fumetti come
l’inetto postino Willie Lumpkin capisce che non è la persona giusta a cui
chiedere consigli di propaganda.
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Doctor Doom, © Marvel,
supereroi)
Jeph Loeb [Joseph Loeb
III] (T), Ed [Edward] McGuinness e Dexter Vines (D)
Storia che si svolge dopo uno
scontro dei Fantastici Quattro contro il Dottor Destino nei primi numeri di Fantastic Four: sconfitto e mutilato
dalla Cosa, il Dottore torna a Latveria dove un suo sottoposto che lo cura gli
chiede di smetterla con le lotte contro i Fantastici Quattro. Si tratta di Stan
Lee mascherato, che ottiene l’esatto contrario dell’effetto voluto.
STAN LEE MEETS SILVER SURFER
(Stati Uniti 2006, nel comic book
omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber]
(T), Mike [Michael Lance] Wieringo e Sean
Parsons (D)
Galactus trasporta Stan Lee da
Silver Surfer per fargli capire quanto è pomposo: purtroppo il suo modo di
parlare e ragionare è contagioso.
THE
MAGICIAN
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Silver Surfer, © Marvel,
supereroi)
Paul Jenkins (T), Mark
Buckingham (D)
Un bambino inglese (quasi sicuramente
il piccolo Paul Jenkins) riceve la visita di Stan Lee mentre è triste per il
pessimo fumetto che ha realizzato: la sua presenza gli svelerà l’importanza dell’ispirazione.
martedì 25 agosto 2020
Wonder Woman Anno Uno volume 1
Reboot o elseworld di Wonder
Woman uscito, da quanto ho capito, direttamente in volume.
Dopo un incipit che ci mostra la
potenza e la filosofia delle amazzoni comincia la storia che altro non è che un
lungo processo alla protagonista, colpevole di essersi mescolata al mondo degli
uomini e avere così rivelato l’esistenza della loro Isola Paradiso. Quella che
ci viene mostrata è una Diana ribelle e irrequieta, incuriosita dal mondo degli
uomini che la madre Ippolita spia attraverso un televisore/specchio magico che
avrà un ruolo importante nella vicenda. Come ogni anno si avvicinano i Giochi,
a cui Diana non può partecipare, almeno non come concorrente, a causa delle sue
doti fisiche superiori, visto che è stata creata a partire dall’argilla (o così
le ha detto sua madre). Nel corso delle celebrazioni trova il pilota
statunitense Steve Trevor, precipitato sulla loro isola, e questo innesca la
serie di eventi che porterà alla storia di Anno
Uno.
Grant Morrison scrive mescolando
elementi del mondo classico ellenistico, ipertecnologia surreale e il consueto
amore per il mondo kitsch dei supereroi: divertente la battuta dello Steve
Trevor delirante che (visto com’è vestita Wonder Woman) crede di trovarsi a Rio
per il carnevale, ma la figura di Elizabeth Candy, forse parodia di Mama Cass,
mi è sembrata meno azzeccata.
Yanick Paquette, colorato da
Nathan Fairbairn, è molto bravo a disegnare gli animali, i panorami, gli sfondi
neoclassici, gli interni e gli aggeggi tecnologici: non sembra nemmeno un
fumetto di supereroi se non fosse che i pochi maschi di rilievo sono
esageratamente pompati come da tradizione. E il suo più evidente cavallo di
battaglia, la figura femminile, è disegnato in maniera stereotipata: anche
quando ha evidentemente fatto un lavoro di ricerca per trovare le espressioni
giuste, le sue donne hanno tutte pose da pin up a volte artefatte e fuori
contesto, e finiscono addirittura per assomigliarsi persino se appartengono a
etnie diverse. Miliardi di volte meglio di tanti suoi colleghi, ma si arriva
alla fine un po’ nauseati da tanto glamour.
Non credo che Wonder Woman Anno Uno ambisca a essere
un capolavoro, più che altro è un divertissement
con cui Morrison ha voluto riallacciare i fili della continuity del personaggio (così credo di aver capito) e omaggiare
l’aspetto più giocoso del genere supereroico, come spesso fa. Qualche
estimatore lo troverà di certo.
sabato 22 agosto 2020
I Nuovi Mutanti: Figli della Guerra
Nessun nuovo arrivo in
fumetteria, stamattina, quindi ho dovuto ricorrere agli scatoloni delle
offertissime per trovare qualcosa da leggere e magari da recensire, visto che
la regola autoimposta di fare almeno un post ogni tre giorni si sta rivelando
sempre più difficile da rispettare.
I Nuovi Mutanti classici li
conosco piuttosto bene perché quando non trovavo lavoro appena finita
l’università avevo bisogno di riempirmi la testa di stronzate e le raccolte
della Play Press a un tanto al chilo assolvevano perfettamente allo scopo. La
storia qui raccolta si svolge nel pieno degli anni ’80 e coinvolge i due autori
che più hanno caratterizzato la serie, il suo creatore Chris Claremont e Bill
Sienkiewicz.
La scuola del professor Xavier
viene attaccata dall’essenza del Magus (o quello che è) che si infiltra nel suo
tecnorganico figlio Warlock che comincia a contagiare tutti gli altri per
fonderli in un’unica coscienza. Illyana Rasputin resiste ma solo perché viene
posseduta a sua volta dal demone Belasco, o così almeno ho capito. Così i Nuovi
Mutanti ancora attivi devono sconfiggere pure lei. Il meccanismo del contagio è
un sistema molto funzionale che permette a Claremont di eliminare dalla scena i
personaggi che vuole con la tempistica più adatta, di solito dopo che hanno
detto la loro battutina di prassi. Alla fine i buoni sentimenti sono l’arma
vincente. E tutto torna esattamente com’era prima, probabilmente per convinta
adesione all’immobilismo del genere supereroico prima ancora che per evitare
problemi di continuity “ex post”.
I disegni eclettici di
Sienkiewicz sono quindi la cosa più interessante di questo fascicolo, peraltro
ben colorati da Chris Sotomayor. All’epoca della sua uscita l’albetto avrebbe
potuto anche fare la felicità di quanti avessero previsto l’aumento dei prezzi
della Panini, visto che a fronte di 32 pagine quasi interamente a fumetti
veniva venduto a “soli” 3 euro (anche se non ho capito il perché del riquadro
vuoto nel frontespizio: era un prodotto da fiera da farsi dedicare dagli
autori?). Se poi lo scopo fosse quello di riempirsi la testa di stronzate, beh,
è perfetto.
mercoledì 19 agosto 2020
Fumettisti d'invenzione! - 152
Mi permetto di integrare il
divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti
d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui
ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo
originale.
[NARRATIVA] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 71)
(Italia 2020, Feltrinelli,
commedia noir)
Tito [Luca] Faraci
Ettore Lisio è un fumettista di
successo che scrive la più importante serie italiana, dedicata al “Ranger”. Ma
è insoddisfatto dalla routine di dover sempre inventarsi variazioni sul
medesimo tema e forse sconta le sue frustrazioni di musicista mancato, oltre al
dramma di un recente lutto. La città di Milano decide di punirlo per la sua
perenne infelicità e lo fa incappare in una pescheria in vendita in un
quartiere poco raccomandabile. Qui Ettore ha l’illuminazione di cambiare vita e
fare il pescivendolo: rispondendo all’annuncio “affittasi” verrà catapultato in
una girandola di situazioni pericolose che ruotano attorno a un malavitoso
locale.
Nel romanzo compaiono due figure
facilmente identificabili di autori Bonelli: lo sceneggiatore romano Roberto e
il “Boss” che segue scrupolosamente le sceneggiature del Ranger,
rispettivamente Roberto Recchioni e Mauro Boselli.
Pseudofumetti: oltre al
Ranger e a diversi fumetti realmente esistenti viene citato anche Doc Diablo, la vergogna di Ettore. A
Lucca Comics 1993 aveva incontrato Biglia (sceneggiatore, al secolo Francesco
Biglini) e Jako (disegnatore, il suo vero nome è Gianni) che avevano autoprodotto
Killer Bob. A causa di affinità
elettive con Jako, ammiratore dell’Ettore Lisio musicista, comincia a collaborare con loro come soggettista e per la rivista
antologica autoprodotta Killer Bob
presenta crea nel 1994 il personaggio Harker,
the Human Hunter, molto ben accolto da Fumo
di China. Ferretti, patron della IronPress (trasposizione del Ferri della
Play Press?) nota questa rivista presso il tipografo dove anche lui stampa i
suoi prodotti e chiede all’equipe di Killer
Bob di creare un personaggio ispirato all’enorme successo del periodo, Dylan Dog: la proposta vincitrice è
quella di Doc Diablo, diavolo buono
che esorcizza gli altri demoni, creazione di Ettore (ma alla fine scopriremo la
sua vera genesi) per cui ottiene una cospicua somma per l’opzione del
personaggio per una serie televisiva.
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag.
28)
JOHN
BYRNE’S NEXT MEN (NEXT MEN)
(Stati Uniti 1991, in Dark Horse Presents, © John Byrne,
supereroi, fantascienza)
John [Lindley] Byrne
In questo universo ideato da John
Byrne i supereroi sono frutto di sperimentazione genetica condotta dal
vicepresidente in corsa per la Casa Bianca a partire da relitti alieni
rinvenuti nel 1955. Bambini dati in adozione, tutti rigorosamente bianchi,
vengono allevati in una realtà virtuale dove prendono confidenza con le loro
abilità e sviluppano poteri. Un concetto piuttosto in anticipo sui tempi, se
pensiamo che il fumetto risale al 1991. Ma cinque di loro fuggono al meccanismo
e si aggirano per gli Stati Uniti dove sono braccati e hanno a che fare con
varie minacce e, volenti o nolenti, devono assumere il ruolo di supereroi.
Danny, velocista e più giovane
del gruppo, è un appassionato lettore di Action
Maxx edito dalla Dollar Comics e crede che narri le vicende di un supereroe
che esiste davvero. Durante una trasferta a New York con la sorellastra Gillian
visita gli uffici della casa editrice di Ben Horowitz, una volta autore di
fumetti, a cui mostra i poteri telepatici di lei: l’editore coglie l’occasione
al balzo per pubblicare nuove serie ispirate alle vicende di Danny mostrando in
pubblico i suoi poteri, svelando così l’esistenza dei Next Men e delle storie
segrete che hanno avuto. Ma la società occulta che li segue, Control, accetta
di buon grado la cosa per l’effetto tranquillizzante che hanno i fumetti e a
patto di collaborare nella stesura delle storie. L’unica disegnatrice di cui ci
viene mostrata l’identità (oltre all’assistente/servo di Horowitz, Ralph) è
Sandy Tolliver, che a seguito di un rapporto sessuale con Danny svilupperà il
bizzarro superpotere di materializzare i suoi sogni, sempre a tema
fumettistico: così Byrne avrà la scusa per un cross-over con l’Hellboy di Mignola e altri personaggi
del fumetto indipendente statunitense. Un altro autore di fantasia citato è
Martin Chaney, che modificò le origini segrete di Doctor Trogg, l’arcinemico di
Aciotn Maxx, dopo che uscì Jurassic Park.
Vengono citate la Cavalier Comics
che ha preso importanti quote di mercato della Dollar e la Dynamo Comics che contesta
il trademark di Speedboy avendo creato un personaggio con lo stesso nome negli
anni ’50.
Pseudofumetti: oltre ad Action
Maxx la Dollar Comics pubblica anche Blue
Dahlia, Ventura e Wild Five, parodia dei Fantastici
Quattro.
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)
(Stati Uniti 2020, © Adrian Tomine,
autobiografia)
Adrian Tomine
Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
CHIRI VON FIESTA
(Argentina 1991, in Aerosol, © Aguado, striscia umoristica)
Alejandro Aguado
domenica 16 agosto 2020
Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior
Il volume raccoglie una serie
molto poco conosciuta di Alfredo Castelli, progettata per una rivista francese
che durò giusto il tempo dell’unico numero di prova per testarne le
potenzialità commerciali. Come spesso accade nei volumi ad opera di (e curati
da) Castelli, i redazionali sono quasi meglio dei fumetti. In questo caso, al
di là della risaputa storia di Pilote
e dell’influenza che ebbe sul mercato delle riviste francesi, è molto
interessante la ricostruzione della vicenda editoriale di Vaillant/Pif; i ritratti
di vari autori come Marcel Gotlib, Philippe Druillet e Jean-Claude Forest sono
riportati con affettuoso divertimento e Castelli ci mette a parte di un
preziosissimo cadavre exquis
realizzato e regalatogli dal Gotha del fumetto franco-belga. E ovviamente non
mancano degli interessanti dietro le quinte, come la conclusione anticipata de Gli Aristocratici su Pif a seguito delle accuse di apologia
di banditismo!
Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior era stato pensato per
il numero 0 della rivista Bazar, di
cui furono stampate solo 150 copie (e ti credo che non ebbe successo!), ed era
il remake di una storia breve realizzata insieme a Bonvi per Sorry. Il protagonista è un fanfarone
che narrando vicende inverosimili può spaziare in tutti i generi, l’horror come
il poliziesco come la fantascienza. Ai disegni c’era nientemeno che Georges
Pichard, la cui necessità fisiologica di disegnare donne nude portò a qualche
modifica dei dialoghi del primo episodio. Questo primo capitolo non è che sia
granché, in effetti. Non credo di essere io a non averlo capito, perché a
quanto si legge nell’introduzione la redazione di Bazar pensò bene di inserire un testo esplicativo che gli donasse
un senso (e che non è stato inserito nel volume Cut-Up perché tradiva le intenzioni
originali di Castelli).
Chiusa Bazar (che pure pubblicava Luis Garcia, molti autori umoristici di
successo e l’asso pigliatutto Barbarella ancora
al top della popolarità), Sir Aladdin…
continuò a vivere su Scop Magazine,
che però a sua volta non durò abbastanza a lungo da ospitare i nuovi episodi
che vennero realizzati direttamente per l’Italia dal disegnatore Vincenzo
(Enzo) Jannuzzi.
Prese le misure di Pichard, con
il secondo capitolo Castelli confeziona una storia veramente bella, originale e
divertente, con una donnina pienamente giustificata visto che è il perno
attorno a cui ruota tutto. Anche il disegnatore deve aver gradito, visto che ha
prodotto delle tavole spettacolari. Il terzo episodio, uscito su Il Mago, è una simpatica parodia delle
storie di vampiri, basato su un’abile costruzione di false aspettative da parte
del lettore. Non ricordo di averlo letto sulla rivista, o almeno non l’ho
trovato. Ricordavo invece molto bene il quarto capitolo, che presentava uno
scenario poi visto varie volte (ad esempio in uno dei Paradossi Temporali di
Juan Gimenez e in una storia di Dal Pra’ su Comic
Art): il protagonista si ritrova su quello che si scopre essere il corpo di
una donna gigante. A suo tempo mi era sembrata una trovata di grana grossa
indegna di Castelli, ma in realtà la trama è più articolata di quelle che
sfruttando lo stesso canovaccio sarebbero venute dopo, non si risolve in questo
semplice elemento e di conseguenza non ho fatto nessuno spoiler.
Nell’introduzione Castelli
lamenta il pessimo lettering e la scarsa qualità di stampa delle due storie
pubblicate su Il Mago, che lo fecero
desistere dal continuare la serie. A me non sembra che il primo sia poi così
male, mentre sulla qualità di stampa avrà forse influito il fatto che Jannuzzi
disegnava a matita – o così mi sembra sfogliando la vecchia rivista. E d’altra
parte questo volume della Cut-Up riproduce ancora peggio le tavole di Jannuzzi,
non potendo ovviamente usare gli impianti di stampa men che meno le tavole
originali. Chiaramente in questi due episodi made in Italy risaltano come un pugno nell’occhio le correzioni
digitali al lettering precedente, che pensavo (speravo) nascondessero chissà
quali contenuti nefandi oggi non più accettabili. In realtà Castelli ha solo
corretto dei dettagli logici e narrativi. Di seguito un confronto all’americana.
A integrare il volume ci sono
anche altri fumetti, che mi hanno trasmesso un senso di deja vu: inevitabile, visto che La
Grande Invention de Cecil Billet de Mille è la versione francese
dell’esperimento fatto con una banconota da 1000 lire su Horror, così come Il faut
tuer Flossie! (disegnato da Enric Sio e “Henry Martin”, cioè Enrico Bagnoli)
è un remake fatto per Scop Magazine,
poi mai pubblicato, di un’altra storia di Horror,
Delitto Perfetto. Poiché nel volume Nona Arte
entrambi i fumetti venivano citati ma non riprodotti, si può dire che Sir Aladdin… funga anche da “companion”
a quel volume.
Simpatiche le vignette di Fausse donne, “interpretate” da carte da
gioco, altro bonus del volume. Da notare anche la presenza nell’indice finale di
una vignetta parzialmente fotografica in cui Castelli si prende in giro e,
sullo sfondo di pagina II, la comunicazione dei dati tecnici del documentario
che si sarebbe occupato di Bazar, per
cui venne chiesta l’autorizzazione di mostrare i fumetti realizzati da Castelli
e quindi stimolo per la realizzazione di questo volume. Che spero venda più
della tiratura di Bazar.
giovedì 13 agosto 2020
martedì 11 agosto 2020
The Doomsday Machine #1
Dell’Onofrio Catacchio citato
nell’annuncio sull’Anteprima c’è solo
la copertina, ma ben venga se serve da viatico per diffondere la conoscenza di
un prodotto molto interessante. The
Doomsday Machine è una rivista antologica che tratta di «Atompunk» che, come
citato in quarta di copertina, è un sottogenere della fantascienza ispirato
alle atmosfere della Guerra Fredda (la gara tra russi e americani per la
conquista dello spazio, la paura della bomba nucleare, ecc.). In realtà solo la
seconda delle tre storie qui raccolte corrisponde strettamente a questo schema
mentre le altre potrebbero essere scambiate per due generici fumetti post-apocalittici.
La prima storia, Rad Romance, è un bell’esempio di quei
fumetti fulminanti col finale a sorpresa che non si vedono più, che
costringevano gli sceneggiatori a spremersi le meningi per trovare qualcosa di
originale in poco spazio. Alessio Landi riesce nell’intento mettendo in scena
una ragazza in fuga, tre mutanti che la inseguono e un misterioso cavaliere
motorizzato che la salva. La trama non è nulla di rivoluzionario (una svolta
vagamente simile ce l’aveva anche una storiella medievale sui primi numeri del Pilot Nuova Frontiera, mi pare) ma il
risultato è comunque piacevole anche perché con pochi e intelligenti dialoghi Landi
riesce a evocare tutto il mondo che sta dietro a questa breve storia.
I disegni di Pierpaolo Putignano
sono ottimi. A me questo stile virato sull’umoristico non piace, ma è
innegabile che sappia rendere espressivi e dinamici i suoi personaggi, e
soprattutto fa sfoggio di un’inchiostrazione veramente magistrale.
Irretito da questo bell’esordio
sono rimasto un po’ deluso dal successivo F.E.D.O.R.
di Massimo Rosi e Alessandro Cosentino. La vicenda vede un robot russo
(allevato come un figlio da uno scienziato) che viene spedito nello spazio a
seguito della proverbiale apocalisse atomica, con lo scopo di trovare un
ambiente idoneo per piantare semi terrestri e creare le condizioni per far
rinascere l’umanità. Ahinoi, la priorità di Rosi non è sviluppare questa interessante
situazione di partenza, ma concentrarsi su quanto di poetico può esserci in essa.
Il risultato è suggestivo, certo, ma non ai livelli di Rad Romance. Promosso anche Cosentino ai disegni, forse un po’
troppo dipendente dal computer per alcuni dettagli.
L’ultima storia, The Fortress, minacciava di essere il
classico racconto illustrato spacciato per fumetto visto il metodo di lavoro di
Officina Infernale: collage di fotocopie ritoccate con inserimento di
didascalie. In effetti un po’ è così ma per fortuna la vicenda si lascia
seguire con interesse anche grazie alla putrida cupezza dell’ambientazione,
dichiaratamente mutuata da una serie di romanzi di Alan D. Altieri. E la parte
finale ha un ottimo ritmo pur con i limiti compositivi che l’autore (o il
gruppo di autori) si è autoimposto.
Nel complesso una produzione
veramente piacevole, tanto più che costa solo 2,99 euro. Ad impreziosire la
rivista (e a fare un po’ dimenticare che nelle pagine vuote ci sarebbe stato
spazio per un’altra storia breve) contribuisce la grafica molto curata di Tobias
Meier che riesce a restituire il sapore dell’Atompunk quanto e più dei fumetti.
Dal copyright delle storie (ma
anche dalla pecetta sul prezzo in quarta di copertina e dall’usura della mia
copia) evinco che questo primo numero risale a due anni fa, e noto con piacere
che non è stato un caso isolato ma ce ne sono altri in attesa di essere ridistribuiti.
Unico difetto del fascicolo, la
qualità di stampa: dimostrazione di come tra il 1945 e il 1965 ci sarà pure
stata la paura delle bombe, ma quanto si stava bene senza computer.
sabato 8 agosto 2020
Historica 94 - Airborne 44 2: Sulle nostre macerie
È stato emozionante rivedere in
questa collana il fumetto (peraltro ottimo) che 8 anni or sono aveva tenuto a
battesimo Historica. Purtroppo mi
attendeva una doccia fredda: gli episodi qui raccolti non sono quelli
immediatamente successivi ai primi quattro presentati su Historica 1 ma il 7 e l’8, perché gli altri due sono già stati
pubblicati qui!
La politica della Mondadori di non ristampare materiale già edito mi era
ovviamente già nota dalla pubblicazione di Alix
Senator, ma in questo caso non si sarebbe potuto fare uno strappo? Da
quello che ricordo Airborne 44 si
basa, forse dopo il trionfale successo dei primi due capitoli, sulla
contrapposizione di due dittici e mi viene il sospetto che nei numeri 5 e 6 ci
fosse del materiale importante per capire questi due capitoli, o per
approfondirli. Se le altre collane oltre a Historica
durano poco o nulla vorrà pur dire che i lettori sono pochi, di meno rispetto a
quelli di Historica. E Airborne 44 è stato continuato in una
collana più costosa, meno lussuosa ed eterogenea, per la quale vale comunque la
solita politica ricattatoria degli editori (o forse più probabilmente dei
distributori): se non compri tutti i numeri col cavolo che continuiamo a
mandarla in edicola. E vabbè.
Sulle nostre macerie è addirittura superiore alla prima
quadrilogia. In una Germania ormai prossima al tracollo bellico si incrociano
le vite dei personaggi più disparati. Aurelius Krüger viene incaricato, sebbene
sia tutt’altro che un fervente nazista, di scortare la figlia di un pezzo
grosso e di prelevare uno scienziato che collabora col team di Von Braun – ma
questa missione ufficiale ne nasconde almeno altre due. Nel corso del loro
viaggio tormentato incontreranno Nadia e Nathan, due ragazzini scappati da un
campo di concentramento, e Jörg, giovane e riluttante disertore dell’esercito
tedesco ancora più antinazista di Aurelius. E a loro si unirà appunto anche
l’infido scienziato Stadler.
Il primo capitolo si intitola Generazione perduta ma possiamo
desumerlo solo dalle gerenze, perché in questo volume i due episodi originali
sono “incollati” senza la consueta pagina con la copertina a dividerli. Si
inizia con un flashforward ambientato
nel 1969, quando in Florida un misterioso personaggio raggiunge la villa di un
altro con l’intenzione di ucciderlo. Chiaramente il gioco è quello di invitare
il lettore a capire chi sono i due personaggi in causa dopo aver letto il
seguito della storia ambientata nel passato. La linea temporale del 1945 è un
groviglio di circostanze parallele che si sovrappongono e di misteri e segreti:
tutto è narrato in modo molto avvincente ma richiede una certa attenzione per
non perdersi nei vari dettagli.
Nel secondo capitolo, quello
propriamente titolato Sulle nostre
macerie, il gruppo di disperati tenta la fuga dalla Germania ormai
conquistata da americani e russi e la narrazione si fa più lineare e ancora più
avvincente. È vero che certi dialoghi hanno un tono forse un po’ troppo libresco
(e quindi irrealistico per un contesto così drammatico), così come non è molto
credibile che così tanti personaggi, per quanto intelligenti, abbiano una tale
consapevolezza dei retroscena della guerra e del futuro dell’umanità, ma sono
cose che passano in secondo piano di fronte al fortissimo pathos che sa evocare
la storia. Per quanto ambientato in un contesto bellico, il lavoro di Jarbinet
è più incentrato sulla ricostruzione dei dettagli storici e soprattutto sullo scavo
psicologico dei protagonisti, che diventano quasi tridimensionali.
Sulle nostre macerie è leggibile a sé ma, dannazione, dai vari
riassunti che vengono fatti nel corso degli episodi mi viene il sospetto che
sia la conclusione di vicende che hanno le loro radici nei due numeri
precedenti. Ed è un tarlo veramente fastidiosissimo.
La parte grafica è curatissima
come al solito. Il tratto di Jarbinet sarà un po’ freddo, ma quanta strada ha
fatto da Memorie di Cenere. E i suoi
colori ad acquarello sono ottimi, impossibili da replicare con un programma di
computer grafica.
In sostanza un volume
semplicemente stupendo, ma mi resta molto amaro in bocca per quei benedetti due
episodi saltati.
mercoledì 5 agosto 2020
Lex Arcana: Manuale Base
Un provvidenziale regalo di
compleanno mi ha evitato l’incomodo di doverlo cercare e comprare al
PlayModena, che peraltro quest’anno manco si è fatto.
Lex Arcana è considerato uno dei migliori giochi di ruolo italiani,
se non il migliore in assoluto, e trovo questa opinione condivisibile pur se il
mio cuore batte sempre per Kata Kumbas.
L’ambientazione è quella di una ucronia fantastica, in cui l’Impero Romano
d’Occidente non è mai caduto perché ha costituito una forza di polizia “magica”
con cui ha fatto fronte alle minacce sovrannaturali che avrebbero determinato
il suo crollo: i cartaginesi che venerano Moloch, i cristiani satanisti, ecc.
L’originalità e la ricchezza di
questa ambientazione è però anche il suo limite: il giocatore non può
interpretare altro che un appartenente alla Cohors Arcana, un misto di agente
segreto, poliziotto e investigatore del sovrannaturale a cui di volta in volta
vengono affidate delle missioni precise. Se in estrema sintesi anche Il Richiamo di Cthulhu alla fine prevedeva
una meccanica del genere, qui non c’è quell’approfondimento dei personaggi che
si può trovare altrove, dando loro delle motivazioni e dei progetti personali
che esulino dal loro ruolo all’interno dell’avventura. Lex Arcana è così, prendere o lasciare.
Nel leggere il Manuale Base ho
provato a fare una lettura comparata con la precedente edizione in scatola
(possiedo tutto di quella edizione tranne il master screen) e da una rapida
occhiata mi sembra che non si tratti di un semplice copia e incolla della versione
precedente, se non in alcune parti che fisiologicamente dovevano essere uguali.
Va anche detto che le stesse parti sono state messe nelle due versioni in posti
diversi, quindi più di tanto il confronto non ha potuto essere comparato e
chissà quante cose mi sono sfuggite. La citazione di Nippur di Lagash è rimasta, comunque.
Chiaramente la prima cosa che
salta all’occhio è la differenza del formato: laddove nel 1994 era ancora quasi
un obbligo presentare un gioco di ruolo in un boxed set con più libri e altro
materiale assortito, adesso sta tutto in un corposo volume cartonato. Il volume
è maestoso, ma come altri prodotti Need Games che ho potuto visionare, ad
esempio The Witcher, la lettura è
agile viste le molte illustrazioni e l’organizzazione del timone che contempla
pagine di raccordo prive di testo.
Passando ai contenuti,
l’impressione è che gli autori abbiano voluto agevolare i giocatori: vengono
introdotte le Specializzazioni, ovvero delle inclinazioni dei personaggi che
aumentano l’efficacia di alcune azioni specifiche. A seconda della Provincia da
cui provengono godono inoltre di bonus specifici (ben 18 punti in totale) alle Peritiae, cioè le capacità divise per
settore, quando in precedenza l’origine determinava la quantità di dadi da
tirare per ogni singola Virtus, cioè
le caratteristiche fisiche e mentali, incidendo grandemente sulla scelta del
corso da seguire e quindi della Qualifica, cioè la classe del personaggio. Sono anche introdotte gli Indigitamenta ovvero le invocazioni al
proprio nume tutelare, per garantire una maggiore possibilità di sopravvivenza
ai personaggi, e addirittura anche l’età influisce sulle loro caratteristiche,
offrendo ognuna ben 18 punti in più alle Virtus
(da attribuirsi però solo alla fine della creazione del personaggio, quindi
ininfluenti sulla determinazione delle Peritiae
– almeno quello!). Sono state poi aggiunte le Sortes, che un po’ mi ricordano i
Benny usati in Savage Worlds anche se
in effetti c’entrano poco o nulla: anche questo è un sistema per favorire i
personaggi, un metodo per cui si possono pescare il corrispettivo delle carte
Imprevisti o Probabilità che si spera sortiranno effetti vantaggiosi (e a parte
rare combinazioni sfortunate lo faranno).
La meccanica più importante di Lex Arcana è ovviamente rimasta: per
determinare la riuscita delle azioni il lancio dei dadi non è fisso, non viene
cioè determinato dal numero massimo della Virtus
o Peritia messa alla prova, ma il
giocatore può decidere quanti dadi (al massimo 3) e di quale tipo lanciare a seconda
del punteggio: così se questo corrisponde a 12 può decidere se azzardare proprio
il lancio di un dado da 12 (ogni risultato ha la stessa probabilità di uscire,
l’1 come il 12) oppure scomporlo in due dadi da 6 o tre da 4, o qualsiasi altra
combinazione possibile: in questa maniera il giocatore esercita un certo
controllo sulle sue probabilità di superare una prova giacché all’aumentare dei
dadi lanciati dovrebbe aumentare statisticamente anche il risultato medio.
Viceversa, azzardare un solo tiro laddove è possibile (non esistono dadi da 11
o 13 ma alcune prove hanno questi limiti) permette di tentare la fortuna e
sperare in un numero alto che permetta più facilmente un Tiro del Fato; non
ricordo (a una sommaria sfogliata non l’ho trovato) se nella versione originale
c’era già questo Tiro del Fato, in sostanza è un meccanismo per cui facendo il
massimo coi dadi si tira un’altra volta e si somma questo nuovo risultato, come
gli high open ended rolls di Rolemaster. Invece c’erano già nella
prima edizione i vari gradi di successo che può avere un’azione, anche questo
un dettaglio che potrebbe rimandare a Rolemaster.
Sono state aggiunte diverse
novità: non c’è più la distinzione tra gioco base e gioco avanzato, e d’altra
parte Lex Arcana non è così complesso
da necessitare di una versione “light”. Viene introdotta una nuova Qualifica,
anche se per le sue peculiarità il giocatore dovrà fingere di interpretare una
di quelle cinque base. Ci sono poi i punti Pietas che i personaggi possono
investire in interventi divini, un altro meccanismo con cui aiutare i
personaggi.
Invece non è stata modificata la
possibilità che qualsiasi personaggio possa usare tutte le abilità disponibili.
In questa maniera, non precludendo ad altri personaggi le capacità che
teoricamente dovrebbero essere prerogativa di una Qualifica in particolare, può
succedere che un Guerriero o un Esploratore con i punteggi giusti sia più
efficace a curare o a fare divinazioni rispetto a un Sapiente o un Augure. Può
darsi che i vari modificatori alle Virtus
siano stati impostati anche per evitare queste situazioni, se così non fosse
anche questo è il fascino di Lex Arcana:
potenzialmente tutti possono tentare un’azione e magari la compiono meglio
degli “specialisti”.
Permane purtroppo un certo
schematismo (programmatico, ovviamente) negli elementi di contorno, cioè la
descrizione dei personaggi non giocanti è limitata al solo tipo di dado che
usano per determinare le loro caratteristiche, il che li fa sembrare delle
comparse prive di ogni personalità. È vero che così Lex Arcana anticipava una certa attitudine dei giochi di ruolo
moderni dove importa più la storia dei dettagli, ma così i png sembrano
veramente delle semplici funzioni delle avventure (che è quello che sono: le
caratteristiche meno rilevanti non vengono nemmeno riportate), delle
apparizioni estemporanee buone solo per quell’occasione.
A me a suo tempo non piaceva
nemmeno la scelta di catalogare tutte le possibili abilità speciali dei mostri
prima delle loro descrizioni, come se fossero una cosa fissa e standardizzata
senza possibilità di essere più creativi. Però in questa edizione è una scelta
molto efficace, perché la descrizione di un mostro è in realtà formata da un
massimo di tre parti sempre più approfondite che simulano quello che i personaggi
possono sapere della bestia a seconda della riuscita del loro tiro di De Natura o De Magia o De Scientia, a
seconda del tipo di mostro. Meglio così, quindi: si risparmia lo spazio delle
descrizioni delle abilità e si guadagna in caratterizzazione; cosa più
importante, il Demiurgo (il Master di Lex
Arcana) sa con metodo scientifico cosa dire ai giocatori in merito a cosa
sanno i loro personaggi dei singoli mostri, cosa a volte un po’ difficile da
valutare.
Una particolare nota di merito va
al fatto che addirittura una cinquantina delle 300 pagine di cui è composto il
volume sono dedicate a due avventure: una scelta molto azzeccata visto il proposito
introduttivo che ha il manuale. La prima delle due ha però un approccio sin
troppo teleguidato e i personaggi non è che possano fare nulla che non sia
seguire il canovaccio, che li vede quasi solo spettatori, ma la cosa è
parzialmente giustificata dal fatto che si tratta della prima parte di una
storia che continua nell’avventura successiva – che a sua volta aveva avuto un
prologo in un’avventura contenuta nello starter kit di Lex Arcana, disponibile gratis in pdf.
Nettamente migliore (e di molto) la seconda, in cui i giocatori hanno un ruolo
più attivo in un contesto investigativo che una particolare meccanica di gioco
potrà rendere molto appassionante e suggestivo; inoltre lo scontro finale è
veramente memorabile. La campagna di cui fanno parte queste due avventure si
concluderà nel volume Le ombre del
passato che al momento, a giudicare dai prodotti disponibili sul sito, non
mi pare sia ancora uscito.
In questo Manuale Base non mancano refusi ma tutto sommato sono presenti in
numero tollerabile. Certo, non in quantità proprio irrisoria ma molto di meno
che in tanti altri prodotti contemporanei.
Noto con piacere che al manuale
base hanno fatto seguito diversi supplementi,
evidente testimonianza di buona salute per il prodotto, uscito l’anno scorso
dopo che il crowdfunding era stato presentato al PlayModena. A proposito del
crowdfunding, da notare in appendice la presenza di backer eccellenti come Ciro
Alessandro Sacco e addirittura Jeff Grubb;
e chissà che quel Colin Wilson non sia lo scrittore o il fumettista.
domenica 2 agosto 2020
Talutah
Essendo una creazione di
Francesca Paolucci Talutah sarebbe solo sorellastra di Djustine, l’altra
protagonista sexy western ideata da Enrico Teodorani, se non fosse che lo
sceneggiatore scrive anche molti soggetti di queste storie, a volte coadiuvato
dal figlio Andrea, diventandone un coautore.
Talutah è una procace indiana
sopravvissuta al massacro della sua tribù. Addestrata nientemeno che da una
versione western di Jorge Luis Borges, si vendica degli assassini, tra cui i
tre uomini che la violentarono. Come nel caso di Djustine, le sei storie qui raccolte sono frenetiche, lapidarie e molto
brevi (in un caso solo tre tavole): più che altro si tratta di occasioni per
esibire le forme della protagonista e per giocare con gli stereotipi del
western magari con un po’ di humour nero. Ma non mancano trovate più originali
e autoriali e incursioni sovrannaturali, proprio come in Djustine.
I disegni sono affidati
principalmente al valido (anche se un po’ discontinuo) Giuliano Bulgarelli, che
firma anche il bell’acquerello in quarta di copertina e varie pin-up, ma
purtroppo ha disegnato solo metà delle storie. Se Nicola Pasquetto è a sua
volta molto bravo, forse anche più di Bulgarelli (sfogliando il fascicolo lo
avevo scambiato per Gianluca Pagliarani), Bruno Farinelli e soprattutto Rolando
Cicatelli sono ancora a un livello amatoriale.
Un albetto di 32 pagine a 4,50
euro consigliato agli appassionati del genere e/o di Enrico Teodorani.
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