venerdì 29 novembre 2019

Intervista a Laura Spianelli

A differenza di quello che avevi scritto sul tuo blog questo quarto volume di Stirpe di Pesce non sarà l’ultimo.

No, non è l’ultimo: è una delle libertà che mi sono presa e uno dei motivi per cui sono contenta che sia un’autoproduzione. E anche per questo non sono con una casa editrice e questo perché posso permettermi ad esempio di sviluppare un personaggio se ha bisogno di più spazio. In questo quarto volume ritorna Purple, gli altri personaggi la ritrovano, la vedono, però cosa le è successo nel frattempo mentre la serie procedeva con altre avventure? Non potevo risolvere la questione in sole tre o quattro pagine, era importante darle spazio, per cui ho deciso (o meglio si è deciso parlandone con Simone Delladio, con cui ci confrontiamo sempre per Stirpe di Pesce) che questo quarto volume non sarebbe stato l’ultimo. Bisognava darle più spazio, sottolineare la sua importanza. Per cui in questa avventura… ma forse è meglio se non faccio spoiler!

Già, meglio di no! Io il volume l’ho appena preso e devo ancora leggerlo. Se magari puoi dire qualcosa senza anticipare troppo…

Ci provo: diciamo che l’avventura portante ovviamente continua, ma c’è un punto in cui ci sarà una svolta importante che ovviamente non anticipo ma a cui era importante dare più spazio.

Posso chiederti il perché di questa copertina così particolare, diversa dalle altre?

Il quarto volume l’ho fatto uscire in due versioni per Lucca Comics. C’è la versione normale disegnata da me che è quella a cui fai riferimento: è appunto molto anni ’70, con i colori acidi; e poi c’è una variant cover di Tony Sandoval, di cui ne ho fatte solo 250 copie numerate.
Da qui è nata anche l’esigenza di non fare a gara a quale potesse essere più bella con un soggetto che fosse simile: figuriamoci se voglio mettermi in competizione con Sandoval. Per cui sono andata completamente all’opposto creando una copertina acida che fosse acida anche perché è così che me la sentivo, perché quelle sono proprio le mie tonalità: a me piace, è totalmente pazza. E allo stesso tempo si discosta da quella di Sandoval ma è anche diversa da tutte quelle precedenti, un altro motivo per cui è diversa è che raffigura il primo personaggio su una copertina a non essere né un tritone né una sirena, lui è un umano: un “asciutto”, come vengono chiamati nella storia.

250 copie per una tiratura limitata di un progetto indipendentemente non mi sembrano poi così poche.

Posso dire una parolaccia? Noi pisciamo molto in lungo [ride, ndr]. Insomma, diciamo che io guardo molto in lungo, che è uno dei vantaggi che ti danno le autoproduzioni, perché tu con le autoproduzioni inizi proprio dal piccolo per poi cercare di crescere e di far conoscere il prodotto a più lettori possibili. Invece se lavori con una casa editrice è chiaro che loro hanno altre esigenze di stampa, magari ti mandano in stampa anche 4000 volumi (butto lì una cifra) ma a quel punto è esaurito il tuo prodotto.

Non ti seguono più.

No, perché hai avuto il tuo lancio in libreria e poi il prodotto si esaurisce. Io invece quello che voglio, e che spero, è che il prodotto cresca. E per questo continuo a farlo conoscere: e intendo che continuo a promuoverlo sin dal primo volume.

A proposito di questo discorso, tu frequenti molto le fiere dove presenti Stirpe di Pesce. È quindi un buon sistema per promuovere il tuo prodotto?

Sì, è un ottimo sistema per farsi conoscere, ma è anche un sistema per  conoscere il pubblico. L’autoproduzione ti permette anche questo: di avere un contatto diretto con il pubblico con cui puoi parlare alle fiere. Per cui alla fine non sei soltanto un lettore o una lettrice, diventi parte del fumetto. Perché mi vedi e, grazie ai social, mi vedi quando lo creo. Anche quando magari sbaglio e poi cerco di rimediare a un errore. Per cui tutto questo processo creativo, in qualche modo condiviso, fa sì che sia un qualcosa per cui tu non sei più soltanto lettore, ne fai proprio parte.

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