Questo fumetto di 44 tavole non è
tanto lo sviluppo di un’unica storia quanto una raccolta di piccole vicende che
si incrociano e si intrecciano. Forte della sua conoscenza dell’argomento (a
cui dedicò la tesi, come apprendiamo dall’introduzione di David Padovani),
Sergio Tisselli mostra l’impatto che un’epidemia di peste ha sulla vita degli
abitanti di un borgo nel XVII secolo. Anticipata dalla previsione di Alessandro
Righi che la profetizza con l’apparizione nel cielo della funesta Costellazione
del Cane, la peste si manifesta con la figura di un untore che compie il suo
sporco lavoro in una chiesa. Qui trova rifugio il soldato Otello che si asperge
alla fonte corrotta per poi capitolare nell’acqua del fiume in piena dove un
montanaro ha perso la legna, e per recuperarla dalle grinfie del vicino di casa
lo ammazza portando alla reazione delle autorità uccidendo quindi una guardia
il cui cadavere arriva col fiume in paese, dove una lavandaia ne raccoglierà la
giubba ancora buona infettandosi a sua volta, richiamando quindi un cerusico
che nel visitarla sin troppo accuratamente contrarrà la peste, ecc.
Non mancano deviazioni
inaspettate e originali (la lavandaia creduta morta torna come uno zombi dal
marito terrorizzato) ma in linea di massima la struttura dei vari passaggi
viene mantenuta invariata mostrando come l’insorgere del morbo o la sua
vicinanza porti a delle conseguenze anche morali, con i vari protagonisti preda
di ira, lussuria, invidia, indifferenza verso il prossimo.
Nonostante fosse il primo lavoro
di Tisselli, La costellazione del cane
si presenta graficamente come un’opera già molto matura. Le sue vignette sono
spettacolari, certo, con tutta la documentazione e la cura per i dettagli che
vi ha profuso (e di cui l’introduzione rende conto) ma i suoi personaggi
vengono anche fatti recitare con grande maestria. Dove la cura documentaristica
dell’autore ha forse peccato di eccessiva solerzia è nel ricorso al
proto-italiano dell’epoca, che può risultare farraginoso per quanto modulato
sulla classe sociale di ogni personaggio.
Più che altrove ho avvertito che
gli acquerelli lividi e scuri di Tisselli avrebbero meritato la carta patinata.
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