Blacksad conclude la sua indagine e alla fine tutti i tasselli del mosaico (che era in bella vista sin dal primo episodio) vanno al loro posto con un meccanismo anche troppo perfetto. Nessuna pista falsa, nessun colpo di scena, nessun voltafaccia. Al massimo, un personaggio che si rivela meno innocente di quello che sembrava inizialmente e un “infiltrato” che deve aver procurato dei bei grattacapi a Guarnido per trovare la soluzione grafica migliore per fargli cambiare specie (e infatti non c’è riuscito del tutto).
Ma l’elemento investigativo o avventuroso non era quello che si era prefissato di seguire Díaz Canales, che evidentemente ha preferito privilegiare la psicologia e la personalità dei personaggi, descrivere un’epoca di grandi slanci che però nascondeva dei tarli (gli anni ’60) e confezionare qualche sequenza visivamente memorabile: vedi le sequenze sul ponte monumentale e le varie splash page.
Non posso dire di essere deluso, ma dopo aver riscontrato nella lettura dell’integrale una parabola qualitativa ascendente mi sarei aspettato qualcosa di più articolato, soprattutto in una storia divisa in due parti. E in ogni caso restano gli splendidi disegni di Guarnido.
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