Nell’ottica di diffondere e promuovere le sue attività, l’Accademia The Sign è stata munifica a Lucca di brochure e depliant illustrativi, che in realtà non sono tali ma veri fascicoli anche piuttosto corposi. Se TheSign offre semplicemente una panoramica scritta dei corsi, già con Dipartimento Game è un breve fumetto a introdurre i programmi e le varie specializzazioni. Ad opera di Brian Freschi e Benedetta Baccari, la storia verte su un gruppo di ideatori di giochi dalle personalità molto distanti che un guasto all’ascensore farà finalmente collaborare tra di loro. Simpatico, ma è paradossale che per promuovere una materia prettamente digitale la resa grafica sia carente, fortemente pixellata.
My Body Shines è invece un’antologia delle prove degli studenti, che accanto a illustrazioni e grafiche presentano anche dei fumetti. Si inserisce in un progetto di più ampio respiro, una rivista annuale che serve da portfolio per i partecipanti e che tratta un tema specifico a ogni uscita: quest’anno è la volta della body positivity e dell’accettazione di sé.
Grafiche e illustrazioni che si alternano ai fumetti sono opera di Ilaria Bruno, Pauline Joyce Banduan, Irene Garuglieri, Alice Bergonzini, Giovanna Candelieri, Agostino Mollo, Valeria Moscati, Matteo Lisi, Chiara Mezzacapo, Alberto Milotti, Morgana Contorni, Alessandra Chierici, Melissa Liggeri, Silvia Giacomelli, Erica Ferroni, Lorenzo Lo Porto, Alessia Barbato, Ilaria Testi, Massimo Giugni e Rica Valete.
I fumetti sono sviluppati nella dimensione obbligata di quattro tavole. Considerati la brevità e il tema, è stato inevitabile che molti degli autori abbiano ceduto alla tentazione del racconto illustrato. A Sara Culli succede con Lobi, che pure parte da un buon soggetto. Stesso discorso anche per Figlie dell’Estate di Sara Citti, che almeno ha una deriva surreale. Cara Anoressia e SG sono semplicemente dei resoconti delle esperienze dei rispettivi autori Blu Pieraccioli e Filippo Perelli coi disturbi alimentari e la celiachia.
Mia di Giada Ionà avrebbe necessitato forse di essere sviluppata di più e purtroppo i disegni (oltretutto riprodotti male) non mi sembrano al livello di quelli degli altri autori. Anche Alessandra Muto ha un segno ancora molto acerbo e anche lei è stata penalizzata dalla stampa: la sua storia Chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni dimostra comunque un certo coraggio nel raccontare una storia calata in un contesto quotidiano.
D’altra parte qualcuno mette in campo una certa originalità: pur nel vittimismo di Yo-yo Veronica Satta imbastisce una sequenza abbastanza coinvolgente che si conclude in maniera gradevolmente onirica. Gaia Papotti si inventa una bella situazione di partenza in Perché non vuoi essere come noi? ma purtroppo la conclude abbandonandosi al moralismo. Eterna Bellezza di Antonio Di Vita e Ivan Lorenzini potrebbe essere l’incipit di un fumetto molto interessante (ma Lorenzini deve ancora prendere maggiore confidenza con l’anatomia).
Tra le prove più riuscite per me si colloca It’s a Match di Alberto Cappelli e Diego Picchianti visto che stempera con umorismo la tensione di come apparire al primo appuntamento. Ma i risultati nettamente migliori sono quelli delle due storie mute di Giacomo Roverani, proprio perché non avendo il supporto del testo devono obbligatoriamente raccontare una storia senza perdesi in voli pindarici. La prima, Geometro (titolo ben mimetizzato nello sfondo della prima vignetta), è anche un’ottima prova grafica mentre la seconda, WWW.Kara.XXX (scritta da Cris Manera), è molto godibile pur essendo più canonica.
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