Carissimo, ti mando
questa maldestra recensione dell'unico manga da me letto. Dopo averlo letto
capisco meglio alcune cose dette dall'autrice.
L'ho scritta mentre
ero privo del collegamento a internet, ora c'è, ma va e viene... e io pago...
Se vuoi usala pure
quando non sai cosa scrivere sul blog, se no leggila e basta, e una lettura
interessante (ovvio, l'ho scritta io).
RECENSIONE: L’ULTIMO
VOLO DELLA FARFALLA.
“Cho-no-Michiyuki”, di Kan Takahama, Dynit Manga, 2018
E’ una graphic novel di 158 pagine, suddivisa in 8 capitoli,
bianco e nero con tonalità di grigio.
Si legge da destra verso sinistra, leggere è la sola
occasione in cui un giapponese si butta a sinistra!
Non essendo assolutamente un esperto di manga (che, di base,
mi fanno abbastanza schifo) tralascerò ogni osservazione sullo stile del
disegno e limiterò il mio esame alla scrittura, cioè alla narrazione elaborata
da Takahama-San.
La storia è ambientata nella Nagasaki di fine 800, a Maruyama, quartiere
“a luci rosse” sede del rinomato bordello Chikugoya (in realtà Kagetsu).
Vi si narra la vicenda di Konoha, più conosciuta come Kicho,
una richiestissima “Tayu” (a quanto capisco, un tipo di Geisha particolarmente
versata nel procurare piacere agli uomini … una prostituta di altissimo
livello, via), venduta giovanissima ai tenutari del bordello.
Questa ragazza era stata poi riscattata, a costo di grandi
debiti, da Gen, un medico di osservanza cinese che la conosceva e l’amava fin
da bambina e che, rimasto vedovo, l’aveva sposata anche per dare una nuova
madre a suo figlio Kenzo.
Successivamente, Gen si ammala di “ascesso cerebrale”
(probabilmente un tumore al cervello) e Kicho non ha altra scelta che tornare
spontaneamente a lavorare al Chikugoya, destinando tutti i proventi della sua
attività, e tutto quel che di extra può ricavare, a lui e a Kenzo, che però
ignora i retroscena, e pensa che Kicho abbia abbandonato lui e suo padre per
egoismo.
Kicho, essendo una donna intelligente e di mentalità aperta,
non disdegna di frequentare anche gli stranieri olandesi, che hanno una colonia
commerciale a Nagasaki, ed è così che conosce il dottor Thon, un medico di
osservanza occidentale con cui allaccia un rapporto molto dolce e confidenziale.
Sarà proprio Thon a procurare medicine e cibi nutrienti al “fratello malato” di
Kicho (in realtà Gen), e avrà modo di conoscere e aiutare anche Kenzo,
interessato a imparare la medicina occidentale.
Solo con il precipitare degli eventi (l’aggravarsi di Gen, e
la sua morte) Thon e Kenzo capiranno quale sia stato il vero ruolo di Kicho ed
il suo sacrificio, e mentre per Thon, innamorato della geisha, sarà inevitabile
la delusione (suo fratello Bart gli dice: “Ti sei svegliato da un sogno… è
giusto che sia così”), per Kenzo vi sarà un cambio di prospettiva tale da voler
riscattare a sua volta Kicho qualche anno dopo, nel 1870, quando è ormai
avviato a una brillante carriera di medico (e si veste all’occidentale), mentre
lei è già “sul viale del tramonto” come Tayu. Ma Kicho rifiuta: “Gen ormai non
c’è più, e non voglio ingannare me stessa, con un altro sogno”.
La storia si chiude con Kicho che rivolge al suo Gen un
saluto, “Mi sa che presto arriverò anch’io”, che sembra alludere a una sua
prossima fine (sulle sue braccia appaiono delle pustole, forse conseguenza
della sifilide).
Pur essendo ambientata in un lupanare (Casa di tolleranza?
Bordellone extra-lusso?… temo che tutti questi termini non rendano
l’equivalente giapponese), questa storia non presenta MAI scene di sesso, al
massimo dei nudi, molto castigati.
E’ in effetti una storia molto poco erotica, e molto
sentimentale, diciamo, nel senso migliore del termine.
Ciò che interessa a Takahama-San, evidentemente, è
illustrare un certo tipo di ambientazione storica, e ancor più descrivere la
vita e la mentalità di queste donne imprigionate (ma allo stesso tempo
protette) nel loro ruolo di Tayu.
Dice la vecchia O-Taki: “Da giovani, diciamo sempre che il
bordello è un mare di dolore. Io non sono d’accordo. Se ti ci immergi una
volta, capisci che il vero dolore è fuori. Una volta uscite da qui, noi non
sopravviviamo”. Questo, chiaramente, può essere egualmente inteso come una
sconfitta da parte di queste donne, o piuttosto come una comprensione e
accettazione di quella realtà crudele che è la vita. Sfruttate insomma, ma in
qualche strano modo, al tempo stesso salvaguardate, però costrette in un
“ruolo”, una bolla da cui difficilmente si può evadere.
Sarà stato vero anche per le prostitute dei “saloni”
occidentali? Chissà.
A Takahama-San non interessa giudicare, e forse per questo
riesce a costruire un’ottima storia, che potrebbe anche essere una perfetta
sceneggiatura cinematografica (con tanto di storyboard!) per un bel filmone di
genere sentimental-drammatico, che comunque io non andrei mai a vedere.
Le sequenze centrate sulla vita quotidiana nel bordello, e
in generale sulla vita com’era nella Nagasaki di fine 800, oltre ad essere
storicamente accurate riflettono senz’altro la sensibilità personale di questa
piccola, ma grande mangaka.
Ribadisco la mia inadeguatezza ad addentrarmi nella ricerca
di eventuali influenze, o particolari stili nel suo disegno. Da perfetto
ignorante rilevo che la caratterizzazione del Dr. Thon (un gentile signore
olandese di mezza età, con baffi e capelli bianchi) mi ha ricordato alcuni
personaggi di Miyazaki.
L’interessante, e per certi versi toccante, post-fazione (o
prefazione, se come me aprite il libro come Dio vuole, cioè all’occidentale) al
volume, di Takahama-San, chiarisce meglio alcuni aspetti della genesi
dell’opera (vedasi l’aneddoto delle due farfalle).
Curiosa la frase di Kicho: “Nonostante le preghiere e le
offerte, Tenjin è rimasto indifferente. Puah! Tanto valeva pregare Hanta Maruya
[Santa Maria, cioè la Madonna], magari mi avrebbe ascoltata!”. Come sono
pragmatiche queste giapponesi!
Concludo la “recensione” con un consiglio “alla Kit Carson”:
Se vi accingete a leggere questa storia… preparate una montagna di fazzoletti,
fratelli !!
CIAO CIAO