venerdì 31 dicembre 2021

Il Meglio e il Peggio del 2021

Il Meglio

1


Disney Mix 10: Che aria tira 3 di Silvia Ziche. Li prendo sempre, non ne parlo mai. L’autrice come sempre riesce a parlare con garbo di tic e manie che esulano dal mondo strettamente disneyano. E il suo stile è una sintesi di eleganza ed espressività.

2


Bob 84. Doveva essere la rivelazione dell’anno e ha mantenuto le promesse.

3


Rebuòboli – Le avventure di Pinocchio Maltese di Luca Salvagno su Fumo di China: i testi sono molto simpatici, i disegni semplicemente deliziosi.

4


Corto Maltese nella nuova edizione “economica” a colori a opera di Rizzoli Lizard, ricco di dietro le quinte e materiali inediti come le bozze della continuazione della Giovinezza.

 

Il Peggio

1


La Bugia e come l’abbiamo raccontata. Certo, il soggetto è originale (abbastanza originale) ma i disegni sono assai indigesti…

2


Cronache del Tempo Medio edito dalla 001. Zanotto privato del colore fa sempre la sua porca figura, o meglio la farebbe se non fosse che la stampa è veramente pessima. E una tavola doppia è stata nuovamente spezzata in due pagine diverse dopo l’errore analogo su Euracomix!

3


Don Camillo speciale l’uomo senza testa. Capisco la necessità di avere un ricambio costante di disegnatori, ma Emanuele Ranzani non mi è sembrato ancora maturo per la serie. O forse, se questo è effettivamente il suo stile, non lo trovo affatto in linea con il realismo degli altri disegnatori, soprattutto per questa storia “horror”.

4


I Grandi Maestri 56 e 57: L’Eternauta 1 e 2. Non credo che la Cosmo abbia avuto una buona idea a pubblicarlo in bonellide con lettura orizzontale. Sì, ok, adesso è arrivato a più persone, ma saranno state in grado di gustarselo?

 

Meglio o Peggio?

1


Black Poppy: vale quanto detto sopra in merito all’Eternauta. Il fumetto in sé è ottimo e non lo avevo mai letto, ma formato e qualità della riproduzione sono infelici.

2


New York Cannibals: seguito ideale di Little Tulip. Bel fumetto, certo, ma la Oblomov (dannazione!) non poteva farne un volume cartonato e soprattutto con la carta patinata? I colori sono meno brillanti di quanto avrebbero potuto essere e data la foliazione generosa si rovina con un niente.

 

Avrebbero potuto essere il Meglio (o forse il Peggio)

 

Nuova categoria per quei volumi annunciati ma che poi non sono usciti, o che almeno non sono arrivati alla fumetteria dove li ho ordinati.

1


Materia Degenere 2. Dopo aver preso il primo la curiosità era tanta. Chissà, forse un giorno arriverà.

2


La Torre versione Alessandro Editore. Boh, questo forse me lo sono solo sognato e Alessandro aveva annunciato qualcos’altro.

3


Zio Dragoou. Ordinato per i Fumettisti d’invenzione, mai arrivato. Ma le case editrici piccole come la Sbam! non dovrebbero avere il massimo interesse a distribuire i loro prodotti?

 

Buon 2022!

mercoledì 29 dicembre 2021

Toh...

Avevo intuito che il volume della Mondadori non fosse stato un successone visto che è rimasto un unicum, ma non immaginavo che nel frattempo la serie fosse arrivata a contare ben 28 episodi!

A quanto pare alla Mondadori le cose non vanno poi così bene sul fronte fumetti.

lunedì 27 dicembre 2021

Klaus 2: Le nuove avventure di Babbo Natale

A Natale tutti diventano più buoni. Tranne i comic book.

Battute (battute?) a parte, poteva andare peggio. Questi tre episodi del Babbo Natale supereroe fantasy ideato da Grant Morrison pescano nel folklore e nel mito per imbastirci sopra delle sequenze adrenaliniche da blockbuster, con tanto di messaggini per i più piccoli.

Nel primo episodio Santa Klaus torna sulla Terra dopo un esilio di decenni sulla luna e viene coinvolto nel rapimento di due bambini da parte della Strega dell’Inverno, risvegliatasi per rimpossessarsi del mondo che le è stato tolto con il progressivo aumento delle temperature. Per mettere a frutto il suo piano usa un esercito di marionette viventi create nientemeno che dal Geppetto di Pinocchio, che fu allievo di Babbo Natale. La storia è nobilitata da riferimenti alla cultura nordica, né manca un po’ di ironia, ma tendenzialmente l’azione si svolge troppo rapidamente, con sequenze che si esauriscono anche nell’arco di una sola tavola. Sembra appunto una sceneggiatura da blockbuster riciclata per il fumetto.

La seconda storia, nonostante il titolo originale faccia pensare a una parodia dei crossover DC (Klaus and the Crisis in Xmasville) è in realtà una satira del consumismo, non a caso ambientata negli anni ’80, che riprende un indizio seminato nell’episodio precedente: la diatriba legale tra Klaus e la Pola-Cola. Il rampollo della famiglia produttrice della bevanda vuole riprenderne la produzione, e scopre così dal nonno morente un diabolico piano dell’azienda della bibita per impossessarsi del concetto stesso di Natale con l’aiuto di alieni a cui vendono bambini umani (che privano della loro immaginazione) in cambio di armi. Klaus affronta la sua controparte malvagia, quindi forse un malizioso riferimento alle Crisis DC c’è.

Da notare i colori, che non sembrano elaborazioni digitali ma veri acquerelli (o ecoline, o acrilici liquidi, o tempere, o quello che sono).

Col terzo episodio torniamo a temi e atmosfere più canonici, ovvero per nulla canonici ma senza sottotesti satirici: Klaus deve fermare degli invasori marziani che a suo tempo avevano portato al Ragnarok e allo sterminio degli dei norreni. Anche stavolta c’è un incontro, anzi un vero team-up, con altre figure archetipiche che contribuirono a creare il mito di Babbo Natale. Il tutto con la sottotrama di un pupazzo di neve che non ricorda chi è ma che sarà fondamentale per risolvere la situazione e dare un tocco lacrimevole al fumetto.

I disegni di Dan Mora non sono male, ricordano un po’ Chris Sprouse, ma purtroppo indulge nel caricaturale ben oltre il mio gradimento. Cosa che può anche andare bene per i vari mostri che sfilano in queste pagine, ma molto meno per le figure umane.

Questo secondo volume di Klaus è caratterizzato molto più del primo dalla pazzerella fantasia di Morrison e dalla sua attenzione per i miti, inoltre i rimandi tra un episodio e l’altro (nel secondo si accenna all’invasione marziana del terzo come nel primo alla causa con la Pola-Cola del secondo) fanno pensare che ci sia un disegno complessivo sottostante. Tirando le somme, un totale di una storia interessante e mezza su tre ha giustificato la lettura.

venerdì 24 dicembre 2021

Fumettisti d'invenzione! - 170

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

 

LA PROLISSEIDE

(Italia 1987, in Zut, © Eredi Pazienza, umorismo)

Andrea Pazienza


 

Come dice il sottotitolo «tutti gli uomini importanti che mi hanno conosciuto», Pazienza passa in rassegna varie personalità dello spettacolo, della musica, della cultura, della politica e anche del fumetto con cui è entrato in contatto, riportando simpatici aneddoti.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

 

IN THE SHADOWS OF NO TOWERS (ALL’OMBRA DELLE TORRI)

(Stati Uniti/Germania 2002, in Die Zeit, © Art Spiegelman, memoriale, satira)

Art Spiegelman

 


Il fumettista Art Spiegelman racconta la sua traumatica esperienza nel corso dell’attacco al World Trade Center l’11 settembre del 2001: sua figlia si trovava a scuola proprio ai piedi delle Torri.

Oltre a fare vedere la variegata fauna di persone che assistettero al crollo, l’occasione serve anche a fare della satira politica utilizzando l’estetica delle tavole domenicali dei fumetti del primo ’900, tanto più che fu proprio quello il formato con cui In the Shadows of No Towers venne pubblicato inizialmente dal giornale tedesco Die Zeit.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

 

LES PETITS RIENS DE LEWIS TRONDHEIM (INEZIE QUOTIDIANE)

(Francia 2006, © Trondheim, autobiografia, umorismo)

Lewis Trondheim [Laurent Chabosy]

 

Le vicende familiari e sociali del paranoico autore, che ovviamente fanno intravedere anche qualche  scorcio della sua professione di fumettista.

Nate sul blog dell’autore, le tavole dei “Petits Riens” sono state raccolte in una collana che conta finora otto volumi.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

ALICE BRUM BRUM

(Italia 1977, © Lorenzo Mattotti, umorismo)

Fabrizio Ostani (T), Lorenzo Mattotti (D)

 

L’ingenua e modaiola Alice viene edotta dallo stralunato Astralo sul mondo del consumismo mentre su un altro piano della realtà i due amici Lucio e Sergio viaggiano on the road.

Nelle due tavole conclusive gli autori spiegano la genesi del lavoro, che in origine doveva chiamarsi La Realtà è strabica, e rivelano che i due protagonisti sono loro stessi trasfigurati.


domenica 19 dicembre 2021

Arciòn

Tra i vari volumetti della collana Finestrini questo è il meno riuscito, almeno tra quelli che ho letto io. Se non ne avessi prima letto la recensione su Fumo di China 312, che parla anche dell’autrice, probabilmente ci avrei capito ancora meno del poco che sono riuscito a cogliere.

Arciòn non è una vera e propria storia ma una raccolta di suggestioni, di personaggi, di scene di vita quotidiana, di discorsi iniziati e lasciati in sospeso. Non nego che alcuni possano anche essere interessanti, soprattutto quelli dell’immigrata Malgorzata e della madre cuoca distrutta dal lavoro, ma avrebbero meritato appunto di essere sviluppati compiutamente mentre così sono solo rapide pennellate di colore, a volte quasi delle macchiette. Non è nemmeno chiaro il rapporto dell’autrice con Riccione, la “Arciòn” del titolo: queste tavole potrebbero costituire la celebrazione della vitalità e dell’apertura della cittadina così come una critica alla sua urbanizzazione selvaggia (vedi pagina 13) o alla perdita di energie e di legami che impongono i ritmi di lavoro basati sulla frenetica stagione estiva.

I disegni non sarebbero nemmeno male, se consideriamo la probabile giovane età di Louseen Smith e la sua appartenenza alla scena indie, ma il tratto è veramente troppo spesso e pesante: i disegni sembrano ingrandimenti di pagine tratte da un formato più piccolo.

giovedì 16 dicembre 2021

Fumettisti d'invenzione! - 169

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

 

MY BATMAN (IL MIO BATMAN)

(Stati Uniti 2021, in Batman: The World, © DC Comics, supereroi, slice of life)

Kirill Kutuzov e Egor Prutov (T), Natalia Zaidova (D)

Nella Russia del secondo dopoguerra l’impatto di un regalo del nonno al nipote avrà un effetto a lungo termine, facendolo diventare un fumettista. Questa storia breve è anche un’occasione per mostrare l’evoluzione di Batman nei vari media nel corso dei decenni.

Pseudofumetti: tra le opere del protagonista “Mr. Brick” vengono citati i supereroi russi Perestroika, Glasnost e Uskoreniye.

 

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)


HOW TO BE A COMIC BOOK ARTIST! (COME DIVENTARE UN DISEGNATORE DI FUMETTI)

(Stati Uniti 1968, in Not Brand Echh, © Marvel Comics, umorismo)

Marie Severin

 

Breve storia in due pagine in cui un anonimo fumettista illustra come dovrebbe comportarsi un professionista del settore.

 

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

BLABBER MOUSE

(Stati Uniti 1948, in Comic Cavalcade, © DC Comics, umorismo)

Autore sconosciuto

 

Come dice il suo nome, assonante con “blabbermouth” (cioè chiacchierone), Blabber è un topo dalla parlantina troppo sciolta che gli altri sorci Freddie, Gordon e Jimmy non sopportano perché spiffera i loro piani al gatto Tomcat, spesso vittima insieme a lui delle ritorsioni dei tre.

Nel numero 50 di Comic Cavalcade Tomcat, rassegnato ai suoi insuccessi come gatto, proclama di diventare qualcosa di meno impegnativo, come un verme, un ippopotamo o… uno sceneggiatore di fumetti! Ma la serie ha presentato anche momenti ben più metanarrativi:

 

Senza titolo in Funny Stuff 53 (1950). Autore sconosciuto.

Freddie, Gordon e Jimmy lanciano letteralmente fuori dalla rivista, e quindi dalla sua serie, Blabber Mouse. A corto di idee, mettono un annuncio per cercare un nuovo protagonista che lo sostituisca, finendo per rimpiangere Blabber che in realtà non era uscito di scena.

Senza titolo in Comic Cavalcade 43 (1951). Autore sconosciuto.

Blabber Mouse protesta con il suo autore per le continue vessazioni che subisce nel mondo dei fumetti ed entra in quello reale, che gli farà ben presto rimpiangere le pagine dei comic book.

Curioso che l’autore della storia, che si autoritrae mentre parla con Blabber Mouse, non sia stato identificato.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

 

THE DAY OF THE RED DEATH! (IL GIORNO DELLA MORTE ROSSA!)

(Stati Uniti 1969, in Chamber of Darkness, © Marvel Comics, orrore)

Roy Thomas [Roy William Thomas Jr.] (T), Don [Donald L.] Heck (D)

 

Libera trasposizione del racconto di Edgar Allan Poe The Mask of the Red Death: a introdurre e trarre la morale della storia non è il solito presentatore Headstone P. Gravely ma Stan Lee in persona.

martedì 14 dicembre 2021

Hellstorm di Warren Ellis

Se ho ben capito, si tratta di uno di quegli interventi in extremis che fanno negli Stati Uniti quando una testata vende meno, meglio ancora se di terza o quarta fascia come questo Hellstorm: si cambia il team creativo e gli si dà carta bianca; tanto, peggio di così non potrà andare.

Essendo uno dei primi lavori di Warren Ellis per la Marvel (forse proprio il primo?) il suo talento non risalta ancora e gli toccò accodarsi alla moda “horror” e allo stile “maturo” che in casa DC aveva baciato in fronte il Sandman di Neil Gaiman.

Nel primo ciclo di tre episodi il risorto Figlio di Satana deve scovare un serial killer di satanisti che lavora per conto di un demone che vuole dominare l’inferno, tracciando il suo sigillo su Manhattan (sì, banale, ma nel 1994 forse non lo era, soprattutto nel fumetto mainstream); dal quarto capitolo in poi le cose si fanno piuttosto confuse… Warren Ellis doveva riallacciarsi alle sottotrame lasciate in sospeso dalla precedente gestione e anche a quelle create da lui, il tutto imbastendo episodi autoconclusivi all’interno di una trama orizzontale che però deraglia anche a causa di episodi “fill in” messi a casaccio o spalmati su più numeri: e così, con un nuovo cast di personaggi sopra le righe tipico di Ellis, Hellstorm inizialmente dovrebbe avere a che fare con il ritorno della moglie dall’inferno e invece le sue avventure si concludono con la sua paternità a opera di un’altra donna (o quello che è). Non mi stupisce insomma che la testata andasse ancora male anche con Warren Ellis alle redini. In uno di quei tentativi patetici di salvare il salvabile che fanno negli Stati Uniti, cercando forse di abbagliare i lettori ritenuti gatti rincoglioniti davanti ai fari delle auto di notte, la Marvel a un certo punto affidò le copertine ad artisti di fama, ma se dopo Brian Bolland e P. Craig Russell assoldi Mark Buckingham (aaargh!) e Duncan Fegredo (che a me piace, ma non è Bolland) non puoi lamentarti che la testata chiude comunque.

Ad accompagnare le didascalie “introverse” (ah ah!) di moda a metà anni ’90 c’è una certa confusione e una netta sensazione che mancasse una direzione alla serie, ma qualche battuta divertente Ellis la mette giù con successo.

I disegni di Leonardo Manco sono rovinati da una colorazione piatta e satura a firma “Ariane” tipica dei trogloditi digitali anni ’90, ma pure lui ci mette del suo limitandosi a schizzare molti dettagli – forse su suggerimento dell’editor per non far sfigurare i suoi colleghi statunitensi. Gli episodi disegnati da Peter Gross non lo fanno rimpiangere troppo, insomma, men che meno la brevissima apparizione del bravo Martin Chaplin – Derek Yaniger, invece, non fa affatto una bella figura.

Il testimone di Hellstorm viene preso idealmente da Druid, miniserie con cui continua la collaborazione tra Warren Ellis e Leonardo Manco, ma con i colori un po’ migliori di D’Israeli. Hellstorm/Satana fa anche un’apparizione nella cornice della storia. In questa miniserie un personaggio meno che minore dell’universo Marvel prende una piega soprannaturale e diventa (o lo era sempre?) cattivello. La storia verterebbe sulla creazione di un finto dio a partire dalle spoglie di stupratori, assassini, ecc. ma in realtà è una scusa per una passerella di bizzarre figure à la Warren Ellis, che mantiene il suo humour ma si concede un po’ troppo bla bla bla, forse anche per far risplendere Leonardo Manco con le sue spash pages. La serie si vorrebbe dark ed “estrema” (ma guai a mostrare una tetta o uomini “nudi” senza mutande!) però indulge troppo in sequenze quasi supereroistiche – che Druid/Anthony Ludgate ammazzi coreograficamente i suoi nemici facendoli bruciare, seccare, trapassare da legni, ecc. è alla fine come se lo facesse con raggi laser et similia. Se non altro, Druid ha un finale simpatico.

In sostanza, si tratta di due lavori assolutamente prescindibili dello scrittore scozzese. Certo, il lavoro di Manco (soprattutto su Druid) non è male, e qualche battutina divertente spunta qua e là, ma credo siano consigliabili solo a quei lettori che vogliono trovare le radici di alcune idee di Ellis poi sviluppate meglio altrove (curioso notare come una maga si chiami Jakita Wegener, presaga della futura Jakita Wagner del meraviglioso Planetary) oppure che vogliono tuffarsi nella barbarie che furono gli anni ’90 fumettistici statunitensi. Ho come il timore che esistano veramente lettori del genere.

domenica 12 dicembre 2021

Free Comic Book Day 2021

Ne parlo solo adesso avendo preferito dare la precedenza alle recensioni che hanno caratterizzato la scorsa settimana.

Generosissimo il FCBD 2021, non ricordo tanta ricchezza nelle edizioni precedenti. Ma d’altra parte non sempre la mia fumetteria di riferimento ha aderito all’iniziativa.

Ovviamente ci sono proposte più e meno interessanti, ma a caval donato non si guarda in bocca; prenderò alcuni dei fumetti che mi hanno colpito? Non lo escludo.

venerdì 10 dicembre 2021

Quelli che a Livorno

Non fosse stato per un articolo su Fumo di China chissà se avrei mai saputo dell’uscita di questo fumetto disegnato dal grande Luca Salvagno. Edito da Kellermann, finora non è stato nemmeno proposto su Anteprima.

Visto l’argomento (i risultati del Convegno del XVII Congresso Nazionale Socialista con la nascita del Partito Comunista d’Italia) uno si sarebbe potuto aspettare qualcosa di estremamente barboso e poco fumettistico, invece Silvano Mezzavilla, che conoscevo solo come curatore di alcuni cataloghi, è riuscito a rendere avvincente un argomento per nulla avventuroso – anche se i colpi di scena non mancano.

Come protagonista viene scelto Luigi Repossi, popolarmente conosciuto come El Gin de Porta Cicca, che insieme ad altri “rivoluzionari” avvalora la necessità di andare oltre quanto fatto fino ad allora dal Partito Socialista e aderire alle 21 condizioni imposte da Lenin nella III Internazionale per fondare quindi un Partito Comunista Italiano. Quella che emerge da queste pagine è un’Italia incredibilmente speranzosa e protesa verso il futuro nonostante il clima politico (la storia è ambientata nel 1921), in cui alcuni progressi sociali erano già stati fatti – a tal riguardo è interessantissima l’introduzione di Michele Serra, quasi parte costitutiva dell’opera per capire come si fosse arrivati a quel punto.

Le riunioni al Teatro Goldoni sono qualcosa di accalorato e quasi violento (in un caso si arriva a un passo dal delitto), sembrano quelle trasmissioni-rissa che si vedono (o si vedevano?) in televisione, ma d’altra parte l’argomento è molto caldo e i sostenitori di una fazione e dell’altra sono mossi da posizioni nettissime. Il nocciolo della questione è: vale davvero la pena costituire un nuovo partito di matrice rivoluzionaria che tolga linfa al Partito Socialista, dividendo così le masse? I vari oratori sfilano dicendo la loro e nonostante i dialoghi siano quasi sicuramente trascrizioni degli interventi reali non si sente affatto l’ingessatura del comizio. Magia del fumetto. Anche quando Salvagno opta per delle tavole che ospitano il ritratto intero (o poco più) del singolo oratore, non ci si annoia ma anzi è piacevole perdersi nei mille rivoli di quelle idee e delle loro molteplici interpretazioni.

Arrivati alla fine, che ovviamente dovrebbe essere ben nota ai lettori, resta la voglia di leggerne ancora ma su un totale di 96 pagine il fumetto ne conta solo 58. In realtà anche le biografie illustrate poste in calce costituiscono parte della narrazione, con un ultimo lapidario intervento scritto che effettivamente chiude la storia e la chiama in causa la Storia.

I disegni di Salvagno sono ottimi, né mi aspettavo di meno. Credo che la tecnica impiegata sia quella della matita acquerellata. Il necessario ricorso a documentazione fotografica per ricostruire le fisionomie dei protagonisti e gli scorci di Torino e Livorno non imbrigliano il disegnatore che segue il suo estro disegnando i personaggi anche con braccia lunghissime o da prospettive esasperate, ricordando in alcuni frangenti il Mastantuono umoristico. Ma è soltanto una delle similitudini che si possono cogliere nel suo stile variegato ma sempre coerente e riconoscibile: la rissa di pagina 49 diventa forse una citazione di Cacio Galilla, originale personaggio di Salvagno, e qua e là sbocciano riferimenti al Corriere dei Piccoli e al Futurismo. Ma sono solo le prime suggestioni che ho colto delle molte che sicuramente Salvagno ha riversato nelle sue tavole, che per essere godute appieno avrebbero meritato un formato più generoso del canonico 17x24. Anche la qualità della carta non aiuta ad apprezzarle come meriterebbero, tanto più che essendo realizzate a matita il tratto risulta di per sé meno inciso che se fosse stato inchiostrato. In definitiva 20 euro potrebbero non sembrare pochi per un volume con queste caratteristiche, ma in Italia è già un miracolo che qualcuno lo abbia pubblicato!

In appendice, oltre a una ricca bibliografia, vengono mostrati sketch, prove e studi preparatori delle tavole, con una dichiarazione programmatica dello stesso disegnatore.

giovedì 9 dicembre 2021

Il Morto 50: Rigoletta

I calappi della continuity non si sono fatti sentire troppo in questo numero visto che sin dalle prime pagine mi sono ricordato dove eravamo rimasti lo scorso numero. Anche se non ricordo se la cugina di Peg è Giorgia oppure Gianna. E vabbè.

Dopo essere stata gettata in una discarica imbottita di droghe, Gianna Letta viene rinvenuta da un barbone locale appassionato di lirica che la usa non solo per soddisfare le proprie voglie ma per farci qualche soldo facendola prostituire con gli altri barboni. O almeno questo è quello che vorrebbe fare, ma la ragazza (ribattezzata Rigoletta) riesce a liberarsi menando gran strage e decide di vendicarsi di “Baba”, il finto santone che gestiva la comunità dei Giardini di Marzo.

Sulle tracce del loschissimo figuro ci sono anche i carabinieri; Peg ovviamente non può esimersi dal mettersi di mezzo. Baba in realtà di chiama Matteo Marzotti, identità con cui risiede in un hotel di lusso dove verrà raggiunto, forse con eccessiva facilità (ma le pagine sono quelle e bisogna farci stare tutta la storia) sia dal Morto che da Rigoletta. Anche l’improvvisa rinascita di Gianna come Rigoletta dopo tutto quello che ha passato è piuttosto inverosimile ma ovviamente è funzionale alla storia.

Questo cinquantesimo (!) numero è appassionante e si fa apprezzare anche per l’ironia di alcuni dialoghi. Molto buono il lavoro di Vasco Gioachini ai disegni, che sopperisce a una occasionale (ma assai rara) rigidità dei personaggi con una grande espressività.

Guest star di questo numero Nino Frassica nel ruolo del maresciallo e la Sora Lella in quello della portiera della pensione La Rossa.

In appendice la storia breve Ghiacci risalente, deduco dalla firma, al 1996. Il soggetto lovecraftiano di Ruvo Giovacca non è originalissimo ma è comunque molto suggestivo; buoni i disegni di Riccardo Arena pur con qualche concessione alla semplificazione che mi sento di imputare al formato.

mercoledì 8 dicembre 2021

Highwayman

Irretito dai disegni che sembravano omaggiare Moebius ho acquistato questo volume. Non è stata proprio una scelta azzeccata.

La storia racconta di un immortale che percorre la Terra o quel che ne resta nel corso dei secoli. Si parte da metà XX secolo ma un episodio-flashback ci riporta al ’600 americano in cui vengono svelate le origini segrete del protagonista.

Il fumetto è strutturato in 7 capitoli dalla durata variabile (in media una ventina di tavole), che descrivono ognuno un’epoca e quindi uno scenario diversi: si parte con gli Stati Uniti del 1943 per poi toccare un futuro vicino in cui la carenza di acqua non preoccupa le spensierate ragazzine che vanno a un rave, toccando poi una Terra ormai devastata dalla siccità dove un corriere trasporta uno strano tipo di cibo, una cittadella retta da un’oligarchia di immortali e così via.

Il protagonista è uno spilungone taciturno (scopriremo poi che il suo nome è Lucas) che non può morire e possiede doti di preveggenza, ma che non tollera più il fardello che ciò comporta, e per non pensarci troppo è sempre in viaggio scroccando passaggi sui vari mezzi di trasporto che si susseguono con il passare dei secoli. Si porta dietro un sacco che spesso attira la curiosità di chi viaggia con lui e il cui contenuto verrà svelato nel già citato episodio-flashback.

Nel corso degli episodi apprendiamo che Lucas non è l’unico immortale dagli occhi strani e a mano a mano che la storia avanza questi esseri acquistano sempre maggiore importanza. Sta di fatto che alla fine otterremo tutte le spiegazioni del caso, sull’origine dei poteri di Lucas e sul suo scopo, ma questo finale (e molti altri elementi) sarebbero stati maggiormente adatti a un fumetto dal taglio più avventuroso e popolare piuttosto che a un (scusate il termine) graphic novel che probabilmente, come si sarà capito dal rapido riassunto degli episodi, vuole pontificare contro le politiche ecologiche scriteriate dell’umanità, la divisione ingiusta delle risorse e l’egoismo intrinseco nell’animo umano. Anche perché la struttura frammentaria, senza collegamenti tra i vari capitoli/sermoni, non sollecita la curiosità di scoprire dove andrà a parare la storia, cosa che invece sarebbe successa con i classici episodi di 10/12 tavole delle serie di Lanciostory; né ci si appassiona più di tanto alle vicende di un protagonista che viene percepito come simbolico piuttosto che “reale”. E il finale mi ha ricordo troppo quello di A.I.. Non c’entra niente ma me lo ha ricordato.

I disegni di moebiusiano non hanno in realtà quasi nulla, ma Koren Shadmi è stato bravo a introdurre qualche eco a beneficio del lettore ingenuo che avesse sfogliato il volume: lo stesso protagonista in alcuni primi piani somiglia a John Difool e non penso che sia un caso. Nei fatti Shadmi è caricaturale quasi oltre la mia soglia di sopportazione e a volte sembra quasi tirato via. Le sue donne, poi, sono tutte uguali oppure risultano mostruose quando fa lo sforzo di introdurre dei dettagli che le differenzino. Mi sfugge il senso del titolo: in inglese “highwayman” vuol dire bandito, non uno che usa l’highway (cioè l’autostrada) su cui a conti fatti Lucas viaggia pochissimo. Nicola Pesce Editore si è fatto un bell’autogol presentando nelle prime pagine un riassunto dei singoli capitoli, ma forse è dovuto al rispetto dell’edizione originale anche se comunque non ne capisco il senso, oltre a spoilerare il contenuto. Era per rivelare in che anno sono ambientati i singoli episodi? O per chiarire certi aspetti meno che secondari, come che il vecchio Zebulon del quinto capitolo non è il figlio biologico di Lucas che invece lo ha adottato?

La confezione è di classe, un cartonato formato quadrotto che però non ha la carta patinata. Noto che il volume è il quarto di una collana interamente dedicata a Shadmi, per cui evidentemente l’editore nutre una grande stima.

martedì 7 dicembre 2021

Blake e Mortimer 28: L'Ultimo Espadon

Dopo gli ultimi exploit non certo entusiasmanti della collana “apocrifa” dedicata ai personaggi di Edgar Pierre Jacobs stavo quasi pensando di abbandonarne l’acquisto. L’impellenza di dover uscire ogni anno con un volume mi sembrava avesse tolto fiato agli autori (tra cui, ai disegni, non si segnalano più fuoriclasse) e non costituiva nemmeno più un’occasione speciale. Questo episodio mi ha fatto desistere dal proposito

La storia si basa su fatti realmente accaduti che Van Hamme sintetizza in una breve introduzione. Ispirandosi ai contatti tra IRA e IV Reich lo sceneggiatore immagina che dei ribelli irlandesi in combutta con transfughi nazisti vogliano impossessarsi di un Espadon e usarlo per attaccare Buckingham Palace! Ma i cinque Espadon rimanenti sono ancora nella base segreta di Makran, dove Mortimer deve recarsi per riprogrammare il codice di accensione dei micidiali velivoli anfibi, senza il quale sono inutilizzabili. Scampato a un agguato e infine fatto prigioniero insieme al fido Nasir (che in questo episodio ha un ruolo di rilievo e più profondità del solito), Mortimer attende lo sviluppo degli eventi mentre Blake si industria per liberarlo e sventare l’attentato. Indovinate un po’ chi era che stato assoldato per rubare l’Espadon…

Non si tratta di un episodio del filone fantascientifico ma di quello spionistico, cionondimeno l’ho gradito molto: la storia è documentata, appassionante e molto articolata, con parecchia azione. Lo stile di scrittura di Van Hamme è quello saputello del suo primo episodio, solo un tantino più controllato, ma anche stavolta ci tiene a far vedere che si è riletto Il Segreto dell’Espadon riprendendo dei dettagli che manco Jacobs avrebbe ricordato e riempiendo ogni buco di continuity presente e futura (questo episodio è ambientato nel 1948). Cionondimeno, questo citazionismo non è così invasivo come ne Il Caso Francis Blake e soprattutto Van Hamme condisce la storia con una certa ironia anche metanarrativa, ad esempio citando la presunta omosessualità dei protagonisti e mettendo alla berlina i frequentatori (e il cuoco) del Centaur Club. L’unico colpo di scena è facilmente intuibile, mentre quelli che avevo subodorato come tali non lo sono: all’inizio Mortimer e Blake litigano veramente, non era una strategia per ingannare eventuali spioni; e la talpa nell’MI5 è proprio chi doveva essere, non Mrs. Morrisson – quella sì che sarebbe stata una sorpresa!

Gli ingredienti non sono niente di ricercato od originale (i nazisti comparivano già in un dittico di Van Hamme, La Maledizione dei Trenta Denari, e l’Espadon rispunta con una certa frequenza) ma il cuoco ha saputo cucinarli in maniera creativa e innovativa: non ricordo scene tanto drammatiche o addirittura sanguinolente nei precedenti volumi.

Nulla da eccepire sui disegni e i colori di Teun Berserik e Peter Van Dongen, se non il solito rimpianto in merito al fatto che ad autori anche affermati venga imposto di seguire solo quello che si ritiene essere lo stile più caratteristico di Edgar Pierre Jacobs, che in pratica ha disegnato ogni storia di Blake & Mortimer in modo diverso. Quasi a prendersi una piccola rivincita (ma piccola piccola) ecco che per rendere i pinnacoli del deserto a pagina 22 la coppia ha sfumato la pietra con la matita, cosa che a suo tempo era vietato al creatore della saga per ragioni meramente tecniche.

lunedì 6 dicembre 2021

Bob Lance

Dopo Doctor Salomon Francesco Tozzuolo Editore propone il secondo numero della collana Italian Masters che, con questi chiari di luna, non era affatto scontato che avremmo visto. E oltretutto lo fa con grande tempismo, a differenza di operatori che sono nel settore da anni: neanche il tempo di ordinarlo sull’ultima Anteprima che mi è già arrivato.

Bob Lance è una serie realizzata da Pier Carpi e Luciano Bernasconi per la casa editrice francese Lug, transitata anche in Italia per due sole uscite presso Naka nel 1970, quelle su cui si è basato l’editore per questa ristampa.

Il protagonista della serie è un discendente di Lancillotto, che scopre di appartenere a una società segreta che si rifà alla leggendaria tavola rotonda. Orfano e mantenuto agli studi da misteriosi figuri, proprio il giorno della laurea al Wellington College (in che facoltà non è dato sapere) viene messo alla prova a sua insaputa per saggiarne le qualità e superato il test viene accolto in questa società segreta che in pratica lo ha forgiato quasi dalla nascita. Più che massoni questi cavalieri sembrano dei cosplayer dediti vagamente a opere filantropiche – anche se un po’ paraculi, visto che per evitare di pagare una banale multa ricorrono alla magia.

Dopo questo doveroso incipit, il primo episodio La tavola rotonda si sviluppa con una storia piuttosto originale in cui il villaggio di Lang, sede del castello di Flang e rimasto ancora nel medioevo, viene funestato dai delitti di una ragazza tornata dalla morte dopo essere stata uccisa dai villici che la ritenevano una strega. Bob Lance e Ginevra indagano fino a svelare la soluzione del mistero, che non ha nulla di paranormale ma francamente è piuttosto inverosimile.

Il secondo episodio, L’uomo senza volto, inizia con un caso poliziesco brillantemente risolto da Bob Lance per poi affrontarne un altro apparentemente slegato dal primo, mentre dagli Stati Uniti un cavaliere locale viene in visita alla tavola rotonda inglese. Pier Carpi riesce a collegare tutti questi elementi in modo elegante e punta un po’ di più sull’umorismo.

Mi sembra di capire che lo sceneggiatore avesse delle idee solo sommarie dello sviluppo delle trame, e forse improvvisava a mano a mano che scriveva. Non che sia un male: le 60 pagine canoniche degli episodi si affastellano così di trovate a getto continuo, poco importa se questo portava a qualche incongruenza: nel primo episodio ad esempio quello che si rivelerà il vero colpevole viene introdotto con dei balloon di pensiero che non sono congruenti con il seguito della vicenda. Sempre nel primo episodio Bob Lance sa che il suo antagonista si chiama Arthur anche se in precedenza non viene mai menzionato, così come nel secondo episodio riporta le “parole” del cattivo di turno che in realtà erano i suoi pensieri di qualche pagina prima. Mi piace pensare che siano problemi sorti con la traduzione dal francese, ma dubito che sia così.

Luciano Bernasconi è stata una piacevole sorpresa, anche se ovviamente a causa dell’irreperibilità dei materiali di stampa originali la qualità della riproduzione è quella che è. Nei redazionali in appendice viene celebrato il suo dinamismo (ed è una cosa sacrosanta) però io ho apprezzato di più il realismo e il dettaglio con cui ha reso i vari personaggi e gli ambienti. Evidentemente Merlon/Merlino è ispirato a un attore che non ho identificato. Da molti particolari si percepisce poi l’atmosfera di un’Inghilterra che era ancora swinging. Inoltre le sue donne sono stupende.

Come da prassi, in appendice viene presentata una corposa sezione di redazionali che tra le altre cose ricostruiscono le vicissitudini della casa editrice Lug e dell’italiana Naka e forniscono dei ritratti approfonditi dei due autori.

La copertina, tratta dal primo volume edito in Italia a suo tempo, è opera di Giorgio Trevisan.

In definitiva un fumetto molto gradevole e presentato in una confezione che senza essere lussuosa (cosa che avrebbe portato a un prezzo di copertina ben superiore ai 14 euro che costa) si fa apprezzare per la cura profusa. Spero che l’uscita di questo secondo volume sia un segnale del buon esito della collana, e di vedere quindi presto altri “Italian Masters”.

domenica 5 dicembre 2021

Fiordilatte

Miguel Vila me l’aveva presentato come qualcosa di diverso da Padovaland, e in effetti è proprio così. Fiordilatte si concentra su Marco, un ventenne che ha una relazione con Stella, con cui ha qualche impasse di natura sessuale. Come scopriremo nel corso della lettura, Marco ha anche dei problemi di carattere economico e familiare e forse anche per questo è attirato da quella che Stella descrive come un «elfo con le tettone penzolanti», la ragazza un po’ più vecchia di loro per cui Stella fa da babysitter per raggranellare un po’ di quei soldi che consegna al povero Marco. Lei, Ludovica detta Lulu, lavora nel bar che dà il titolo al volume, che però è un doppio senso per nulla velato sulla sua caratteristica più evidente: due tette enormi che sprizzano latte in continuazione.

Grazie a dei flashback e all’incontro con altri personaggi veniamo a conoscenza di alcuni dettagli sul tormentato passato di Lulu, mentre la tresca procede con spasimanti di Stella che cercano la loro occasione e qualche dramma piccolo e grande che scuote le vite dei protagonisti, fino al bel finale ironico.

Le tavole di Vila sono curatissime e alternano moltitudini di vignettine a ritratti più grandi e molto dettagliati. Lo sguardo è sempre quello dell’entomologo e la narrazione procede spedita e dinamica. Purtroppo, forse anche per l’età che sta accentuando la presbiopia, il formato di Fiordilatte, cioè lo standard 17x24, non è stato il massimo per godersi un fumetto che avrebbe meritato delle dimensioni più ampie. E anche la carta non patinata non permette di cogliere certi dettagli nelle vignettine in cui i colori sono più lividi.

È inevitabile prendere come termine di paragone Padovaland (di cui, se ho ben capito, a pagina 68 viene citata una sequenza) ma in effetti Vila è riuscito a creare qualcosa di diverso e autonomo. Il timore che l’autore si fosse adagiato sugli allori c’era, invece Fiordilatte è un’opera differente ma allo stesso livello qualitativo, che per me era altissimo – e gli si perdona volentieri che non sappia come si mandano a capo le S, a maggior ragione visto che il lettering è fatto a mano.