A quanto pare il Meta-Barone ha
salvato (o salverà?) l’intero universo, ma intanto Tonto ci racconta altri
eventi, riandando a 17 anni nel passato – o nel futuro, elaborare una
cronologia coerente non è mai stata una priorità delle saghe di Jodorowsky. Apprendiamo
quindi dell’esistenza di un figlio del Meta-Barone, Adal, sul pianeta Algoma che
cerca di scappare per andare a trovare il suo degno padre su Marmola e quindi
guadagnarsi il titolo uccidendolo, come consuetudine della casta di cui si
sente degno erede. Sul pianeta incontra Dargona, figlia del regnante locale e
dotata di un collegamento speciale con l’epifite. Come intuibile è la figlia
del Meta-Barone intravista in fasce alla fine del
ciclo precedente:
suo padre si chiama Raïmo come il Kamar della saga dell’Incal e io subodoravo
la “sorpresa” di scoprire che in realtà fosse il Meta-Barone in incognito, e
invece il titolare della serie (che ricompare a sole tre pagine dalla fine del
volume –
flashback esclusi) è ancora
lui ma da tutt’altra parte. E bravo Jerry Frissen!
Dopo il cliffhanger del settimo volume, l’ottavo si apre con lo scontro tra
padre e figlio e il riassunto della situazione, mentre su Marmola si avvicina
la minaccia di una nave/pianeta/mostro la cui genesi è stata raccontata nell’episodio
precedente.
Beninteso, le idee ci sono e sono
anche carine ma sono rese con uno stile rapido, dinamico e compiaciuto che non
mi pare sia molto congruente con quello di Jodorowsky. Dalla ragionata
contemplazione della BéDé si è un po’ passati alla frenetica
spettacolarizzazione dei comics. L’incesto sembra una ragazzata da high school e non un crimine contro
natura da tragedia greca. E poi il Meta-Barone si vede a malapena – e meglio
dimenticarlo in versione scaricatore di porto! E ancora, quando Frissen non sa
come uscire da un vicolo cieco ecco che compare qualche stregoneria
Techno-Techno dai poteri risolutivi ma di cui curiosamente non si era mai avuta
traccia prima! Un po’ come l’epifite con cui Dargona può fare di tutto ma che
rimane inerte quando il ritmo narrativo o la ricerca di un effetto a sorpresa
lo richiede.
I disegni di Pete Woods sono molto
squadrati e un po’ sgraziati. Inoltre non è sempre in grado di mantenere delle
fisionomie coerenti da una vignetta all’altra, a volte con esiti che rasentano
il ridicolo. Non che sia un cane, ma non lo trovo molto adatto per una serie di
matrice franco-belga, che però d’altro canto anche come testi sembrava ormai
far l’occhiolino al mondo dei supereroi.
Insomma, questi ultimi due
episodi non sono proprio da buttare ma per fortuna la serie è finita! Almeno
ufficialmente, perché Frissen si è ritagliato un escamotage per un ulteriore spin-off…
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