mercoledì 30 novembre 2022

Io faccio fumetti per raccontare storie

Quella del titolo è la giustificazione con cui molti fumettisti spiegano perché hanno intrapreso la loro professione (o il loro hobby, a seconda dei casi). Poi si scopre che le loro opere parlano di fumettisti che non trovano l’ispirazione. Purtroppo questa formula è assai abusata e, oltre ad avere un retrogusto amaro di insuccesso (molti dicono che avrebbero raccontato storie col cinema o con altri mezzi, sottintendendo l’inferiorità del fumetto), non corrisponde alla verità. Senza scomodare Roland Barthes, una “storia” deve essere fiction narrativa. Molti fumetti contemporanei non sono fiction o non sono narrativi, o non sono contemporaneamente entrambe le cose. Non ricordo chi era il regista che diceva che il dramma del cinema è che bisogna raccontare una storia. Descrivere cosa si è mangiato a colazione non è una storia. E persino Juillard dovette infilare un morto nel suo introspettivo Le Cahier Bleu proprio per esigenze narrative, per creare una storia degna di questo nome.

Adesso va molto l’autobiografismo, il documentario, il reportage, il tranche de vie ma le storie propriamente dette sono difficili da trovare – tranne ovviamente nel fumetto prettamente seriale. È come se il fumetto avesse intrapreso una parabola inversa rispetto a quella della bicicletta, che una volta veniva usata principalmente come mezzo di trasporto, aveva cioè una sua funzione specifica, e adesso è diventata una cosa da godere di per sé. Così il fumetto non deve più divertire, raccontare, costruire un immaginario e non è più un mezzo sufficiente a se stesso, ma deve per forza fungere da testimonianza o da resoconto o da reportage o da memoir. Purtroppo ho constatato che anche in Francia e Belgio si è instaurata questa tendenza. Sfogliando i numeri di CaseMate che ho letto finora mi sembra di averne avuto drammatica conferma. E l’hanno avuta anche altri lettori, visto che quest’estate nella pagina della posta è nata una polemica sulla desolazione del panorama fumettistico francofono, con un’offerta che ha sacrificato la qualità alla quantità, con 6000 uscite annue (ma Dionnet nel numero 162 ne cita ben 8000) contro le 500 dei bei tempi andati in cui usciva ancora fumetto di qualità con delle vere storie e dei disegni curati – da notare che gli esempi portati di fumetto di qualità “di una volta” sono tutti italiani, nella fattispecie Manara.

CaseMate contempla anche rubriche, recensioni e interviste non legate necessariamente a volumi in uscita, ma il pezzo forte sono le interviste ad autori di cui presto uscirà un volume, accompagnate da quattro (o più raramente due o tre) tavole esemplificative del lavoro. Gli autori o i personaggi più affermati si meritano un dossier più lungo all’interno mentre la rivista dedica le prime e le ultime pagine ad argomenti che a volte non riguardano propriamente dei fumetti, come libri d’illustrazione e l’analisi di un quadro da parte di un fumettista. In particolare, le prime pagine possono spaziare molto tra omaggi ad autori deceduti, illustratori e curiosità varie.

Per dare un’idea visiva di come sono spartite le quote tra “storie” e biografie/reportage/graphic journalism evidenzierò in arancione le prime e in viola le seconde, sempre che Blogger non faccia le bizze. Chiaramente sono consapevole che molti racconti di fantasia partono da fatti realmente accaduti o  sono basati su personaggi storici più o meno famosi, ma a volte è intuitivo capire dove pende l’ago della bilancia tra i due.

Ecco il menu del numero 155 di marzo: dopo un tributo a Jean-Claude Mézières scomparso da poco, si comincia con Élyzée di Boudjellal e Durpaire, un albo di fantapolitica in cui si immagina che le presidenziali francesi (pare sia passato un secolo!) siano state vinte da Zemmour. Tavole costituite da fotografie elaborate digitalmente e dialoghi presi di peso da discorsi di vari politici: lo spunto di base sarà fantasioso, la forma ricorda dannatamente un reportage.

Ancora peggio con Erdogan, Le Nouveau Sultan di Anwar e Dündar, biopic del presidente-poeta (!) della Turchia. E si continua con Ils Sont Partout, reportage sul mondo dei complottisti anche se visto con sguardo umoristico – autori Igounet, Schwartzmann e Navarro.

Si tira il fiato apparentemente con la Montellier che ci presenta Sorcières, mes soeurs, ma si tratta di una raccolta di storie brevi d’antan rielaborate per il 2022 (i personaggi portano la mascherina anti-Covid). Yann e Hugault presentano poi il settimo volume di Angel Wings. Documentatissimo e con comparsate di personaggi realmente esistenti, ma di certo l’elemento drammatico/avventuroso ha il sopravvento su quello documentaristico: bene, quindi, finalmente l’avventura. Che palle, però, sempre aviatori nelle storie di Yann.

Anche Le Tendre rielabora temi preesistenti, nel suo caso la mitologia greca, ma lo fa nella sua personalissima maniera. Pygmalion et la Vierge d’ivoire disegnato da Peynet si prende qualche libertà sul mito e come al solito ci mette dell’umorismo. Non che ami molto Le Tendre, ma parrebbe una boccata d’aria considerato il resto. Ben più accattivante è Ce que nous sommes di Zep (sì, quello di Titeuf) che mette in scena una società futura in cui tutti sono connessi a livello mentale, ma un ragazzo ha un incidente e si ritrova “vergine” cerebralmente. Interessante.

Il dossier centrale è dedicato alla nuova uscita di Bilal, il terzo volume di Bug e in teoria si dovrebbe stappare lo champagne. In teoria. Lo stesso autore lamenta il disastroso crollo delle vendite dei suoi ultimi volumi, che dalle 200/250.000 copie precedenti si sono piazzati sulle 60/80.000, a causa del suo approccio moderno al mezzo che a quanto ho capito è un’occasione per lui di fare dei commenti politici e di parlare dell’attualità con lo schermo della fantascienza. Non molte storie neanche qui, insomma.

E men che meno in Silence Radio, 36 mois pour me relever d’un AVC di Perret, Bétacourt e Cadène, che è la versione a fumetti della testimonianza della riabilitazione di un conduttore radiofonico colpito da ictus. Con L’Enfer pour aube finalmente si intravede il desiderio di costruire dei personaggi e delle ambientazioni originali: Pelaez scrive di un serial killer nella Parigi del 1903, con fatti che rimontano alla Comune di 30 anni prima. Non che Tiburce Oger, il disegnatore, mi faccia impazzire, ma almeno qui c’è una storia e i disegni non sono certo fatti al risparmio.

E per finire in bellezza il nuovo episodio di Jérôme K. Jérôme Bloche, pubblicato quest’estate da Skorpio. L’ambizione di creare una storia viene giustificata dal fatto che si tratta di una serie classica.

Numero 156 di aprile: L’Ours de Ceausescu di Henry e Ducoudray. Documentario, documentario, fortissimamente documentario. Sui disegni stendo un velo pietoso.

Pigalle, 1950 di Christin e Arroyo, un noir ambientato in un periodo che il creatore di Valerian ama molto, ma (a giudicare dalle tavole presentate) con un’impostazione poco franco-belga (anche solo 3 vignette per tavola!) e un disegnatore forse non adattissimo al realistico. E Arroyo disegna pure il nuovo Buck Danny… boh.

Fritz Lang le Maudit di Delalande si spiega subito sin dal titolo: è il biopic del regista, misto  a qualche scena dei suoi film. Molto ricchi e curati i disegni. Almeno quello.

Damien, l’empreinte du vent di Vincent e Gérard Janichon è il reportage di un episodio piuttosto famoso in Francia, quando nel 1969 i due protagonisti fecero una traversata del mondo da nord a sud. Reportage, quindi, e oltretutto disegnato in maniera che ho trovato poco adatta al soggetto.

L’Or des Belges è (vivaddio!) finalmente avventuroso: durante la Seconda Guerra Mondiale un gruppo eterogeneo va alla ricerca di 200 tonnellate di oro che avrebbe dovuto andare in Belgio e invece pare sia a Dakar. Basato su fatti storici, mette comunque in scena il classico dell’avventura: la ricerca di un tesoro. I testi sono opera di Guillaume e Boisserie, peccato che il disegnatore Stéphane Brangier abbia adottato uno stile a volte quasi cartoonesco.

Dossier centrale dedicato a Maroni, Les Gens de fleuve, un volume collettivo (come se ne pubblicano regolarmente in Francia) dedicato alle testimonianze dei fumettisti che parteciparono a un progetto artistico in Amazzonia tra Guyana e Brasile.

Primo volume di Cosaques di Burgeas con disegni di Toulhaut e Guillo. Avventura, finalmente, anche se non mi ha stuzzicato molto.

Partitions Irlandoises primo di tre volumi (di Bailly e Kris), storia d’amore che si sviluppa nel tempo con le vicende dell’Irlanda del Nord. Disegni poco convincenti.

Celle qui parle di Alicia Jaraba, biopic della Malinche che aiutò Cortés.

Numero 157di maggio: viene presentato un fotoromanzo (!) a cui ha collaborato il fumettista Fabcaro. A quanto pare il genere ha goduto di un certo ritorno d’interesse in Francia come testimonia anche un altro (Gaston en Normandie) che viene usato come documentario.

Plastic Tac Tic Tac di Terreur Graphique e Capucine Dupuy, vignette-inchiesta sul riciclo della plastica.

Le Storyboard de Wim Wenders, resoconto dell’esperienza di storyboarder dell’autore Stéphane Lemardalé.

Klaus Barbie, La Route du Rat di Bauer e Brrémaud, testimonianza dei processi a Klaus Barbie, figura che da quanto ho capito è stato per Lione un po’ quello che Kriepke fu per le Fosse Ardeatine (Barbie torna anche in altri fumetti recensiti o segnalati su CaseMate). Disegni inevitabilmente accademici visto che alcuni sono tratti proprio dalle versioni che fece all’epoca il disegnatore nelle aule di tribunale durante il processo.

Secondo e conclusivo volume di Aquarica, finalmente un po’ di avventura e fantascienza. La serie era stata cominciata da Benoit Sokal ma le ultime tavole sono state realizzate dal suo amico François Schuiten dopo la sua morte.

Le Petit Frère, volume autobiografico di Tripp (quello che ha lavorato su Emporio con Loisel) che verte attorno alla morte del fratello investito da un’auto. Da quel che leggo Tripp si era già dato all’autobiografismo raccontando i suoi exploit erotici giovanili.

T’Zée di Appollo e Brüno, versione panafricana della Fedra di Racine. Accidenti, questo sembra proprio interessante, ma davvero in Francia (no, dico, in Francia) accettano dei disegni del genere?

Dossier centrale dedicato alla saga familiare dei Winczlav. Nella lunga intervista Van Hamme ammette di dubitare che col panorama odierno i suoi fumetti avrebbero avuto lo stesso successo se fossero usciti oggi nel formato classico franco-belga. En passant, Berthet sarà veramente così bravo? Boh.

Djemnah, Les Ombres corses di Réglat-Vizzanova e Donadille sembra una bella storia di scoperta, sebbene non avventurosa, con delle piacevoli tavole acquerellate.

Tant que nous sommes vivants di Frédéric Bihel è tratto da un romanzo di Anne-Laure Bondoux ed è una specie di fantasy sociale.

Sermilik, Là ou naissent les glaces di Simon Hureau è un resoconto della vita in Groenlandia. Trovo i disegni un po’ cartooneschi assolutamente fuori luogo per la storia.

Numero 158 di giugno: volume di Lapinot che parodizza Asterix in modo splatter (Trondheim, ovviamente). Questo sembra proprio interessante! All’epoca dell’intervista/presentazione le Edizioni Albert René non si erano ancora pronunciate sulla possibilità di una causa legale.

Carnets de Campagne, volume collettivo in cui sei autori umoristici hanno seguito altrettanti candidati alle Presidenziali francesi.

Secondo volume di L’Aventure géopolitique, realizzato da uno youtuber di successo (Mister Geopolitix) insieme a Ludovic Danjou e Adrien Martin. Il pezzo è intitolato «Tintin chez les narcos» ma c’è ben poco di avventuroso in questo fumetto che è più un reportage.

Feuilles Volantes di Alexandre Clérisse è un fumetto metanarrativo su un fumettista che disegna la vita di un altro che disegna la vita di un terzo che a sua volta disegna la vita del primo. Ovviamente uno è la proiezione dell’autore stesso. Un po’ di autobiografismo c’è’, insomma, anzi più di un po’.

Sprague di Rodolphe e Olivier Roman è un bel fumetto avventuroso/fantascientifico che però mi sembra piuttosto derivativo, poco originale. Magari sbaglio.

Automne, en baie de Somme di Pelaez e Chabert è finalmente un giallo, ambientato durante la Belle Epoque.

Les Mémoires du dragon Dragon è il primo episodio di una serie di Juncker e Spruyt. Storico/umoristico con un segno un po’ alla Blain. Nulla che susciti il mio interesse ma qui sicuramente una storia c’è.

Dossier centrale dedicato al prequel di La Quête de l’oiseau du temps, da cui si evince che lavorare con Loisel deve essere un bell’inferno.

Primo volume di Les Couers de Ferraille di Munuera e i BeKa: steampunk dai risvolti sociali con dei robot all’alba del XX secolo che aiutano le famiglie degli Stati Uniti del Sud.

Primo volume di Céleste di Chloé Cruchaudet, biopic della domestica di Marcel Proust. Disegni (in cui il computer imita gli acquerelli) per nulla convincenti.

L’Ange du Prolétariat di Ruiz e Nikolavitch è il biopic di Gagarin. Disegni scarni e glaciali.

Numero 159 di luglio/agosto: L’Affaire Markovic di Manu Cassier e Jean-Yves Le Naour, ricostruzione di uno scandalo sessuale che coinvolse il politico francese del titolo e persino Alain Delon. Disegni un po’ umoristici, comunque bruttini.

Le Serpent à deux tétes di Gani Jakupi, ricostruzione della vita dell’evaso William Buckley (realmente esistito) che visse per 32 anni in una tribù di aborigeni.

Primo episodio (di tre) di Slava di Pierre-Henry Gomont, storia di fantasia ma con le radici ben piantate nella realtà e nella dissoluzione dell’Unione Sovietica. Disegni tipici di chi passa dalle vignette umoristiche sui giornali al fumetto vero e proprio. Non mi convincono, ma se ai francesi va bene così… (vedi Cabu, Bretécher, Reiser, Lauzier e compagnia)

L’Impudence des Chiens di Dumontheuil e Ducoudray, una storia che ruota attorno al rito del Congrés con cui un marito che potesse copulare in pubblico veniva interdetto dalla possibilità di ripudiare un’amante. Disegni fin troppo ricchi e dettagliati per il tono umoristico – e per questo lodevoli.

L’Écluse di Pelaez e Aris (apparso da poco su Lanciostory). Sembrerebbe (finalmente!) una bella storia gialla, con delle morti misteriose in un paesino della Francia. Ma i disegni caricaturali sono tremendi, assolutamente inadatti a un noir.

Le Serpent et le Coyote di Matz e Xavier: finalmente una bella storia avventurosa, un road movie (beh, road BéDé) su un testimone (nel senso di quelli del progetto di protezione testimoni) che vaga per gli Stati Uniti negli anni ’70. Solo che gli autori si sono dovuti piegare alle esigenze onnivore di oggi e ne hanno fatto un volumone di 140 pagine, quello che invece Van Hamme preferì evitare di fare per la saga dei Winczlav, che esce nei canonici tre volumi.

Dossier dedicato all’evento del fumetto franco-belga del 2022: la morte (!) di Spirou, a opera di Schwartz, Guerrive e Abitan.

Journal inquiet d’Istanbul, prima parte (di tre) di un memoir dell’autore Ersin Karabulut.

La vie me fait peur, riduzione a fumetti (di Didier Tronchet) del romanzo premio Goncourt omonimo di Jean-Paul Dubois. Pare che un po’ d’azione ci sia…

Merry Men di Chanouga narra parte della vita di Robert Stevenson, destinato a diventare guardiano di fari ma poi scrittore contro la volontà paterna. Biopic, sì, e molto scritto, ma che belle tavole.

Numero 160 di agosto/settembre: La Synagogue, memorie giovanili di Joann Sfar.

Vergès – Une nuit avec le diable di Guillaume Martinez e Jean-Charles Chapuzet, ricostruzione della vita di un personaggio piuttosto discusso in Francia, l’avvocato Jacques Vergès che difese personaggi molto scomodi come il succitato Klaus Barbie e fu sospettato tra le altre cose di essere antisemita.

La Ferme de Montaquoy, Qui court la campagne trouve le chemin del redivivo (vent’anni che non faceva fumetti, e a giudicare da quello che ho letto su Pilot non se ne sentiva la mancanza) Regis Franc. Si tratta della ricostruzione della vita dei personaggi e del villaggio che ruotano attorno all’azienda agricola ereditata dalla moglie dell’autore. Più vignette che fumetto, mi pare, comunque molto meglio dei succitati fumetti visti su Pilot.

Burne Out e Dernier week-end de janvier di Bastien Vivès, rispettivamente una BD-cul e una storia esistenzialista con protagonista un fumettista di mezza età. Questo secondo fumetto è stato annunciato in italiano per Bao.

A Short Story, La Véritable Histoire du Dahlia noir di Run e Florent Maudoux, ricostruzione (documentatissima, a quanto leggo) del caso di cronaca statunitense che ha ispirato film e romanzi. C’è tanto computer nei disegni di Maudoux, però sono molto suggestivi.

Là où naissent les histoires, ultimo episodio di Valérian et Laureline, dal taglio piuttosto metanarrativo o meglio metaforico. Ultimo episodio lo sarà davvero perché Christin è prossimo alla cecità e con Mézières si era opposto a seguiti apocrifi come quello recentissimo di Gaston (poi bloccato, pare) che ha infiammato gli animi in Francia e Belgio. I disegni di questo volume, però, sono già opera di Virginie Augustine visto il decesso di Mézières. Christin non è contrario a versioni “vu par” dei suoi eroi, che infatti ci sono già state.

Le Premier Dumas #1/3, Le Dragon noir di Salva Rubio e Rubén del Rincòn, biopic del padre (meticcio) dell’Alexandre Dumas romanziere. Grande ricostruzione storica (accompagnata però da un disegno un po’ caricaturale) ma anche tanta avventura, parrebbe.

Il dossier centrale è dedicato all’ultimo volume di Corto Maltese e leggendolo mi ero pentito di averlo ordinato. Per fortuna non si è rivelato male.

Quentin par Tarantino di Amazing Améziane, che com’è intuibile è un omaggio alla vita e all’opera del regista.

Aya de Yopougon 7 di Oubrerie e Abouet, nuovo capitolo dopo anni d’attesa di una saga che in Francia ha avuto un grande successo.

Tuskegee Ghost di Dauger e von Eckartsberg, primo volume di una serie che parla dei piloti di colore dell’esercito statunitense messi da parte dopo la Seconda Guerra Mondiale, e più in generale del razzismo negli Stati Uniti. I disegni di Dauger sono glaciali.

Numero 161 di ottobre: Kiss the Sky #1/2, Jimi Hendrix 1942-1970, prima parte di un biopic sul cantante realizzato da Mezzo e Jean-Michel Dupont.

Quartier Réservè di Jean-Marc Pontier, inchiesta sulla vita in un quartiere a luci rosse di Marsiglia. I disegni sono qualcosa di immondo, roba da rimpiangere Scozzari e Panebarco.

Une farouche libertè, Gisèle Halimi, la cause des femmes di Sandrine Revel, Annick Cojean e Sophie Couturier, biopic di un’avvocatessa piuttosto celebre in Francia.

Toutankhamon, l’odyssée d’Howard Carter di Marcel e Mallet, come intuibile volume dedicato alla scoperta della mummia e alle successive analisi, ma con inserti storici. Disegni molto (anzi interamente) digitali ma molto spettacolari.

Sabbath Grand Derby, sesto e ultimo volume della saga Zombillénium di Arthur de Pins. Finalmente un soggetto originale dopo quattro non-storie.

L’Arche de Rantanplan, il decimo volume di Lucky Luke “d’apres Morris” a opera di Achdé e Jul. Secondo me Achdé disegna molto meglio di Morris.

Le Bébé des Buttes-Chaumont, decimo e ultimo volume di Adèle Blanc-Sec. «Ultimo» nel senso di conclusivo, anche perché Tardi si esprime in maniera molto veemente contro la ripresa di un personaggio da parte di altri autori. I testi sono deliranti, i disegni sempre peggio.

Il dossier è dedicato all’ultimo episodio di Mattéo che dovrebbe uscire anche in Italia tra un po’. Dall’intervista a Gibrat sembra che il tono sarà piuttosto diverso rispetto ai precedenti…

Celle qui fit le bonheur des insects è una favola orientaleggiante scritta da Zidrou e disegnata e colorata molto bene da Paul Salomone. In realtà nel numero successivo un lettore spiegherà che qualcosa del genere (lo sterminio di tutti gli uccelli di una nazione) avvenne in Cina.

Hoka Hey 1 di Neyef, western dalla parte degli indiani con dei disegni forse un po’ troppo caricaturali.

La Chambre des merveilles è la riduzione a fumetti del romanzo omonimo (scritto da Julien Sandrel) a opera di Pelaez e Delpeche. Non si tratta certo di una storia d’azione, ma il soggetto è sicuramente originale.

In questo numero le “storie” sotto i riflettori sono decisamente più numerose dei reportage/biografie, ma col numero successivo si inverte la rotta.

Numero 162 di novembre: Tsar par accident, Mythes et mensonges de Vladimir Poutine di Brian “Box” Brown e Andrew S. Weiss, come intuibile un’indagine sul presidente della Russia. Disegni inqualificabili. Come appendice all’intervista a Weiss c’è un’ulteriore breve intervista a Darryl Cunnigham sul suo Poutine, l’ascension d’un dictateur, altro biopic che almeno da quel poco che si vede è disegnato meglio. Ma ci voleva veramente pochissimo.

Refuge(s) di Laurent Lefeuvre, inchiesta sui migranti. Dalle immagini d’accompagnamento non sembra un fumetto vero e proprio, ma la sostanza non cambia.

Saison brune 2.0, (Nos empreintes digitales) di Philippe Squarzoni è un’indagine sul mondo solo apparentemente virtuale dei social, di internet e dei “GAFAM” (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) che in realtà ha delle ripercussioni piuttosto pesanti sull’ambiente. Mi sembra che le poche parti narrative servano solo a scopo esemplificativo delle tesi dell’autore.

Attachements di Alice Bienassis è la cronaca della sua esperienza (e non solo della sua) con il bondage, mentre Emmanuel Lapage rievoca in Cache-cache bâton la sua infanzia trascorsa in una sorta di comune vicino a Rennes. Come nel caso della maggior parte degli altri volumi presentati, anche questo è monumentale (300 pagine!) ma almeno è disegnato bene.

Apparentemente una “storia” fa capolino con il primo volume del dittico 1629 ou l’Effroyante Histoire des naufrages du Jakarta di Dorison e Montaigne, ma si tratta della ricostruzione di un fatto storico (documentatissima, vedi il dettaglio sulle esigenze fisiologiche in alto mare).

Storie propriamente dette si trovano finalmente in Indians !, l’Ombre noire de l’homme blanc, un volume collettivo dedicato ai rapporti tra bianchi e nativi americani nel corso di cinque secoli. Al timone c’è Tiburce Oger, tra i disegnatori spiccano nomi eccellenti come Blanc-Dumont, Derib, Christian Rossi, Corentin Rouge, Lauffray e Meynet ma ho notato che anche disegnatori a me sconosciuti come Emmanuel Bazil e Paul Gastine hanno fatto un lavoro ottimo.

Dossier dedicato all’arzillo settantasettenne François Bourgeon e al nono e ultimo volume di Les Passengers du vent, in cui pare che l’autore stesso farà una comparsata.

Si torna al reportage con Pays noir di Sergio Salma sulla tragedia mineraria di Marcinelle. L’autore aveva già dedicato un altro fumetto all’evento, ma dice che questo sarà meno romanzato e più documentaristico. Andiamo bene.

Saint-Just è un volume della collana Ils ont fait l’Histoire per cui Noël Simsolo si è avvalso della collaborazione dello storico Jean Tulard. Difficile dire se il taglio sarà più biografico o avventuroso. Belli i disegni di Michael Malatini.

Per finire, Catherine Meurisse presenta Humaine, trop humaine cioè una raccolta delle sue storielle umoristiche in due pagine che pubblica su una rivista di filosofia.

Oltre a un volume di BéDé classica, a una raccolta umoristica e a due volumi storici/avventurosi l’unica fiction è quindi una raccolta di storie brevi.

Spero che sia chiaro il senso di questo pezzo, ovvero mettere in guardia dai pericoli del cicloturismo.

6 commenti:

  1. Io non la vederei così tragica, almeno guardando all'Italia e allargando l'orizzonte alla cosiddetta "micro editoria / indipendente / autoproduzione / underground / ecc.". Sarà che cerco di evitare giornalismo grafico, (auto)biografie e altri compagni di merende, ma trovo sempre molte storie.

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    1. In effetti sul tuo blog passano delle chicche che sembrano interessanti, ma proprio nel settore indipendente ho trovato più cose autoreferenziali. Il punto è che ormai hanno preso abbondantemente piede anche altrove, anche Manara a Lucca diceva che sentiva la mancanza di fumetti più classici, avventurosi.

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  2. Mah, reportage e biografie se fatti bene possono anche essere interessanti, basta non cadere nell'abisso della "storia a fumetti".
    Forse per parlare di Storia è meglio inventare una storia in cui infilare la Storia (viene subito in mente Dago, ovvio).
    Poi sono mode del momento, e in più tieni conto che mica è facile inventarsi una storia... che poi i blogger la criticano perché è poco originale. Lavorando sui ricordi o sul reportage/biografia si lavora meno e si va più lisci.
    "L'autore è più sereno / e poi s'impressiona meno" (semi-cit.) :D

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    1. Lo Splatter-Asterix mi pacerebbe vederlo.

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    2. Eh, appunto, inventarsi una storia è più difficile che fare un resoconto o farsi trasportare dai ricordi. Anche se qualcosa di buono può venirne fuori comunque.
      L'Asterix splatter non sarà granché a livello grafico, ma ha sicuramente il suo bello shock value!

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