martedì 22 novembre 2022

Shadecraft: La Plasmaombre

Zadie Lu è una liceale statunitense un po’ sfigata, presa di mira dalle bulle youtubare visto che ha paura della sua stessa ombra. E ne ha ben donde, visto che dopo un episodio emotivamente teso la sua ombra prende forma corporea e la attacca. In realtà è lei stessa a generare, modificare e controllare le ombre, anche se quella che l’accompagna potrebbe essere una proiezione psichica del fratello ridotto in coma. Una provvidenziale consulente scolastica l’aiuterà a venire a capo della situazione, o ingarbugliarla ancora di più: nei fatti Shadecraft è una carrellata di colpi di scena uno dietro l’altro, che rimettono in discussione quanto letto poche pagine prima. Tra inaspettati retaggi familiari, proverbiali organizzazioni segrete governative e altrettanto proverbiali (e scontati) percorsi di crescita si arriva allo showdown finale: parrebbe che la serie sia progettata per essere continuata, ma tutti i nodi sono comunque stati sciolti, e il lieto fine sembra anzi un po’ troppo lieto.

Shadecraft comincia come horror adolescenziale per virare inizialmente sulla commedia e abbracciare poi il canone fantascientifico action per non dire supereroistico. In questo fumetto non c’è praticamente nulla di originale (al di là degli echi di suggestioni presenti anche ne Il Ragazzo Invisibile di Salvatores, ricordo che quand’ero bambino Bianconi o chi per esso pubblicava un fumetto con protagonisti un uomo grasso e la sua ombra magra) ma almeno Joe Henderson ha mixato il tutto rendendolo accattivante e donandogli un ritmo frenetico. Probabilmente troppo frenetico, ma immagino che stacchi, rivelazioni e cliffhanger siano stati calibrati in modo da renderlo appetibile per una versione cinematografica o televisiva.

I disegni di Lee Garbett seguono lo stile schematico un po’ caricaturale, o meglio stilizzato, di molti altri disegnatori esangui statunitensi (e non solo statunitensi) contemporanei. A fare la differenza è un tratto più grasso e deciso e un’occasionale attenzione ai dettagli in alcuni punti.

Decisamente più interessante il colorista Antonio Fabela, che ha usato dei buoni effetti acquerellati per rendere le ombre – ma in generale ha fatto un valido lavoro.

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